È tutta una questione
di bolle

Ma vengono prima le parole o le cose?

Siccome che qua, con tutto quello che abbiamo da fare, non c’è tempo che per le cose veramente importanti, ecco che ci siamo interrogati lungamente (noi: io, Andrea Silvestri; ed egli, Maurizio Vianello detto Il Mauri; più estemporaneamente Chang l’oste servente al ritrovo Ai Amici, qua alla Bragora, in Castello, Venezia). Sul seguente argomento, anche no: ma i gusti (o meglio: gli aromi) dei bagni di schiuma come fanno ad inventarli? E soprattutto: ma le combinazioni moderne, le inventano prima o le nominano dopo?

E sì: anche no. Che poi credete che siccome che viviamo in una città in dove che tutti vanno a piedi (tranne i turisti che credono di poter andare in bicicletta, anche senza sella) non ci stiamo a pensare alle cose serie. E invece no. Per esempio: una combinazione come kiwi-cetriolo l’hanno inventata prima di fare il bagno di schiuma oppure, dopo aver fatto un pastrocchio in sala mescola, si sono riuniti nei bagni (appunto) e hanno deciso di chiamarlo così perché a qualcuno gli ha fatto venire in a mente tale combinazione?

L’affare non è mica da poco. Secondo il Mauri è addirittura filosofico. Che non è cosa da poco: i nomi sono conseguenti alle cose, oppure anche no. Il che cambia come che dire: l’effetto che quello che diciamo e magari anche pensiamo ha sulla realtà. Che nel mio caso è praticamente nullo come quando che gli dico «sì» oppure «no» a mia moglie, che lei mi risponde, scusate il veneziano: «tasi ti che ti xè mona».

Non è una cosa da poco. Infatti, come dice Chang, «è incledibile» che alcune persone adulte e preparate si convincano di inventare un profumo al kiwi-cetriolo per un bagno di schiuma, poi lo ricerchino, lo testino ed infine contenti del risultato lo mettano sul mercato; ed è anche altrettanto «incledibile» ma forse un poco meno che nelle fabbriche dove si producono i bagni di schiuma si mescolino a caso i profumi che costano meno e poi uno dica: «no, questo sa di melanzana e caprimulgo, l’abbiamo fatto l’anno scorso; questo di soppressa e cabernet franc andrebbe anche bene; questo no so proprio di cosa sia ma mi sembra tanto bruscandolo e papaia».

Questa cosa dei nomi è tanto intrigante. I filosofi l’hanno praticata tantissimo uno contro l’altro per tutto il medioevo, tanto non ci avevano niente altro da fare. Ma si può applicarla tutto, oltre che ai bagni di schiuma. Per esempio ecco la politica. Ci sono stati partiti in Italia (per Italia qui si intende Venezia più tutto quello che sta al di là del ponte translagunare) che si chiamavano delle Libertà e si sono messi a proibire un po’ tutto, comprese le droghe leggere che al Mauri (a me meno) piacciono molto, e compresi i migranti come se fossero criminali; con il risultato che è andata in palla tutta la giustizia e che poi invece le leggi erano sbagliate e sono state cancellate (compresa quella elettorale che sembra che non c’entri niente con la libertà, ma invece sì).

E poi dopo da ultimo ma non da meno — e qui al Mauri gli sono venute le vene delle tempie grosse grosse e io ho dovuto ordinare subito da bere (due spritz — a testa — con tanto ghiaccio) per rinfrescargli un po’ l’umore — c’è adesso questa faccenda di un partito che si dice Democratico e in dove invece che decide tutto quanto uno solo («dopo essersi consultato di notte con il suo diretto avversario politico, che tra l’altro è anche condannato ai servizi sociali» dice il Mauri) e che pensa di cavarsela con una mancia di ottanta euro agli elettori — dico io — dopo però aver modificato il parlamento in un modo come che mi ha modificato mia moglie dopo il matrimonio (che cioè non servo più niente e meno di prima).

Cioè: li hanno chiamati così perché sapevano che uno avrebbe proibito un sacco di cose, e l’altro sarebbe diventato un partito opaco in cui si dice una cosa ma poi se ne fa un altra e anche di nascosto (dove per esempio cento franchi tiratori sparano al proprio candidato alla presidenza della repubblica e poi non si saprà mai chi erano né chi li ha mandati)? O sono diventati così per caso? E i nomi sono conseguenti oppure non significano neanche niente. Come che dice il Mauri: tipo il ministero dell’Amore di 1984 (di George Orwell, che lui ha letto quattro volte quando che era all’economato, e io una sola alle medie) e la propaganda «la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza» oppure «la menzogna diventa verità e passa alla storia». Mah. Boh. Beh.

Nel dubbio, io e il Mauri abbiamo guardato bene bene Chang e gli abbiamo detto: «Altri due spritz al bitter! A testa però.» Salute.

Bolle di sapone (ill. L©2014).

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