Adieu Bartabas
anima persa

L’ultima produzione del grande artista francese

Delude «Ex Anima», la nuova creazione del celebre cavallerizzo Clément Marty, in arte Bartabas, con il suo «Teatro Equestre Zingaro» di Aubervilliers alle porte di Parigi. Lo spettacolo è lento, brutto, noioso e infelicemente presuntuoso. Vorrebbe essere un omaggio al dio cavallo, come spiega l’autore. In realtà, senza artisti né cavalieri in scena, ma solo cavalli in pista, si rivela ripetitivo e poco indovinato. Si tratta probabilmente, come confida lo stesso Bartabas, dell’ultima creazione di questo artista straordinario che dopo trent’anni di invenzioni e di successi sembra ormai aver esaurito la vena creativa e smarrito la strada delle idee.

PARIGI (r.b.) – Ci ha sempre (quasi sempre) sorpreso, Clément Marty, in arte Bartabas, cavallerizzo d’eccezione e inventore di quel meraviglioso teatro equestre battezzato Zingarò nella sua cattedrale barocca tutta legno e velluti e lampadari di Boemia in quel di Aubervilliers, periferia inquieta e malsana di Parigi. Ci sorprende anche ora. In negativo però, stavolta.

Prima di tutto perché la sua ultima creazione, “Ex Anima” (“Un omaggio che a questo punto della mia vita e della mia carriera ho voluto fare ai miei straordinari e insuperabili compagni di viaggio, i cavalli –spiega- e che li celebra come i veri attori del nostro teatro”), non prevede in scena alcun cavaliere né alcun artista. In pista, per tutta la durata dello spettacolo, scendono soltanto i suoi magnifici quadrupedi.

Sono quaranta: Bombita, Belmonte, Manzanares, El Soro, Nimeno, Paquirri, El Gallo, Cintron, Arruza, Chicuelo, Dominguin, El Cordobes, Manolete, El Viti, Majestic, Noureev, Angelo, Tsigane, Van Gogh, Lucifer, Famine, Conquete, Misere, Guerre, Le Grincheux, Bamako, Calacas, Le Tintoret, Zurbaran, Credne, Dagda, Ogme, Nuada, Mac Oc, Lug, Soutine, Posada, Le Caravage, l’asino Bambin e la mula Kimono. E solo a loro, nel programma di sala, è riservato l’onore di avere il nome, la foto e la biografia. Gli altri artisti della troupe, gli “umani”, rimangono invisibili per tutto lo spettacolo, infagottati in un saio nero da monaci d’altri tempi, nascosti dietro le quinte.

Il risultato è deludente. Lo spettacolo è noioso, brutto, e presuntuoso. Noioso perché in scena non accade quasi nulla e si sbadiglia. Brutto perché di bello non c’è quasi niente da vedere. Presuntuoso perché mettere in scena solo i cavalli senza i cavalieri si rivela un‘operazione infelice, senza alcun senso. Senza contare che ti priva del piacere di vedere all’opera cavallerizzi di prim’ordine come lo stesso Bartabas e (almeno in alcune stagioni) gli altri artisti della sua troupe. Lui regala un brivido solo quando officia, sempre nascosto tra le quinte, un elegante dressage a redini lunghe. Per il resto è ripetitività spinta all’ossessione.

Cavalli che –sempre da soli- entrano ed escono dalla pista senza fare alcunché, al massimo passeggiano, si fermano, si guardano intorno, annusano, corrono, saltano, giocano, si rotolano nella terra, si rialzano e se la scrollano di dosso. Magnifico per un paio di quadri, insopportabile per un’ora e mezza, anche per via di una musica irritante al limite dell’inascoltabile. Fermo restando, s’intende, il mistero di un addestramento che porta i cavalli a compiere da soli certi debout senza il comando –almeno visibile- di un addestratore.

Quest’atto infelice e supponente di presunzione estrema da parte di Bartabas, ha tutto il sapore dell’ultima spiaggia. Il grande Marty, passata la boa dei sessant’anni, e dopo trent’anni di creazioni folgoranti, quasi tutte ispirate e di grande successo, sembra avere smarrito la strada della creatività, insieme alla voglia e alla freschezza. Stanco, senza più idee, si affida ai suoi adorati cavalli al punto da uscire di scena lasciandovi solo loro. Tutto ha il sapore dell’atto finale. E’ lui stesso, del resto, a confidarlo: “Quello che mi domando, dopo aver fatto uno spettacolo del genere, è cos’altro potrei ancora fare dopo. Vedo bene, pur senza volerlo veramente, che si tratta del completamento di un’opera, dell’ultima scena”.

Anche il finale dello spettacolo, con il purosangue che monta la giumenta, è la ripresa di una “trovata” vecchia di trent’anni, che risale nientemeno che ai tempi del Bartabas focoso del Cirque Aligre. Solo che a quel tempo era una provocazione che dava scandalo, e la giumenta era in carne ed ossa. Adesso la giumenta è un fantoccio di legno e di pezza, e mette solo tristezza.

Niente ovazioni, comme d’habitude, stavolta. Solo pochi applausi, e tiepidi, di cortesia. Il pubblico se ne va scuotendo la testa mentre gli artisti infagottati nel saio sono ancora in pista, dove si fanno vedere per la prima volta, e si stanno rotolando nella terra come fanno i cavalli.

LA PAGELLA

Bartabas, “Ex anima”. Voto: 5

www.bartabas.fr

Un momento dello spettacolo di Bartabas "Ex Anima" (fonte:…

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