Arriva Aquagranda
l’alluvione in musica
Nel cinquantenario del tragico evento
Va in scena al Teatro La Fenice di Venezia in prima rappresentazione assoluta, a cinquant’anni dall’alluvione del 1966, il dramma in musica «Aquagranda» tratto dal libro del giornalista e narratore veneziano Roberto Bianchin. La regia è di Damiano Michieletto, la musica di Filippo Perocco. L’opera, in scena dal 4 al 13 novembre, racconta il disastro visto con gli occhi di un giovanotto dell’isola di Pellestrina, figlio di una famiglia di pescatori, tuttora vivente. Sul palco sette cantanti, il coro, un gruppo di mimi, video e foto dell’epoca e tanta acqua alta. Vera.
VENEZIA – Cinquant’anni fa, il quattro novembre del 1966, una tragica alluvione colpì Venezia, Firenze e mezza Italia, dal nord al centro. Cento e quindici furono i morti, settantottomila gli sfollati, quattrocento miliardi di lire i danni. A Venezia l’acqua granda, come i veneziani di un tempo chiamavano le spaventose inondazioni del passato, toccò la quota record di un metro e novantaquattro centimetri sul livello del mare, mai raggiunta in passato e nemmeno nei cinquant’anni successivi. Quel giorno Venezia rischiò di scomparire per sempre, travolta dalle acque. Inghiottita dal suo mare come una nuova Atlantide.
A parte il pericolo, le vittime, i danni e la paura, fu una data spartiacque nella storia della città lagunare. Perché la decisione di rendere inabitabili i diciassettemila pianiterra della città in cui vivevano cinquantamila persone, presa dalle autorità subito dopo l’alluvione nel timore di nuove e più gravi sciagure, diede inizio all’esodo della popolazione dal centro storico della città. Una fuga che non si è mai arrestata, al ritmo di mille, duemila veneziani che ogni anno abbandonano il centro storico per trasferirsi in terraferma.
Non c’è un’annata, negli ultimi cinquant’anni, in cui il movimento demografico del centro storico non porti il segno meno. Nel 1966 Venezia aveva ancora 150mila abitanti (era arrivata ad averne addirittura 450mila nel ‘400), nel 2016 si sono ridotti a 54mila. Cinquantaquattro mila veneziani rimasti a combattere, come ultimi indiani di una riserva lagunare, una battaglia perduta contro un’invasione di trenta milioni di turisti, ormai insopportabile per un vivere civile.
Per ricordare quella tragica alluvione di cinquant’anni fa (ricordarla, non celebrarla, non c’è niente da celebrare), il Teatro La Fenice ha pensato a commissionare una nuova opera lirica. Anzi, un dramma in musica, dato che diversamente dall’opera tradizionale, in scena appariranno dei mimi, a impersonificare i veneziani che tentano di salvarsi dai colpi dall’alluvione mettendo in salvo quello che possono dalle case, e verranno proiettati dei video, spezzoni di immagini autentiche dell’epoca e ricordi, finora inediti, di alcuni testimoni oculari.
Il sovrintendente della Fenice Cristiano Chiarot ha affidato la nuova produzione del teatro veneziano alla penna acuminata di Roberto Bianchin, giornalista e narratore veneziano, testimone oculare dell’alluvione (quel giorno, studente diciassettenne -ha raccontato a Rai Storia- si trovava sui “Murazzi” del Lido di Venezia e venne anch’egli travolto dalle onde), nonché navigato uomo di spettacolo, che dirige attualmente lo storico teatro Gerolamo di Milano ed ha al suo attivo più di quattrocento spettacoli in Italia, Europa, Africa e Usa, con la Compagnia de Calza “I Antichi”, gruppo storico del Carnevale di Venezia, di cui è stato direttore artistico per sedici anni.
Il dramma in musica, che ha per titolo “Aquagranda”, in scena dal 4 al 13 novembre, prende le mosse dal libro “Acqua Granda, il romanzo dell’alluvione” pubblicato nel 1996 da Roberto Bianchin, con le foto di Gianfranco Tagliapietra, per i tipi dell’editore Filippi (prefazione di Gian Antonio Cibotto), ristampato nel 2006 dal Comune di Venezia con le illustrazioni di Fabio Visintin (prefazione di Massimo Cacciari), e nel 2016 insieme al libretto dell’opera dall’editore Marsilio (prefazione di Cristiano Chiarot, interventi di Luigi Brugnaro, Valerio Cappelli, Paolo Petazzi, Luigi Magistro).
Il libro è una cronaca fedele dell’alluvione a Venezia e nel Nord Est. “Una cronica esemplare, una rievocazione toccata dalla grazia”, la definì nella prefazione lo scrittore Gian Antonio Cibotto. L’alluvione viene vista da un angolo di visuale particolare, quello dell’isola di Pellestrina, una sottile striscia di terra che divide il mare dalla laguna. Fu il primo, e il più pericoloso, punto di crisi, perché fu proprio a Pellestrina che la furia di un mare forza otto, spinto da un vento di scirocco che soffiava a cento trenta chilometri l’ora, con onde alte anche venti metri, spezzò i secolari bastioni dei “Murazzi”, invase la laguna e iniziò la sua corsa verso il centro storico. Pellestrina fu completamente sommersa dalle acque, rimasero all’asciutto solo i tetti delle case, l’isola fu evacuata, i suoi settemila abitanti rischiarono di annegare.
L’alluvione viene raccontata attraverso gli occhi di un ragazzo di venticinque anni, figlio di una famiglia di pescatori di Pellestrina, Ernesto Ballarin (realmente esistito e tuttora vivente), di suo padre Fortunato, di sua moglie Lilli, e di altri abitanti dell’isola. Già dieci anni fa il libro approdò in teatro sotto forma di commedia in prosa, messa in scena dalla Compagnia “La Piccionaia” per la regia di Ketty Grunchi, che debuttò al Teatro Malibran di Venezia e poi toccò diversi teatri del Nord Est. Ebbe tre versioni: una in forma di monologo, con Roberto Citran e le musiche dal vivo di Rachele Colombo, che andò in scena al Bassano Opera Festival, una con gli attori della Piccionaia, la stessa Ketty Grunchi e la partecipazione di Bianchin nelle vesti di narratore, ed un’altra ancora con gli studenti delle scuole di Vicenza, che vinse il primo premio al concorso nazionale di teatro “Piccoli Palcoscenici”.
Anche il dramma in musica “Aquagranda” è ambientato sull’isola di Pellestrina, e anche i personaggi principali sono gli stessi del libro. La musica è firmata da Filippo Perocco, uno dei più quotati tra i giovani compositori di musica contemporanea, mentre la regia è affidata a Damiano Michieletto, veneziano anch’egli, che si è ormai definitivamente imposto come il numero uno in campo internazionale. Sul podio, un direttore altrettanto affermato nel campo della musica contemporanea, come Marco Angius. Il libretto, oltre che da Bianchin, è firmato anche, in qualità di versificatore, da Luigi Cerantola. Le scene sono di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, storici collaboratori di Michieletto, le luci sono di Alessandro Carletti, i suoni di Davide Tiso, i video di Carmen Zimmermann e Roland Horvath.
Di prim’ordine anche il cast dei cantanti: nel ruolo di Ernesto, il protagonista, si alterneranno Mirko Guadagnini e Paolo Antonetti, in quello di Fortunato, suo padre, Andrea Mastroni e Francesco Milanese, in quello di Lilli, moglie di Ernesto, Giulia Bolcato e Livia Rado. Leda, amica di Lilli, sarà Silvia Regazzo e Valeria Girardello. Nane, un altro pescatore, amico di Fortunato, sarà Vincenzo Nizzardo. Luciano, il farmacista del paese, sarà interpretato da William Corrò e Tommaso Barea, mentre il maresciallo Cester, comandante dei carabinieri dell’isola, che tenne un diario dei momenti dell’alluvione, verrà fatto rivivere da Marcello Nardis e Christian Collia. Una parte importante l’avrà il coro, “la voce della laguna”, diretto da Claudio Marino Moretti. I sopratitoli, in italiano e inglese, aiuteranno nella comprensione delle numerose espressioni dialettali.
In aggiunta alle rappresentazioni dell’opera alla Fenice, l’autore Roberto Bianchin interpreterà personalmente “Aquagranda” in un monologo teatrale che andrà in scena lunedì 7 novembre alle ore 19.30 in un’unica speciale rappresentazione al Circolo de “I Antichi” alla Salute.
LA PAGELLA
Aquagranda : voto 8