Barba ci cova 11

Vuolsi considerare ciò l’incipit di una « post-introdu-prefa-presenta-zione« con aggiunto un glossarietto di molti sememi e neo-sememi ricorrenti nei capitoli che costituiscono questo libro compilato pro barbùti & barbilogi

Ma fossi tu quel barbaro barbiere
che sbarbasti quella barba
cosi barbararamente a Piazza Barberini.
(Scioglilingua)

Poiché per le neuroscienze siamo irrazionali e in gran parte inconsapevoli di come e perché agiamo, la decisione di lasciarsi crescere la barba può essere considerata scaturigine di un microevento elettrochimico impersonale e incontrollabile. Ragion per cui al barbicultore può essere consentito dire: «Non è stata una mia decisione, è stato il mio cervello a decidere». Considerando tale microevento determinato da una attività neuronale preconscia nella corteccia motoria. Ciò può farci discettare, quindi, del determinismo biologico nel decidere di arredarsi il volto con barba folta coltivata, considerandola feticcio, locale escrescenza pilifera portata come amuleto sovraccarico di simbolismi, come un talismano: ipotizzando nell’individuo barbicultore la presenza di una predisposizione biologica a lasciarsi crescere la barba. Con l’auspicio di una prova neuroscientifica di tutto ciò in tempi brevi: cominciando con l’attaccare a una apparecchiatura di neuroimaging individualità d’ambo i sessi disponibili a commentare immagini proiettate di barbicultori e descrivere sia le sensazioni attivate da tali immagini sia i pensieri indotti.

Altro discettare può avere per titoli: «Della ricchezza e della poverta estetica di ogni barba coltivata» — «Della dimensione ideologica assumibile da alcune barbe coltivate» —  «Della passione per la barba colta trasformata in barbilatrìa o feticismo» — «Della barba non coltivata da Don Giovanni e Casanova amatori inemulabili» —  «Della barba esistenzialista esibita dai suoi portatori come emblema del disagio sociale post-bellico» — «Dell’uomo barbuto indicato ai bambini come esempio di Uomo Nero portatore di castigo per ogni tipo di marachella» (poiché un volto celato dal groviglio barbesco che si estende dall’alto degli zigomi al collo è meno rassicurante di un volto rasato con ogni lineamento inequivocabilmente connotato) —  «Del barbone senza fissa dimora che suscita repulsione più che pena» —  «Di chi delinque mascherandosi con barba e baffi per non essere riconosciuto dai testimoni della azione delittuosa e dagli inseguitori durante l’eventuale fuga».

Non c’è barba d’uomo che possa impedire una decisione già presa o mutare un accadimento in atto…

In barba a chicchessia e checchessia… alla disciplina.. alla bugia… a principii non condivisi… a ogni editto o trattato… alla faccia di qualcuno e a suo danno o dispetto…. di molti con poco ingegno e capacità… di mille scimuniti collitorti…
Pur di farla vedere in barba… per far la barba di stoppa o servire di barba e capelli («de barba e perucca» a Milano)… alla barba di chi perde… sia di prima barba o di barba molle…

Irrispettosi in ogni occasione della barba del diavolo (rada e sfilacciata) e della barba d’Oloferne (irsuta e orrida), rischiando di «stà in barba de gatt» intrattenendo rapporti con persone milanesi …

Disdegnando la mendicità di grandi barbe profetiche su facce di furbastri…

Considerando inopportuna la barba sagginata e incolta con capelli lunghi e sviati che danno l’aspetto di eremita o l’arredo pilifero facciale del cantastorie ambulante Enrico Molaschi (1823 — 1911) detto Barbapedanna, così descritto da Arrigo Boito: «Portava sul mento il pizzo tradizionale de’ nostri patrioti e lo portava così gloriosamente che più che una foggia di barba sembrava l’altiera coccarda del suo volto».

Disapprovando le guance piene di barba corta e ispida tagliata a punta di forbice, oppure simile a rada erbetta rinsecchita su terreno reso arido dalla siccità…

Irridendo ogni piccolo e sottile pizzo nero, barba reproba da liberale…

Per non avere o fare tanto di barba…

Perchè nessuno ci dica: Che barba!

Contrastando ogni manifestazione barbifoba con la declamazione di ciò che ha scritto Giuliano l’Apostata (imperatore romano 332-363 d. C.) nel suo Misopogon, parzialmente trascritto qui di seguito ( tradotto da C. Prato e D. Micalella per le Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri, Roma 1979).

E per prima cosa comincerò dal viso. Questo mio viso non è per natura, ritengo, né molto bello né ben fatto né florido; io poi, per il mio carattere perverso e intrattabile, ci ho aggiunta questa folta barba, per punirlo, si direbbe, non d’alcun’altra colpa che del non esser bello per natura; perciò vi lascio scorrazzare i pidocchi come fiere in una boscaglia. Di mangiar con avidità o di bere a garganella non c’è proprio da parlarne, ché anzi, suppongo, debbo fare attenzione a che, insieme al pane, inavvertitamente non ingoi anche i peli. Quanto al ricevere o al dare i baci, non me ne faccio un cruccio, anche se, probabilmente, la barba, come per il resto, ha pur questo di fastidioso, che non consente do applicare labbra nette a labbra lisce e, come tali, ritengo, più dolci. Questo l’ha già detto uno di quei tali che con l’aiuto di Pan e di Calliope composero carmi in onore di Dafne. Ma voi andate dicendo che da tali peli si dovrebbero piuttosto farne corde, ed io sono pronto a metterveli a disposizione, purché riusciate a tirarmeli e la loro ispidezza non faccia male alle vostre mani tenere e delicate. Nessuno creda che me la prenda per la canzonatura: in fondo sono io che ne offro il destro col portare un mento come i caproni, mentre potrei, mi sembra, renderlo liscio e senza peli, come quello dei bei ragazzi e delle donne in generale, cui per natura amabilità s’addice. Voi invece, anche da vecchi, facendo a gara con i vostri stessi figli e figlie, per la mollezza della vostra vita e forse per la delicatezza del vostro carattere, vi fate liscio accuratamente il mento, mostrando appena appena la vostra virilità e lasciandola intravedere dalla fronte, non, come noi, dalle mascelle. Non contento d’aver soltanto una folta barba al mento, ho aggiunto anche il sudiciume al capo¸ di rado poi mi taglio i capelli e mi netto le unghie, e il più delle volte mi ritrovo le dita nere d’inchiostro. Se volete conoscere anche qualche mio difetto occulto, sappiate che ho il petto villoso e irsuto, come il leone, il re degli animali, né mai, a causa della mia mostruosità e meschinità, volli depilarmelo, così come mi rifiutai di render liscia o morbida alcun altra parte del mio corpo. E certamente, se avessi qualche verruca come Cimone, ve lo direi; per ora non ce l’ho e scusate. Parlerò, dunque, di altro.

***

Sia considerato ciò «presenta – introdu – prefa – postfa – zione» a questo libro che ho scritto per coloro che lo leggeranno dalla prima all’ultima pagina determinati a saperne di più, per quanto riguarda la barba coltivata come «arredo pilifero facciale», elemento significante di un sistema di segni la cui deambigua(decodifica)zione può consentirci di scovare ciò che risulta covato.

Un libro che, nel ruolo di ghostwriter postumo del fantasmatico scrittore settecentesco, pariodato a cominciare dal primo capitolo, compiendo un esercizio di stile scrittòrio, suggerisco di notiziare scrivendo un testo del quale simulo qui di seguito l’incominciamento.

Leggendo quest’opera, ho capito che l’argomento della Barba è faccenda di gran conseguenza presso il generale de’ popoli, e maggiore di quanto ad alcuno sembrar potesse sì per le varie usanze, e privilegi della medesima, che per molti rilevantissimi accidenti e non meno curiosi a parecchi accaduti, il che ha procurato mostrare diligentemente il dotto suo autore passeggiando storicamente il mondo antico, e passando di Nazione in Nazione delle quali ha intrapreso di trattare. Insomma io invito ogni lettore a lodare l’industria del Rossi-Ròiss, che finalmente ci ha dato un trattato si può dire compiuto sopra un soggetto, che per lo innanzi non era mai stato sì variamente e distesamente maneggiato.

GLOSSARIETTO

(neo-lemmi ricorrenti nella scrittura di questo libro)

Archeobarbìlogi: studiosi di reperti provenienti da scavi archeologici, con raffigurazioni di volti barbuti dei popoli antichi.
Archeobarbilògia: scienza che studia la barba coltivata dalle popolazioni antiche, rafigurata in reperti provenienti da scavi archeologici.
Barbabiologìa: lo studio sistematico delle basi biologiche di tutte le motivazioni che determinano nell’uomo la decisione di lasciarsi crescere la barba e di modellarla variamente per dotarsi di una identità facciale più gradita.
Barbalgìa: condizione patologica caratterizzata da dolore in presenza di barba.
Barbapologètico: discorso pronunciato, oppure testo scritto, per confutare chi disapprova la barba coltivata e chi la porta.
Barbapologìa: disciplina che insegna come argomentare la difesa della barba coltivata e di chi la porta.
Barbapòlogo: racconto breve morale e filosofeggiante, scritto, con intenzioni pedagogiche, per illustrare la simbologia e la virtuosità della barba coltivata.
Barbaritrattàto: raffigurato col volto coperto da barba non rasata.
Barbarium: struttura di tipo museale per l’esposizione permanente di barbe variamente modelate e portate da personalità vissute in ogni tempo e luogo.
Barbasemàntizzare: comporre sememi barbiprefissati.
Barbasomatizzàto: volto identicato da barba non rasata.
Barbèsco: attinente alla barba.
Barbicìda: il vincitore che sbarba d’imperio e con violenza il vinto.
Barbiclàsta: l’eretico intransigente che contrasta i princìpi e i comportamenti di chi coltiva la barba.
Barbiclastìa: dottrina ereticale di chi contesta e disapprova la coltivazione della barba.
Barbiconografàto: raffigurato col viso barbuto.
Barbiconnotàto: identicato da arredo pilifero facciale caratterizzante.
Barbidulìa: apologia della barba coltivata considerata idolo o feticcio.
Barbiellènico: barbuto di origine greca.
Barbiellenìsmo: la sapienzialità indispensabile per disallegorizzare la barba coltivata dai greci, sia antichi sia contemporanei.
Barbierìsmo: parafilia modaiola di chi coltiva la barba per soddisfare un desiderio di imitazione.
Barbiesegèsi: la deambiguazione del sistema di segni costituito da ogni barba coltivata.
Barbifagìa: predisposizione individuale a considerare alimento intellettuale l’arredo pilifero facciale.
Barbìfago: chi si rapporta morbosamente a persona barbuta autogratificandosi.
Barbifàn: stimatore della barba coltivata e di chi la porta.
Barbìfobo: chi si nega a ogni interrelazione fertile con persona barbuta.
Barbigonia: dottrina che ha per oggetto lo studio della coltivazione della barba e la significanza della sua modellatura dalle origini barbariche alla civilizzazione dei tempi moderni.
Barbìgrafo: disegnatore o illustratore di volti barbuti.
Barbilatrìa: venerazione servile per la barba coltivata.
Barbilogìa: disciplina umanistica che studia le peculiarità della barba coltivata e la caratterialità di chi la porta.
Barbilogo: studioso che esegue esercizi scrittòri attinenti la barba coltivata e chi la porta.
Barbilogomanìa: irrefrenabile istinto a discettare sui problemi interrelazionali di chi porta la barba coltivata.
Barbilogòmane: chi discetta istintivamente sui pregi & difetti della barba coltivata.
Barbilòide: ogni volto portatore di barba coltivata.
Barbimascherato: ogni portatore di barba posticcia applicata sul viso.
Barbiphilìa: interesse specifico per tutto ciò che raffigura e letteratureggia la barba coltivata e chi la porta.
Barbiphilo: ricercatore di testi e documenti di ogni tempo, scritti in ogni lingua, relativi alla coltivazione della barba.
Barbiloquio: esercizio scrittòrio, oppure conversazione, che ha per argomento la barba arredo pilifero facciale polisignificante.
Barbìsmo: insieme di opinioni a sostegno della opportunità di coltivarsi la barba.
Barbìsta: tifoso della barba coltivata.
Barbitùdine: predisposizione naturale a intrattenere rapporti ravvicinati di ogni tipo con chi porta la barba coltivata.
Barbòso: sinonimo di noioso.
Barbùto: portatore di barba non rasata.
Bibliobarbiphilia: collezione di pubblicazioni con testi e immagini relative alla barba coltivata.
Eubarba: buona barba. In greco «eu« significa bene e può significare dignitoso: barba dignitosa, quindi.
Eubarbagia: lo studio delle qualità che conferiscono dignità alla barba.
Iconobarbigrafìa: l’insieme delle immagini che illustrano variamente la barba coltivata: siano esse disegnate, dipinte, scolpite, fotografate.
Neurobarbabiologìa: lo studio neurologico delle motivazioni che determinano la decisione di lasciarsi crescere la barba.
Neurobarbista: chi analizza e studia le motivazioni che attivano ogni manifestazione di tifoseria barbidula.
Pogonate: barbuto in lingua francese.
Pogonologia: disciplina che storicizza filosofeggiando la barba considerata arredo pilifiero facciale.
Sbarbato: privo di barba.

Barba ci cova© Per gentile concessione dell’autore — Riproduzione vietata

Barba ci cova 11