Chi non salta
un terrorista
è
Sempre pronti a sparare cazzate. In questo bravissimi, come sempre. I soliti italiani idioti. Molti, moltissimi, in casi come questi. Politici in testa, naturalmente. E poi sociologi, psicologi, filosofi, intellettuali, scrittori, giornalisti, perdigiorno, paraninfi, paraculi e teste di minchia. Che abbondano, in questo paese. Tutti pronti a dire, senza incertezze, senza esitazioni, senza neanche l’ombra di un piccolo dubbio, che a fare l’attentato alla scuola di Brindisi è stata la mafia. E giù a riempire pagine vuote di giornali e schermi vuoti di televisioni. A spiegarti cos’è la mafia, com’è cambiata, chi la comanda adesso, e perché se la piglia con le scuole. Nessun dubbio. O, al massimo, se non è stata la mafia – qualcuno concede – è stato il terrorismo. Quale? Non importa. Terrorismo e basta. Terrorismo tout-court. Il ritorno del terrorismo. La parola fa paura da sola. Qualche giornale (più idiota) di destra, spiega anche di che terrorismo si tratta: anarchici. Ovvio. Quegli stessi che pochi giorni fa a Genova hanno sparato alle gambe del dirigente dell’Ansaldo. Troppo ovvio. Il terrorismo è tornato, si salvi chi può. Chi non salta un terrorista è.
Pochi ad avanzare dubbi. Pochissimi, quasi nessuno. Nemmeno certi magistrati. Troppo giusto prendersela con la mafia. Eppure. Eppure bastava disporre di qualche conoscenza, anche non troppo approfondita, per capire che qualcosa non andava in questa sommaria e frettolosa attribuzione di responsabilità. Primo, che non c’è una rivendicazione. Quindi poteva anche essere Unabomber che non rivendicava mai. Però non uccideva, feriva solamente. No, no, la mafia, meglio la mafia.
La mafia, in realtà, ammesso che si parli non della mafia siciliana, ma di quella particolare organizzazione malavitosa e criminale che è un prodotto tipico della Puglia e che si chiama Sacra Corona Unita (Scu), normalmente non fa stragi. Non spara nel mucchio indistintamente. Normalmente colpisce bersagli definiti e precisi: persone che identifica come nemici, siano esse magistrati, politici, giornalisti, imprenditori che non pagano il pizzo, esponenti di clan rivali, pentiti. Inoltre la mafia usa strumenti tecnicamente molto più sofisticati di tre rudimentali bombole di gas.
Per il terrorismo rosso, quello brigatista, quello dell’agguato al dirigente Ansaldo, valgono molte considerazioni analoghe, come la mancanza di una rivendicazione, e l’uso di strumenti di morte diversi. Anche il terrorismo rosso, come la mafia, non fa stragi, non spara nel mucchio. Ma sceglie con cura, in base a una sua logica, i suoi bersagli. Sempre individuali: dirigenti di aziende, tecnici, giuristi, giornalisti, politici. Non si occupa di scuole. Discorso simile per i gruppi anarchici: anche loro, in tutto il mondo, scelgono con cura gli obiettivi. Mai casuali, sempre mirati. E sempre singole persone.
L’unico terrorismo che ha come obiettivo le stragi, grandi o piccole che siano, è il terrorismo nero. Quello fascista. Spesso in combutta con elementi della criminalità organizzata (come manovalanza), e con spezzoni deviati dei servizi segreti, con i quali (e con le forze politiche che li guidano) condivide obiettivi di destabilizzazione al fine di favorire soluzioni autoritarie. Come si è visto in Italia in occasione delle stragi degli anni della strategia della tensione, da Piazza Fontana all’Italicus, da Peteano a Ustica, dalla stazione di Bologna a Piazza della Loggia.
Peccato, per i tanti tromboni che abitano il Belpaese, che la verità, sull’attentato alla scuola pugliese, stia venendo presto a galla. Il procuratore della Repubblica di Brindisi, infatti, parla di «un gesto isolato e individuale». Insomma, si tratterebbe di un balordo. Accidenti. Era meglio se era mafia. Se era terrorismo. Adesso i tromboni dovranno rimangiarsi tutto. ★