Cocles il chiaroveggente terribile

Bartolomeo della Rocca titano quattrocentesco della chiromanzia

Fin da adolescente iniziò la sua attività lavorativa come barbiere: di volti ne vide parecchi. Ed anche di mani. Stiamo parlando di Bartolomeo della Rocca, detto Cocles, nato il 19 marzo 1467, alla terza ora della notte sul meridiano di Bologna, e autore di un’opera destinata ad avere un successo strepitoso dal titolo: Chyromantie ac physionomie Anastasis (Rinascita della chiromanzia e della fisionomia), edita a Bologna nel 1504 con l’approvazione del noto professore di Medicina Alessandro Achillini, a volerne sottolinearne le basi scientifiche.

In realtà il nome di Cocles è legato soprattutto alle sue profezie nefaste nei confronti di alcuni potenti personaggi del tempo tra cui Ermete Bentivoglio, figlio del signore di Bologna Giovanni Bentivoglio. Non solo: arrivò al punto di predire la sua stessa morte per mano assassina.

Dalle frammentarie notizie bibliografiche fornite dall’autore nella sua opera principale possiamo tracciare le tappe significative della sua breve esistenza.
Nel proemio Della Rocca asserisce d’essere figlio illegittimo (di una levatrice bolognese molto conosciuta?) e d’aver sempre condotto una vita in povertà.
Parla anche dei suoi trascorsi di ragazzo come barbiere.

I suoi contemporanei lo conoscevano come Cocles, pseudonimo d’arte che si prestava a svariate interpretazioni. La prima al fatto che fosse «privo di un occhio»; la seconda in riferimento al suo carattere descritto da G. Cardano e da alcuni altri autori di poco posteriori a lui come «scontroso, rozzo di carattere e d’aspetto».

Fin da ragazzo Cocles, oltre a fare l’apprendista barbiere, mostra uno spiccato interesse per scienze occulte, pratiche magiche, negromanzia e alchimia. Ma la svolta della sua vita avviene quando s’iscrive a Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna dove si laurea nel 1489, a soli ventidue anni.

La passione per le scienze occulte

La sua fama non è comunque legata alla professione medica bensì ai suoi successivi studi di chiromanzia e fisionomia iniziati dopo l’incontro col filosofo aristotelico Alessandro Achillini che proprio nella città felsinea dirige a quel tempo una Scuola d’indirizzo filosofico-naturalista. Ne diviene il discepolo prediletto. Ad unirli è la passione per le scienze occulte, sempre più approfondite sia attraverso lo studio teorico che l’esercizio pratico.

È a partire d quel periodo che Bartolomeo della Rocca alias Cocles sciorina fior di vaticini e predizioni tese a dimostrare un principio: la possibilità d’individuare il destino di ciascuna persona su basi concrete, sorrette da fondamenti scientifici. Al contrario dell’astrologia, che a suo dire «opera su un campo astratto».

Sul lungo girovagare di questo strano sapienziale non si scriverà mai abbastanza. Lasciato il suo villaggio natale (Tuguriolum), Cocles arriva ad Imola predicendo ai principi di quelle terre la perdita del loro dominio. Poi si sposta a Faenza, vaticinando un destino tragico ad Astorgio di Faenza che di lì a poco muore all’improvviso. Successivamente fa sosta a Rimini e Cesena.

La giustezza delle sue predizioni fa presto il giro della Romagna ed oltre. La sua fama va al galoppo. Cominciano a rivolgersi a lui illustri personaggi quali Galeazzo Sforza, fratello del duca di Pesaro, Guidobaldo duca di Urbino e Giulio Varano, signore di Camerino. Tutti vogliono sapere di che morte moriranno e quando. Per Julius Varanus e figli vede un destino funesto. È la goccia che fa traboccare il vaso: tacciato da uccello del malaugurio, Cocles viene cacciato ed è costretto a tornare a Bologna dove nel 1500, dopo un periodo di tranquillità, inizia a scrivere il testo sulla fisiognomia e chiromanzia, la cui stesura definitiva termina il 28 giugno 1504.

L’opera viene stampata il 4 settembre di quello stesso anno, presso G.A. Benedetti di Bologna. A quel tempo Cocles ha ricevuto dallo Studio di Bologna anche l’incarico d’insegnare grammatica, per l’anno accademico 1503-1504, a quattro «poveri vergognosi» della città e senza percepire un soldo, come consuetudine.

Ma venti giorni dopo la pubblicazione di Chyromantie ac physionomie Anastasis, ossia il 24 settembre 1504, Bartolomeo della Rocca viene assassinato a Bologna, quasi certamente da Antonio Caponi, sicario di un mandante che alcuni storici identificano in Ermes Bentivoglio (figlio del potentissimo signore di Bologna Giovanni Bentivoglio) al quale Cocles aveva predetto una fine cruenta: prima cacciato e poi ferito a morte in battaglia mentre si trovava in esilio.

Altri sostengono invece che ad impartire l’ordine di uccidere sia stato Guido da Pesaro detto Postumo, scolaro del liceo bolognese dove la vittima insegnava: un omicidio per vendetta, ritenendosi infamato dall’autore nell’opera appena pubblicata. In realtà la più gettonata nel tempo è sempre rimasta la prima ipotesi.

La morte e la leggenda

Il fatto più sensazionale è però quello legato all’assassinio di Cocles, ucciso con un colpo in testa. Un omicidio da lui predetto con largo anticipo. Per questo girava sempre a capo coperto e armato di spada. Precauzioni peraltro insufficienti: il sicario lo sorprese aggredendolo alle spalle. Travestito da venditore di legname, colpì Cocles alla nuca con un fascio di bastoni mentre stava aprendogli la porta di casa per farlo entrare. Non bastò a salvarlo neppure la placca di metallo nascosta nel copricapo.

Intorno alla vita di Cocles, tra il XVI e XVII secolo, continuarono a circolare diverse leggende. Secondo Cardano (De exemplis centum geniturarum, 1663) egli era soltanto un barbiere girovago e incolto, capace tuttavia di tuffarsi nello studio della fisiognomica e della chiromanzia con tale zelo da scrivere un’opera in latino e suscitare così l’ammirazione dei suoi contemporanei.

In realtà Cocles possedeva le qualità innate del chiromante potenziale. Come barbiere, poteva sfruttare un osservatorio privilegiato per esaminare centinaia di volti, valutarne le fattezze fisiognomiche prima di procedere al taglio della barba o dei capelli. Ciò gli permise di acquisire a livello empirico la facoltà di collegare i tratti del volto con quelli dell’anima.

Il grande trattato: l’Anastasis

Il trattato principale di Bartolomeo della Rocca si intitola Anastasis o Rinascita, nel tentativo di risollevare la chiromanzia da un oblio risalente al II secolo dopo Cristo, ossia a partire da Artemidoro. Per ritrovare qualche riferimento alla chiromanzia bisogna risalire fino al XIII secolo, ossia ad alcuni semplici manoscritti medioevali dedicati a questa disciplina, ma senza alcun riferimento astrologico. Sono commenti correlati da disegni di mani che illustrano le tre linee principali.

A quell’epoca cominciano però a comparire manoscritti d’altro tipo e consistenza, come si può constatare in Summa Chiromantiae tramandato in forma quasi inalterata fino ai nostri giorni. Questo lo schema base: quattro linee principali del palmo, con pianeta diverso associato a ciascun dito. A seguire: descrizione e interpretazione divinatoria delle figure del triangolo, delle linee, delle linee sorelle, del quadrangolo, delle colline e delle linee speciali localizzate nel palmo della mano. Per finire: considerazioni generali su proporzioni della mano, unghie, giunture e figure speciali.

L’Anastasis di Cocles si divide in sei parti e si articola in un respiro rielaborativo complesso e argomentato. La prima parte e la terza parte disquisiscono, rispettivamente, sui principi generali della fisiognomica e sulla sua relazione rispetto alla posizione dei pianeti, con interessanti ritratti psicologici fatti dall’autore su alcuni importanti personaggi del tempo: giudizi desunti non solo dai tratti fisici del volto ma anche dallo studio del tema astrologico di nascita (effemeridi). Sii considerano in dettaglio anche le linee della fronte. I pianeti presi in considerazione sono Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio e Luna, ossia quelli che troviamo anche nelle dita e nel palmo della mano.

Cocles descrive l’aspetto fisico di Girolamo Savonarola sostenendo che in realtà quel frate non era un riformatore bensì un seduttore del popolo e un impostore. Pessimo anche il profilo tratteggiato per il papa Alessandro VI e per suo figlio Cesare Borgia. Del primo asserisce che la sua nascita coincise con la
congiunzione di tre pianeti della Costellazione del Cancro, causa della sua natura malvagia.

Per quanto concerne Cesare Borgia, egli ritiene che le disposizioni di Marte e Saturno nel contesto astrale relativo al giorno della sua nascita ne avessero determinato la natura violenta ed omicida, dotandolo nel contempo di una forza possente e di un’eloquenza assai persuasiva.

Tra le svariate descrizioni fisiognomiche di Bartolomeo della Rocca fa spicco quella di Antonio Cortesi Urceo detto Codro, rinomato umanista bolognese di cui viene tracciato un vero e proprio ritratto scientifico, rettificando la descrizione fattane da Bartolomeo, discepolo di Codro, e autore di una sua biografia.

Cocles spara frecciate velenose anche contro gli ecclesiastici, soprattutto i frati, con toni anticlericali. Con una distinzione che gli va riconosciuta: dice di apprezzare e rispettare i religiosi «dotti e onesti» tra i quali cita frate Bartolomeo Milvio, «teologo eccelso, legista e predicatore esimio».

Nella seconda parte viene descritto l’intero corpo umano in forma di dialogo tra l’autore dell’opera e il discepolo Augustinus che pone diciannove quesiti anatomici ottenendo dal maestro altrettante risposte. La quarta è invece dedicata in toto alla chiromanzia, sempre nella forma di dialogo, mentre la quinta contiene le teorie sulla chiromanzia enunciate da Pietro d’Abano, detto anche il Conciliatore, apportandovi diverse aggiunte personali.

Il sesto libro, distribuito in trecento ventinove brevi capitoli, assume il tratto distintivo dell’enciclopedia affrontando argomenti diversi, con descrizioni di tipi e personaggi storici, oppure di prestazioni chirurgiche eseguite dallo stesso dottor Bartolomeo della Rocca o di diverse ricette di medicinali e di bellezza.
La parte forse più pregnante dell’Anastasis è quando Cocles fa una distinzione tra corpi direttamente soggetti alle influenze astrali e anime intellettive che ne risentono solo indirettamente.

La sua teoria parte dal presupposto che l’anima è separabile dalla materia e quindi non soggetta alle passioni. Pertanto non esclude la possibilità che l’uomo possa sottrarsi all’influsso celeste, poiché esistono in natura altre forze in grado di contrastare o annullare il campo astrale e agire sul destino umano. Sulla falsariga dell’indirizzo propinato dalla scuola di Achillini, basato sulla dignità umana già celebrata da Aristotele, Cocles propone il concetto di microcosmo umano come sintesi dell’universo, spostando però le coordinate dal piano metafisico (trattato dal suo maestro) a quello naturalistico.

L’autore fa inoltre continuo riferimento ad altri sapienziali del passato, primo fra tutti ad Ermete Trismegisto, soprattutto in riferimento ai suoi trattati di astrologia e di magia e non già ai dialoghi metafisici tradotti da Marsilio Ficino e Pietro d’Abano, da lui considerato uno dei più quotati esperti del tempo in campo fisiognomico e chiromantico nonché iniziatore in chiave moderna di tali discipline.

Nel proemio del quinto libro dell’Anastasis Cocles narra la vita ed espone le opere di Pietro d’Abano elogiandone il sapere scientifico e difendendolo dall’accusa di eretico mossa dai contemporanei nei suoi confronti. Nel campo fisiognomico l’autore esprime apprezzamento anche per Michele Scoto, Guglielmo di Mirica (per il suo commento alla Physionomia di Aristotele), Michele Savonarola, Antonio Cermisone, Alberto Magno, Gilles du Corbeil, Egidio Romano e Costantino Africano.

Tra gli scrittori arabi nutre profonda ammirazione per Alkindi, Albumasar, Rasis e Avicenna. Per i suoi studi sulla geomanzia, Bartolomeo della Rocca spiega d’essersi ispirato a Gerardo da Cremona e a Bartolomeo da Parma. Un altro spunto interessante della sua opera si trova esposto nel secondo libro dell’Anastasis, in cui confuta con pervicacia le tesi Antioco Tiberti da Cesena.

Per quanto concerne invece la chiromanzia, viene citato più volte Andrea Corvo di Mirandola (o di Carpi) al quale l’autore rimprovera d’aver usato sotto il suo nome opere di altri scrittori chiromantici.

Un sapere enciclopedico

Il sapere enciclopedico di Cocles evidenzia anche le sue profonde conoscenze nel campo delle scienze occulte distribuite in varie discipline e metodi divinatori: piromanzia, idromanzia, necromanzia, interpretazione dei sogni, osservazione degli àuguri, litteromanzia, nomanzia e solimanzia (ossia, rispettivamente, studio delle lettere, dei nomi e dei raggi del sole), ma anche venomanzia e umbilicumanzia connesse al parto di cui Cocles ben conosceva fasi e tempi grazie alla professione di ostetrica esercitata dalla madre. Nei suoi studi figura addirittura la spennatura dei polli come arte del futuro.

Rimane invece ambivalente il rapporto dell’autore con l’astrologia. Da un lato ne riconosce l’importanza, pur rifiutandone il rigido determinismo, e asserisce che non si può divenire buoni fisionomisti senza conoscenze astronomiche e mediche.

Tra i suoi contemporanei tesse elogi particolari all’astronomo Domenico Maria Novara, docente di matematica a Bologna, e al felsineo Geronimo Marifredi, autore di un’opera chiromantica intitolata Perché. Cocles spende buone parole anche per il medico Lorenzo Gozadini. suo collega allo Studio di Bologna, e per Lodovico Vitali, eccelso studioso di matematica, filosofia ma soprattutto astronomia.

In ogni caso, per Cocles non esistono dubbi: fisiognomica e chiromanzia svettano su qualsiasi altro metodo, anche se la seconda appare preferibile alla prima poiché le linee principali della mano rimangono invariate per l’intera vita, mentre i tratti del volto possono mutare con l’avanzare dell’età. Su tutte queste discipline l’ombra prestigiosa e rassicurante di Aristotele fa capolino da ogni parte, dal momento che la filosofia rinascimentale cerca di uscire dal caos dell’ignoto prendendo come riferimento la scolastica medioevale che, direttamente o indirettamente, si rifà al filone di pensiero aristotelico.

Differenze con altre tradizioni chiromantiche

Ciò non accade invece in altre culture che riescono a sviluppare una tradizione chiromantica non ancorata a quella greco-latina, pur se con intersecazioni e influenze reciproche.

Nella cultura ebraica la chiromanzia trova il suo pilastro biblico in questo versetto del libro di Giobbe : «Egli sigilla la mano di ogni uomo, così come ogni uomo possa conoscere il suo lavoro». Nel Medioevo svariati chiromanti cristiani utilizzarono tale versetto come prova di fatto che le linee incise nel palmo della mano rappresentano una sorta di sigillo divino sul corpo dell’uomo, indipendente dal libero arbitrio. Ecco allora la possibilità di utilizzare linee, monti ed altri segni della mano non solo per delineare il carattere di ciascuno ma anche e soprattutto per predirne il futuro.

Gli ebrei interpretano invece il versetto di Giobbe in chiave chiromantica solo nel XVI secolo, quando negli ambienti del misticimo di Merkabah prevale tale impostazione di pensiero. La più antica fonte ebraica in materia chiromantica si trova in effetti racchiusa in un capitolo dai frammenti ascritti a questa cerchia di mistici dal titolo: Hakkarat Pamim le-Rabbi Yishma’el. La scritta, in stile rabbinico, lascia presumere che la chiromanzia venisse per lo più usata per stabilire se un individuo fosse o meno degno di ricevere gli insegnamenti esoterici. Questa disciplina viene concepita come un’arte divinatoria riservata soltanto agli iniziati.

Prima del XVI secolo, i testi della chiromanzia ebraica erano traduzioni di opere scritte in arabo. Dai primi cabalisti (albori del XIII secolo) apprendiamo che si usava «esaminare le linee dei palmi delle mani, perché attraverso di esse i saggi avrebbero conosciuto il fato di un uomo e le buone cose che l’attendevano nel futuro» (Jacob Nazir, Sefer ha-Minhagot). Anche nello Zohar si trovano ripetuti riferimenti alla chiromanzia e alla metoposcopia, vale a dire la lettura delle linee impresse sulla fronte.

Nel libro Practica compendios artis Raumundi Lulli, stampato nel 1523 a Lione, le arti del futuro includono chiromanzia, astragalomanzia, sternomanzia, alectromanzia, piromanzia, alphitomanzia, aleuromanzia, idromanzia e geomanzia. Dietro al suffisso -manzia ci sta praticamente tutto. Ci stanno quei fenomeni i cui segni d’apparizione esulano dal controllo immediato dell’uomo e che divengono pertanto indizi per predirne la sorte.

Segni regolati da leggi a noi ignote, da trame oscure che pervadono l’universo e che condizionano la nostra esistenza. ★

Una tavola del Compendio di fisionomia di Bartolomeo Della…

Cocles il chiaroveggente terribile