Corrono liberi
i cavalli di Ivette
Un numero che ha trionfato a Mosca
La splendida cavalleria araba dell’affascinante Ivette De Rocchi, vincitrice del Festival del Circo di Mosca, è il punto di forza dello spettacolo del circo di Larry Rossante, che dopo essere stato costretto ad abbandonare l’insegna del «Circo di Mosca» in seguito a vari contenziosi legali, oggi gira con il nome preso in prestito da David Orfei. Lo spettacolo è più che dignitoso. Nel cast anche l’ottimo equilibrista Erik Triulzi con il suo spericolato castello di sedie, gli animali esotici di Mario Bellucci, e la grande magia presentata abilmente dallo stesso padrone di casa. Due ore piacevoli e divertenti.
In una stagione non facile per il circo italiano (in altri Paesi europei dove il circo ha ancora dignità culturale va un po’ meglio, come in Francia, Svizzera e Germania), ci sono ancora dei complessi di piccole e medie dimensioni che continuano a fare il loro lavoro con onestà e a proporre spettacoli più che dignitosi.
E’ il caso dell’ex “Circo di Mosca” della famiglia Rossante, circensi per tradizione, che, costretti ad abbandonare la vecchia insegna dopo vari contenziosi, adesso girano con un nome preso in prestito, quello di David Orfei, e lo strillo “Vincitori del Festival del (scritto molto piccolo) Circo di Mosca (scritto molto grande). Suggestioni.
In effetti un numero che ha vinto al prestigioso Festival russo c’è davvero, ed è uno splendido numero: quello dei cavalli arabi dell’affascinante Ivette De Rocchi, che si avvalse nell’occasione della regia di Antonio Giarola, uno dei migliori registi circensi in circolazione, e che scende per ben tre volte in pista: con i cavalli in libertà, con l’alta scuola di equitazione, e con il numero degli animali esotici (cammelli, lama, giraffa) guidati da Mario Bellucci. Sono i numeri migliori dello spettacolo, quelli che valgono da soli il prezzo del biglietto.
Altri numeri di spicco sono quelli del verticalista Erik Triulzi, diplomatosi quest’anno alla severissima Accademia delle arti circensi di Verona, che si esibisce con arditezza su un complicato castello di sedie, e il vorticoso e sorprendente numero di grandi magie del padrone di casa, l’infaticabile Larry Rossante, pienamente a suo agio anche nei panni di un disinvolto Monsieur Loyal.
Completano degnamente il cast gli eleganti equilibristi al cavo d’acciaio Alessandro e Claudio Bellucci, lo spericolato Donald Niuman alle balestre e ai coltelli, il simpatico giocoliere Warren e le sorridenti sorelline Rossi ai tessuti aerei. A voler essere pignoli, mancano i trapezisti e la gabbia. E la comicità è scadente. Ma non si può avere tutto di questi tempi. Lo spettacolo, nel suo insieme, funziona.
Stona il fatto che il circo non abbia un nome vero (David Orfei e il Circo di Mosca non c’entrano), tanto che lo stesso Rossante non li cita mai, si limita a dire “benvenuti al circo”, così, in generale. Del resto, se lo chiamassero Circo Rossante, come dovrebbe essere, probabilmente non ci andrebbe nessuno. Siamo un popolo poco avveduto, poco informato e credulone. Servono gli specchietti per le allodole.
LA PAGELLA
Circo Larry Rossante. Voto: 7