Dimissioni
no no no

Roberto Formigoni (Pdl), governatore della Lombardia, è indagato per corruzione internazionale, per i regalini ricevuti dal suo amico faccendiere in carcere da mesi. Vasco Errani (Pd), governatore dell’Emilia-Romagna, è rinviato a giudizio per falso ideologico, per aver finanziato con un milione di euro la cooperativa agricola del fratello Giovanni. Nicky Vendola (Sinistra Ecologia e Libertà), governatore della Puglia, è indagato per aver favorito la nomina di un primario ospedaliero.

Cresce come il grano maturo il numero dei governatori di Regione indagati in Italia. Eppure nessuno di loro si dimette. Nessuno pensa neanche lontanamente di farlo. Né Formigoni né Errani né Vendola. Diverse, magari, le motivazioni (ognuno ha le sue, più o meno farneticanti, più o meno aberranti), ma il risultato non cambia: niente dimissioni. Almeno fino al processo, fino a un’eventuale condanna.

Anzi, no. Non basterebbe, per le dimissioni, nemmeno una condanna in primo grado. Già. Siamo un Paese garantista. Bisogna aspettare la condanna in secondo grado. Non basta neanche quella. È necessario, è corretto, aspettare l’eventuale condanna definitiva prima di dimettersi, quella della Cassazione, terzo grado. Nel frattempo passano gli anni, a volte anche i decenni, e si possono tranquillamente portare a termine almeno un altro paio di mandati da governatore.

Così funziona il nostro Paese. Non si dimette mai nessuno. Del resto, se non si dimettono i governatori, che sono dei politici e quindi dovrebbero dare il buon esempio, perché mai dovrebbero dimettersi i calciatori, gli allenatori e i dirigenti che hanno truccato e venduto le partite del campionato? Difatti nessuno dei tanti indagati del processo di calciopoli (45 tesserati, 13 società, 12 partite vendute), ha mai pensato neanche lontanamente di dimettersi.

Non solo. Ci sono persino società altolocate, come la Juventus, che si sono addirittura schierate, esprimendo «pieno sostegno» invece che sdegno, a favore dei propri tesserati mandati sotto processo dalla giustizia sportiva. La Juve si vedrà processare cinque dei suoi: l’allenatore Antonio Conte, i suoi vice Cristian Stellini e Angelo Alessio, e i giocatori Leonardo Bonucci (che è anche difensore della Nazionale) e Simone Pepe. Il presidente della società, Andrea Agnelli, facendo rivoltare nonno Gianni nella tomba, si è schierato con loro invece che con la giustizia. Una società seria per davvero li avrebbe come minimo sospesi in attesa del giudizio. E poi, a seconda della sentenza, reintegrati (e con tutti gli onori) o cacciati (e con ignominia).

La stessa cosa dovrebbero fare tutti quei politici, governatori e non, di destra o di sinistra, che finiscono indagati per qualsiasi motivo. Visto che non lo fanno, che nessuno lo fa, non sarebbe male stabilirlo per legge. Primo, che non possono venire presentati alle elezioni candidati condannati (in qualsiasi grado di giudizio) o in attesa di giudizio. Secondo, che sono obbligati alle dimissioni, qualunque incarico ricoprano, se vengono indagati. Terzo, che se vengono prosciolti o assolti (all’ultimo grado di giudizio) vanno reintegrati nel loro ruolo per il tempo che restava del loro mandato, e se invece vengono condannati (sempre all’ultimo grado di giudizio) vengono cancellati per sempre da qualsiasi ruolo in politica.

Tutto questo sarebbe normale in un paese normale. Qui in Italia sarebbe invece una rivoluzione. ★

Dimissioni no no no