Il bandito che scrive
la sua vera storia
Un’inedita confessione
L’incipit di «All’inferno e ritorno», l’autobiografia di Giampaolo Manca, leggendario ladro e bandito d’altri tempi, ex componente di spicco della mala del Brenta. Una carriera criminale, prima nella banda di Silvano Maistrello «Kociss», il bandito gentiluomo che non sparava mai, poi in quella dello spietato, cinico e sanguinario Felicetto Maniero. Un libro che è un pugno nello stomaco. Rapine, furti, delitti, droga. E omissioni e complicità. Poi trentasei anni nelle galere italiane. E quindi il pentimento e l’annuncio di una vita nuova interamente dedicata agli altri.
Mi chiamo Manca Giampaolo, sono nato a Venezia sessantatré anni fa, ho vissuto, se quello possiamo definirlo vivere, nelle carceri italiane, ben, anzi, meglio dirlo con il suo vero nome, male!, trentasei anni, otto mesi e due giorni di galera; per essere pignoli ho messo anche i due giorni! per la mia vita maledetta, come io la chiamo!
Quando leggerete la mia storia, comprenderete il perché questi trentasei anni trascorsi nell’inferno dei vivi, per il mio vivere sciagurato, altro che quello narratoci da Dante, almeno quello è dei morti!
Solitamente la prefazione di un libro viene scritta da un personaggio illustre, ovvero da chi opera nel settore, oppure da persone competenti, ma non come in questo caso dallo “scrittore stesso”, che sarei io, fermo restando che non mi reputo assolutamente tale, anzi.
Quindi ho scritto la mia storia con tutte le mie difficoltà letterarie e scolastiche, ma il mio racconto non sarà di fantasia, come spesso avviene nei libri noir, dove lo scrittore dimostra un’immaginazione immensa, spesso fuori dalla realtà.
Non di tutto questo sarà il mio scrivere, ma solo la storia di un ragazzo ribelle, che non accettava le cose brutte che la vita gli riservava (spesso e volentieri). Le violenze ricevute già in tenera età sono state come una sorta d’insegnamento per la mia vita futura, per tutto ciò che ho commesso, per poi essere, nel tempo, di gran lunga peggiore di colui che quella violenza ha elargito, e in questo caso si può ben dire a piene mani.
Quando quelle mani avrebbero dovuto farmi sentire quel calore d’amore nelle carezze che avrei dovuto ricevere e che avrei desiderato, invece producevano solo dolore, un dolore lancinante sulle mie carni di adolescente terrorizzato.
Quindi ho sentito il dovere morale di raccontare la mia vita, affinché questo “libro” serva per uno scopo benefico, una sorta di riparazione verso chi è stato colpito dalle mie azioni.
Senza pretendere di essere perdonato, vorrei, con questa mia testimonianza, trasmettere un messaggio alle nuove generazioni di ragazzi, per non farsi abbagliare da facili strade, nell’illegalità, pur di ottenere ciò che si vuole, come ho fatto io, ovverosia noi di quei tempi che, senza pensarci su, a tutti i costi volevamo vivere una vita che è, a dir poco, scellerata, travolgendo tutto, ma soprattutto tutti, senza scrupoli, pur di arrivare al nostro scopo.
Purtroppo non c’erano riserve di nessun genere, più si andava avanti con quella vita maledetta, più perdevi il lume della ragione, bastava arrivare, senza mai girarti indietro e, così facendo, la meta non era altro che essere in bilico sul baratro; come molti di noi, io per primo ho conosciuto quel baratro, per poi sprofondare nel male assoluto in così poco tempo e perdermi definitivamente per una via senza ritorno, come spesso ho narrato nel mio racconto.
Quindi vorrei che questo mio vissuto fosse letto anche da tutti quei ragazzi, ricchi o poveri, che abbiano ricevuto delle violenze domestiche dai loro genitori, stravolti e segnati nell’animo, tanto da spingersi, col tempo, a ricambiare ad altri quello che hanno subìto.
Ma attenzione, amici miei, non è quello il miglior modo per guarire dalle nostre ferite, altre sono le strade da percorrere.
Certamente saranno non pochi quelli che criticheranno questa mia scelta di voler raccontare la mia storia, penso soprattutto a quelle persone che magari dicono: meglio se te le tenevi per te che fare un inno al male che hai prodotto.
Ma al loro giudizio così sbrigativo risponderei: “Cari benpensanti di turno, ancora una volta non avete capito nulla, come al vostro solito, siete solo capaci di puntare il dito, giudicare, condannare a priori, senza ascoltare chi oggi ha avuto il coraggio, la forza d’animo, di mettersi a nudo, con estrema sincerità, verità. Spero che chi mi legge e abbia vissuto questi traumi non debba (mai) assolutamente fare quello che ho fatto io”.
Io oggi, con assoluta umiltà, mi donerò incondizionatamente, senza riserve, verso chi avesse bisogno di me, nella speranza che la mia ex vita possa servire e sia di monito, affinché costui possa salvarsi. Chi ha l’intenzione di redimersi sappia che si può ricominciare e vi assicuro che sono molti quelli che lo vogliono fare.
(tratto dal libro “All’inferno e ritorno, trentasei anni senza libertà”, autobiografia di Giampaolo Manca, Book Sprint Edizioni, 2018).