Il culto
della personalità

Sembra che nella Corea del Nord la gente sia felice quando ci sono le manifestazioni di massa in onore del loro Leader Supremo, il più giovane capo di stato del Mondo. Per forza: alla televisione non c’è niente, i ristoranti sono inarrivabili, la miseria e la carestia incombono un mese sì e uno no, le feste private sono caldamente sconsigliate dal regime, e di sera le luci si spengono al tramonto. Secondo il quotidiano giapponese Asahi Shimbun, che raccoglie la testimonianza di uno studente che ora vive nella Corea del Sud, «nei giorni in cui si svolgono le manifestazioni, le persone che vi partecipano possono stare insieme e parlare davanti a un drink dopo che l’evento è finito: è un’occasione di stare insieme e sentire il calore della comunità».

Il Leader Supremo della Corea, Kim Jong Un, è figlio di Kim Jong Il – il Caro Leader e Presidente Eterno – a sua volta figlio di Kim Il Sung, lo stalinistissimo Grande Leader e primo Presidente Eterno – fondatore e capo della Repubblica Democratica Popolare di Corea. Culto della personalità dinastico.

A vederlo nei rari video e fotografie il giovane dittatore coreano mette non pochi brividi: le guanciotte, la boccuccia, il taglio spazzolato con cresta, la foga veemente con cui assiste ai tiri d’artiglieria nelle manovre celebrative, le lacrime spavalde sottozero nel chilometrico corteo funebre del padre, lo sguardo dritto e aperto nel delirio con cui arringa le masse. Tutto concorre a temerlo senza paura.

C’è, pare, un altro paese dedito almeno ufficialmente al culto della personalità. È tanto uguale ma diverso: infatti a Cuba il Lider Maximo ha un sacco di anni, 86 a 29, non so se mi spiego. E poi il vecchio Fidel Castro la Rivoluzione se l’è fatta da sé e il potere l’ha preso e non ereditato.

Però c’è ancora un paese in cui il culto della personalità resiste fortissimo diffusissimo. Il nostro. Anche ereditario. Anche con le personalità di altri paesi. Inutile fare degli esempi anche perché sarebbero degli insulti alla vostra intelligenza e alla vostra sensibilità, ma ciò mi ricorda quand’ero ragazzino, alle scuole medie. Era l’epoca del Socialismo Reale appena conclamato e a noi alunni davano da leggere George Orwell come se piovesse: 1984 e La fattoria degli animali. So che l’intento propedeutico pedagogico era a senso unico (cioè nel senso che il Grande Fratello e il maiale Napoleon erano i comunisti) ma gli effetti sono stati devastanti comunque.

Sono stato vaccinato. Quando qualcuno si propone (nell’ordine e sempre) come rivoluzionatore, come risolutore, come salvatore, come destinatore, come conduttore, parla di amore, di libertà, di futuro (tutto in lettere maiuscolissime grandissime zuccherosissime) mi viene subito un’avversione tremenda e mi fido poco. Molto poco. Anche perché ho da tempo notato una strana continuità negli italiani che si affidano all’Uomo della Provvidenza, cioè sono sempre gli stessi: pronti a credere, obbedire, combattere, tradire, giustiziare, ricominciare.

Per ciò non venitemi a parlare di culto della personalità. Non sopporto affatto il culto della personalità. Odio il culto della personalità. Quella degli altri, ovviamente, non la mia. La mia l’adoro. ★

Il culto della personalità