Il terremoto creativo
di Castellani e Manzoni

Una mostra esemplare alla Guggenheim

Uno sguardo intenso, mirato, disincantato è quello che Luca Massimo Barbero ha rivolto all’opera di Piero Manzoni (1933-1963) ed Enrico Castellani (1930) due importanti interpreti dell’arte concettuale. Azimut/h continuità e nuovo è il titolo dell’esposizione che, alla Guggenheim di Venezia, ripercorre un periodo fecondo dell’arte del secondo dopoguerra.

VENEZIA — Azimut/h è il titolo della rivista, ma anche il nome della galleria fondata a Milano dai due artisti nel 1959. L’esperienza durò undici mesi dal settembre 1959, quando uscì il primo numero di Azimut al luglio 1960 con la chiusura della galleria.

Nonostante la brevità temporale del fenomeno Azimut/h è stato un elemento agitatore della cultura europea internazionale ed un portale tra l’arte europea e quella americana degli anni sessanta.

L’ idea fondamentale della mostra, fortemente filologica, dove ogni opera rimanda alla rivista e alla galleria, è di far entrare i visitatori in uno spazio in cui incontrare gli interpreti dell’avanguardia italiana ed europea della fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta.

Il curatore ha ricreato un ambiente ed un percorso con pavimenti di legno bianco come bianche sono le pareti: così da immergere il visitatore in una realtà atemporale che bene si accompagna alle opere ironiche, surreali, concettuali degli artisti presenti.

Risale al 1959 la prima superficie a rilievo di Castellani che darà vita ad una poetica in cui la ripetizione accurata di pieni e vuoti data da ritmiche estroflessioni della tela costituisce la sua principale caratteristica. Lo studio e l’analisi dell’estroflessione della tela mediante l’utilizzo di chiodi centine e sagome di legno inserite dietro sono una costante di Castellani come possiamo vedere nel grande Dittico angolare 1966 che conclude il percorso espositivo.

Sorprende anche la profondità e l’ampiezza della ricerca di Piero Manzoni, l’altro protagonista troppo spesso liquidato e conosciuto come «quello della merda in scatola».

Numerosi sono i suoi Achrome di legno, metallo e caolino tra cui quello così particolare a forma di sfera di pelle di coniglio su una grande base di legno bruciato.

Tutte le creazioni artistiche della breve e fulminante stagione creativa di Manzoni sono volte a mostrare come l’opera d’arte non deve cristallizzarsi in correnti e formule poetiche ma essere opera aperta, spazio di azione e coinvolgimento emotivo dove anche lo spettatore è chiamato e reso responsabile e non neutro osservatore.

Uno dei protagonisti di quella stagione è anche Heinz Mack (1931) esponente del gruppo Zero, pittore e scultore che innamorato della luce e del colore mediterraneo e di Venezia ha esposto le otto colonne dorate davanti a San Giorgio.

AZIMUT/H. Continuità e nuovo
A cura di Luca Massimo Barbero

Piero Manzoni Achrome, 1962 c. Panini e caolino 39 x 39 cm…

Il terremoto creativo di Castellani e Manzoni