La degustazione

Il quarto capitolo de «L’anno più difficile della mia vita»

Continua la pubblicazione per capitoli del romanzo inedito di Giovanni Camali, «L’anno più difficile della mia vita». Il quarto capitolo, «La degustazione», dalle forti tinte erotiche, segue al terzo, «Il Diario», al secondo, «Lacrime vuote», e al primo, «Il trench di Chloé», che potrete comodamente rileggere -gratuitamente- richiamandoli, con il loro titolo, dalle pagine del nostro archivio elettronico. Ogni mese, in esclusiva per «Il Ridotto», un nuovo capitolo di questa storia appassionante di una psicologa francese in vacanza forzata a Venezia, che alla soglia dei trent’anni vive un rapporto di convivenza piuttosto tormentato.

La incontrai al Bar Fiore mentre beveva una birretta con le sue amiche. Poco importava dove e con chi fossimo, perché, come al solito e a quell’ora, c’era un tal casino che scambiammo due parole solo al ritorno quando montammo in vaporetto per tornare a casa. Chloè era oggettivamente timida nonostante il look, il rosso delle sue labbra, il taglio di capelli e la sua straripante bellezza potessero far pensare il contrario. Il marrone testa di moro di quegli occhi le conferiva una luce e una profondità che avrebbe potuto mettere in soggezione chiunque, ma io non avevo dubbi, Chloè aveva un’anima pura, gentile e timida!

Il suo essere così dannatamente francese e frizzante mi faceva sentire un ebete. Ero bloccato come un ragazzino alle prime armi e non riuscivo ad esprimere in pubblico nessuna affettuosità pur sapendo che a lei avrebbe fatto piacere. L’unica cosa che feci fu quella di rimanere seduto al bancone a bere birra assaporando e rivivendo emotivamente il ricordo della nostra prima notte d’amore…Non so se lo facesse per igiene, ma era evidente che con quell’asciugamano caldo-umido sui genitali ancora turgidi dal rapporto appena consumato, non intendeva solo ripulirlo, ma voleva possederlo nuovamente. Io, nudo, disteso sul letto a gambe aperte mi gustavo l’estasi raggiunta ed ero talmente sereno da non provare imbarazzo nel mostrare la pancia e il fallo ormai dormiente e reclinato sul lato.

Però il tepore di quell’asciugamano lo risvegliò all’improvviso e quando Chloè lo accarezzò delicatamente non potei fare a meno di gemere contraendo gli addominali in una espirazione rumorosa. Era chiaro, come lo era stato durante tutto il rapporto che lei godesse nel sentirlo dentro, ma lo era ancora di più il volermi portare con tutta la sua determinazione a raggiungere l’estasi a prescindere dal suo piacere. A raccontarla così potrebbe sembrare che Chloè fosse una adulatrice, una di quelle donne servizievoli abituate a conquistare il proprio lui viziandolo al limite della ragione, con l’atteggiamento tipico di una oltremodo servizievole geisha. Io in fondo la conoscevo a malapena e da quella apparente sfacciata impudicizia, nessuno mi avrebbe contraddetto se l’avessi catalogata come una volgare seduttrice, o semplicemente una insaziabile ingorda. Invece no, lei, non è né questo né quello, Chloè, è la vera degustatrice, una sommelier a tutto tondo capace di seguire rituali precisi e mai scontati.

Allo stesso modo con il quale un intenditore tratta e valorizza un buon vino trattò il nostro incontro e mi fece provare l’ebbrezza di una “degustazione verticale d’amore”. Chloè, come un vero sommelier sapeva che un buon vino necessitava di una preparazione quasi religiosa nel rispetto e nella consacrazione di un’essenza fatta non solo di palato. Quella bottiglia, che di lì a poco l’avrebbe inebriata, richiedeva tutta la sua attenzione. Un decanter per l’ossigenazione, ma anche e soprattutto avrebbe e dovuto contestualmente collocare nell’ ambiente più consono un prodotto dal carattere così deciso e definito. Cercava e voleva senza ombra di dubbio il proprio godimento, ma sapeva che per ottenerlo si sarebbe dovuta impegnare. Di certo non avrebbe potuto trattare allo stesso modo un Biancolella Ischitano e un Reisling Alsaziano, così come non l’avrebbe mai fatto con un Amarone e un Chianti, e la mia paura era proprio questa: per lei, quanto sarebbe stato facile o al contrario difficile scegliere cosa (chi) e quando? Perché da esperto sommelier quale sono sapevo che ognuno di «loro» sarebbe potuto diventare una valida alternativa. Le similitudini in questo suo approccio all’amore non si sprecano, tutte hanno una loro logica, però adesso lei era concentrata su di me, su questo «gran vino» e mi trattò con la giusta importanza.

Si aprirono le danze. Come aveva già fatto alle Carampane, beffeggiandosi di me, riprese il rituale di noi sommelier partendo dal collo della bottiglia. Io dunque ero il suo Turriga, sapido e maturo vino rosso, sardo. Spigoloso per i minerali che la vite trae da quelle terre violentate dai venti e arse dal sole che gli conferiscono tempra e vigore. Incominciò con lo sbottonarmi il primo bottone della camicia, ed io impassibile la lasciai fare. Fiero e vanitoso quale sono, volevo essere amato proprio così, quasi passivamente, volevo essere vezzeggiato, coccolato e viziato, e mi ero così immedesimato in quel ruolo da voler a quel punto mi fosse data la giusta importanza. Io, da «uomo» maturo, presuntuoso e vanitoso avrei ricambiato in seguito, soddisfacendo il palato di Chloè solo se lei fosse stata in grado di capire e apprezzare quanto io le stavo offrendo. Questo era il rito di noi assaggiatori di vino, ma io quella sera ero il suo pregiato, datato ed affinato Turriga. Io, mi dovevo semplicemente comportare da vino, lasciarmi bere senza giudicare ed oppormi.

Però diciamola tutta, il vino non è per forza una strada a senso unico. È vero spesso il contrario. Il vino regala emozioni se ha qualcosa da raccontare è inconfutabile, ma è fondamentale che l’interlocutore abbia il desiderio e l’anima per ascoltare la profondità e l’equilibrio delle sue vibrazioni. Da “vino maturo” vigliaccamente attendevo facendo crescere la mia valutazione potenziale, ma quale sarebbe stato il limite di quel crescere? Chloè a suo rischio doveva scoprire se l’età, la maturazione, l’affinamento, l’invecchiamento, parola bella per il vino, forse meno per un uomo, avessero migliorato il sapore, il corpo, l’anima o se invece il tempo m’avesse ossidato al punto che di me ne sarebbe rimasto solo il blasone di una vecchia, banale etichetta. Come “vino maturo” sarei potuto essere un grande flop oppure al contrario avrei potuto liberare in un sol respiro tutti gli anni di affinazione colpendo dritto all’anima. Io, ormai ero entrato completamente nella parte, mi sentivo pronto a regalare la mia passionalità, “erano anni che aspettavo quel momento”, speravo solo di aver conservato tutta l’energia e il calore che mi contraddistinguevano e che Chloè fosse degna di apprezzare.

Ormai nudo ai suoi occhi e disteso sul letto, cominciò ad annusarmi compiaciuta e a pieni polmoni, dapprima dietro il collo, poi a scendere verso l’inguine dove si concentrano i profumi più sinceri, ed esattamente come a volte si deve ripulire la sbavatura del collo della bottiglia appena stappata dai residui polverosi del tappo, lei, cominciò tra corpo e testa con la stessa delicatezza e precisione per sentirlo crescere apprezzandone il primo boccato. Chloè mi deve aver visto talmente trasognante che mi batté la spalla e mi chiese: “tutto bene?” Non poteva certo sapere che ero nel bel mezzo di … Nei giorni precedenti le avevo espresso tutte le mie perplessità riguardo la nostra storia. Per entrambi infatti era una situazione anomala, lei così giovane, io diciamo, ormai maturo e quella strana sensazione di avere tutti i fari puntati, ma onestamente non ci pensammo più di tanto, non volevamo rovinare tutto razionalizzando sui pro ed i contro del nostro incontro ed alla fine lo catalogammo come: INEVITABILE. “L’alchimista è il colpevole, è il manipolatore degli incontri, è il personaggio in grado di far innamorare due persone anche quando i presupposti di religione, educazione, fisicità, logistica, carattere, età ecc…li porterebbero ad allontanarli piuttosto che avvicinarli.”

La mia complessità si scontrava con la intraprendente determinazione di Chloè e nonostante le mille perplessità, i mille consigli e tutte le elaborazioni statistiche fossero contrarie alla nostra unione, “ lo stregone delle miscele amorose” decise di imbrigliarci nella sua tela. Quella sera però, non me la sentii di salire e la lasciai con il classico sguardo di colpevolezza e inadeguatezza. Nei giorni a seguire ero arso dalla voglia di sentirla, non potevo farne a meno, e incominciai a messaggiare e fu così anche per lei. Incominciammo quella che noi della preistoria definiamo: relazione epistolare. Più passavano i giorni e più avevo il desiderio di vederla, e meno la sentivo, più il mio sentimento cresceva. Ero come un bambino in castigo al quale avevano tolto di colpo il giocattolo, però ero sicuro fosse lo stesso anche per lei, quindi, sarebbe stata solo questione di decidere quando e come, ma ci saremmo incontrati nuovamente.

Nonostante fossi stato io a tirarmi indietro, Chloè non dubitò mai del nostro amore e in questa altalena di sensazioni mi ritrovai a cenare a casa sua con lei senza pormi tante domande. Avevo conosciuto le coinquiline e mi aspettavo una cena a quattro. Ero pronto ad affrontare le sue amiche per dimostrarle che avrei potuto frequentare il suo mondo senza problemi, invece aveva organizzato a mia insaputa una cena a due, un tête à tête, come disse lei “risolutorio”. Ci fu un minimo di imbarazzo per entrambi, motivato per me dalla sorpresa e per lei dalla sfacciataggine con la quale si era presentata; per un istante fu silenzio. Ma l’impasse durò veramente poco, perché al roteare del primo bicchiere di Sauvignon l’olfatto aveva già fatto decollare i feromoni, che rimasero a bada solamente per la voglia di farlo.

Più che mangiare quella sera ci dedicammo al bere e dopo un’oretta ebbi la malsana idea di chiederle una sigaretta. Io, che non fumavo ormai da dieci anni. La fumai naturalmente senza pormi troppe domande e inconsapevole delle ripercussioni. Stavamo condividendo ogni piccolo particolare di quella serata, ma all’improvviso mi sentii collassare, lei guardandomi disse “ops”, io “scusami ma devo proprio andare”. “ Dove?” rispose immediatamente, “ a letto”, risposi io. Sorrise, mi alzai e a fatica, quasi trascinandomi, mi distesi sul letto vestito com’ero scarpe comprese, allentai la cintura e piano piano svanì quel senso di “morte”. Lei se la rideva tranquilla, sembrava si stesse già pregustando il prosieguo, andò in bagno prima di raggiungermi e bevve un altro sorso di vino, anzi, spudoratamente lo offrì anche a me.

Io, ero lì, disteso sul letto, inerme, quasi moribondo e concentrato solo sulla respirazione per prevenire il collasso mentre lei mi girava il bicchiere sotto il naso. Di testa mi sentivo perfettamente lucido, credo però valesse più per me che per lei perché a detta sua vaneggiavo. Io non ne sono convinto. Comunque nonostante il fisico non rispondesse, con la stessa spensieratezza con la quale stavo cazzeggiando, incominciai ad apprezzare la mia innocente erezione, proprio come se da quel sacco di patate affossato nel letto stesse spuntando un rinvigorito germoglio. Chloè lo guardava come si guarda la bottiglia di vino che ti ha colpito per la bontà. Studiava le mie forme esattamente come si spulcia l’etichetta della bottiglia per scoprire il grado alcolico, l’uvaggio, il terreno ecc…alla ricerca del dettaglio chiarificatore di tanta bontà.

Gli occhi attenti stavano analizzando ogni più piccolo particolare per poterlo fissare e ricordare come avrebbe fatto un vero collezionista. «Posso toccarti?» Mi chiese ed io placidamente risposi: «fai di me ciò che vuoi». Era arrivato il momento in cui il nostro protagonista maschile, «Io, il vino passito,» incominciava a lasciarsi andare e a liberare le sue vibrazioni. Sentivo le sue mani accarezzarmi il petto dolcemente, ma in modo insufficiente da paralizzarmi il corpo che al contrario, sentiva la necessità di far muovere il bacino. Mai stato un ballerino, eppure, il mio roteare dei fianchi ricordava una danza tribale e ben presto da quel sali scendi del bacino arrivò il turgore. “La bottiglia” era stappata.

Mi stavo volutamente e lentamente lasciando andare in un’ipotesi di amplesso. Ero libero di muovermi e non perché effettivamente mi stavo muovendo, ero libero di amare e non perché effettivamente lo stessi facendo, ero libero perché mi sentivo libero.Mi muovevo come se stessi danzando per lei, ma lo ammetto, anche per il piacere personale. Allo stesso modo lei stava godendo per conto proprio ascoltando scivolare le sue mani sulla mia pelle. Sentivo chiaramente che da quel massaggio stava traendo tutta l’energia che di lì a poco avrebbe liberato su di me. Chloè non rimase infatti a lungo indifferente al movimento del mio bacino e mi prese come se fosse fiera di avere una tale meraviglia tra le mani.

Quello era il suo gioco, l’oggetto del desiderio, il trofeo da conquistare e che le avrebbe dato immenso piacere. Nessuno a quel punto ci avrebbe potuto fermare. Io con il ginocchio cercavo di farmi strada tra le cosce e lei rispondeva con il suo dolce ansimare per poi lasciare che i corpi scivolassero pelle su pelle. Erano momenti di completa confusione, lei aveva le redini del gioco e fece di tutto per ossigenare quel vino. Scelse i tempi e i modi. Preparò me e sé stessa affinché lo scambio potesse essere reciproco fino a quando arrivò il momento nei tempi previsti dalla legge, in cui abbandonò ogni presa e muovendo il bacino lo puntò, poi spinse in giù e il terzo giorno risorse. La volta della cattedrale satura dalle note dell’organo poteva implodere o esplodere con una deflagrazione che non avrebbe lasciato superstiti.

Noi, spettatori ed interpreti di una valchiria, ma Chloè non sembrava mai paga, un orgasmo prolungato l’aveva intrappolata e catturata. Come uno shamano fatto di mescalito non riusciva più ad uscire da quel loop di piacere. Ansimava, sembrava esausta, ma una forza interiore le continuava a dare l’energia per distruggermi e raggiunsi l’orgasmo più intenso ed appagante della mia breve storia. Ero commossa, emozionata ed anche divertita nel rileggere la nostra storia vista con gli occhi di Marco, ma dentro di me covavo un senso di rabbia e malessere che mi stava condizionando…

(4 – continua)

Amore e vino (fonte: Barolo).

La degustazione