La promenade di Michelle

Un vento dispettoso spinge un volantino stropicciato e scolorito dalla pioggia tra le ruote del passeggino di un’elegante signora di mezza età che sta portando il nipotino a passeggio sul lungomare. Inizia così il romanzo «Il domatore di principesse» di Roberto Bianchin, pubblicato da I Antichi Editori, vincitore del primo premio per la sezione letteratura al prestigioso concorso internazionale «Locanda del Doge» 2018. E’ una storia d’amore dolce e tormentata, con un finale a sorpresa, ispirata a una storia vera: quella della Principessa Stéphanie di Monaco con il domatore di elefanti Franco Knie, direttore e proprietario del celebre circo svizzero Knie. Pubblichiamo l’incipit del romanzo per gentile concessione dell’editore. Il volume è disponibile, sia in formato elettronico che cartaceo, sul sito: www.iantichieditori.it

Guardava le foglie cadute che un vento dispettoso faceva danzare sul lungomare. Sembrava che giocassero. Disegnavano dei cerchi sempre più stretti, vorticosi, come se fossero guidate da fili invisibili in un matto girotondo. La stupì che non finissero in acqua. Stavano sempre lì, a ballare strette, su un fazzoletto di marciapiede, senza andare mai a perdersi altrove. Si domandò se era il vento a volere così. O se erano loro, le foglie, che lo avevano deciso.

Chissà se anche le foglie morte pensano.

Non aveva fretta, Michelle. Era un po’ di tempo che non aveva più fretta. Che la sua vita non andava più di corsa. Che aveva rallentato. Ritmi, respiri e battiti del cuore. Anche la carrozzina bianca e azzurra che aveva davanti, con dentro il nipotino che dormiva, la spingeva piano, spostando con cura le piccole ruote per non calpestare le foglie ballerine. Ci stava molto attenta. Era un gioco che ripeteva da quando era bambina, da quando andava col triciclo. Un gioco innocente. Che però, dopo un poco, l’annoiava.

Allora la bambina buona diventava cattiva all’improvviso. Senza sapere perché. Per noia, forse. E dopo avere schivato, con una precisione meticolosa, migliaia di foglie, girava apposta il manubrio del triciclo, spingeva forte sui pedali e le distruggeva tutte, fino a che non restavano che briciole scure e polvere sottile sulle pietre del selciato.

Provava un piacere quasi sadico nel sentire il rumore di biscotti rotti che facevano le foglie spezzate sotto le ruote della sua piccola bici. Le sembrava che le foglie gridassero per il dolore, e lei ne era contenta. Ma poi si pentiva subito, piangeva, batteva i pugni sul manubrio e chiedeva scusa agli alberi e alle foglie.

Adesso ce n’erano tantissime sul lungomare. Tutte marroni, piccole e grandi, fatte a rombo e a cuoricino. Stava cominciando l’autunno. Gli alberi, ormai quasi spogli, allungavano i loro rami come grandi braccia nude sulla spiaggia. Era quieto il mare, la giornata era limpida e ventosa, e c’era un sole ancora tiepido. Due vele arabescate incrociavano al largo. C’era poca gente in giro, il bimbo, in carrozzina, dormiva beato.

Anche il suo animo era in pace. La stagione delle tempeste era finita da un pezzo. A questo pensò Michelle guardando il sole alto e tondo nel centro della baia. La lunga coda dell’estate sembrava non volesse mai finire. Due ragazzi facevano il bagno laggiù, in fondo alla spiaggia quasi deserta, li vide che entravano mano nella mano0 nell’acqua ferma come la stagnola dei presepi. Li guardò ridere, avvicinarsi e poi baciarsi prima di immergersi piano, dolcemente, senza sollevare uno spruzzo. Distolse lo sguardo e sorrise. Quante volte, pensò, quand’ero ragazza.

Si voltò, si accarezzò i capelli e si specchiò nella vetrina di un negozio d’antiquariato. Non guardò i vecchi mobili di mogano chiaro che pure le piacevano. Si guardò. E si piacque ancora. Senza emozione ma si piacque. Di un piacere sottile, misurato. Gli anni erano passati, erano volati inquieti e veloci. Ma si vide ancora bella. Bella come poteva esserlo una signora della sua età, che nonostante le ferite era contenta di essere arrivata, in qualche modo, al porto sicuro dell’età matura. Senza avere messo mai la testa a posto. Forse meno intrigante, adesso. Ma ancora bella ed elegante.

Si sorrise di un sorriso pacato. Appagato. Senz’ombre. O almeno si sforzò, stirando gli angoli della bocca, di non farle apparire. Non faceva più molta fatica a chiudere la porta in faccia ai rimpianti quando bussavano. Aveva imparato. E si era adeguata a far derivare dai sogni che non si avverano mai solide ragioni per continuare a vivere.

(Tratto dal romanzo “Il domatore di principesse” di Roberto Bianchin, I Antichi Editori, vincitore del Premio “Locanda del Doge” 2018 per la narrativa. Per gentile concessione dell’Editore).

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Un elefantino al circo equestre (fonte:Libri, cinema, arte,…

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