Le bambine
sono buone

La calma prima della tempesta

Qualche volta con l’Agata (mia nipote) prendo il vaporetto anche se preferisco andare a piedi, lo faccio quando vedo che ha dei cedimenti o che non è dell’umore giusto, per tutelarmi insomma perché non vorrei che piantasse una delle sue sceneggiate napoletane in cui, saltuariamente, è maestra.

VENEZIA — Aveva due anni, the terrible twos, come dicono giustamente gli inglesi grandi educatori, ed andava all’asilo nido Il Glicine che sta in fondo, dopo il Paradiso Perduto, in fondamenta della Misericordia. Quel giorno sono andata a prenderla munita di acqua e merenda come sempre.

L’Agata, che parlava in continuazione, era muta e cosi è rimasta mentre sotto un caldo sole di maggio percorrevamo la lunga ed assolata fondamenta.

Pensavo che forse aveva bisogno di smaltire le fatiche dell’asilo, giocare per sei ore con gli altri bambini, lontano dalla mamma non è cosa da poco.

Del resto anch’io quando insegnavo e ritornavo a casa da scuola, dopo cinque ore di lezione a contatto con problematici adolescenti, stavo in poltrona inebetita per una buona mezz’oretta e tutti in casa sapevano che stavo descolarizzandomi.

Così guardavo con tenerezza nonnesca questa tenera e dolce bambina che, silenziosa, mi camminava accanto e pensavo: «Le bambine sono proprio fatte di un’altra pasta, silenziose educate e composte».

Ricordavo quando andavo a prendere all’asilo mio figlio Paolo che, appena fuori della porta della scuola schizzava via, e correva così veloce che mi era impossibile riprenderlo.

Sorridevo come fanno le nonne orgogliose di una nipote buona e brava. Così assorte eravamo arrivate al ponte dove c’è il Billa.

L’Agata improvvisamente mi ha lasciato la mano e si è distesa per terra a pancia in giù battendo sul selciato forsennatamente le mani ed i piedi, piangeva e gridava che lei restava lì fino a quando non fosse venuta la mamma.

Non mi è restato altro che sedermi sul ponte ad aspettare che la tempesta si placasse mentre la gente intorno mi guardava trucemente e la bambina continuava ad urlare ed agitarsi distesa per terra.

Anche l’altro giorno mi sembrava che l’Agata fuori dall’asilo non fosse dell’umore giusto e così le ho chiesto se era stanca e volesse andare in vaporetto.

«Perché me lo chiedi?» le ho ricordato l’episodio dell’asilo nido. L’Agata mi ha sorriso ed ha detto:

«Non preoccuparti nonna adesso sono grande». ★

Collage, sullo sfondo: Walther Firle (1859-1929), Il libro…

Le bambine sono buone