L’esercito
del surf

Noi siamo i giovani, i giovani più giovani. Cioè: l’altra mattina, non avendo come di consueto nulla da fare, passeggiavo per Venezia con il proposito di mettere a confronto due tra le chiese gotiche più belle della città (la terza, la Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari vulgo dicta dei Frari era fuori giro: di là dall’acqua): la basilica dei Santi Giovanni e Paolo e la chiesa di Santo Stefano. Siamo l’esercito, l’esercito del surf.

Nella basilica di San Zanipolo, come viene detta nel dialetto che ormai nessuno parla più correttamente, sono sepolte con relativi monumenti più marmorei che bronzei e più o meno equestri intere infornate di dogi e condottieri della Serenissima, più alcune dogaresse. Noi siamo i giovani, i giovani più giovani. Nella chiesa di Santo Stefano, che è più piccola, ce ne sono ovviamente di meno. Siamo l’esercito, l’esercito del surf.

La caratteristica comune che immediatamente salta all’occhio anche di uno svagato osservatore quale io sono, è che i monumenti ritraggono i gloriosi defunti se non trapassanti, almeno colti nella loro tarda se non tardissima età. Noi siamo i giovani, i giovani più giovani. In effetti tutti questi dogi, capitani da mar, capitani de tera, dogaresse, condottieri, quasi tutti terribili combattenti fino all’ultimo dei loro giorni, non tutti con la spada, alcuni con gli zecchini, altri con la pazienza, sono passati a miglior vita molto oltre il loro settantesimo anno di età. Noi siamo i giovani, i giovani più giovani.

Citiamo alla rinfusa e solo i casi eclatanti. Il titanico triorchide Bartolomeo Colleoni, che se ne sta lì fuori a cavallo in campo San Giovanni e Paolo, morì a ottant’anni e solo all’ultimo smobilitò le truppe e chiese inascoltato di ritirarsi dal servire la Repubblica. Noi siamo i giovani, i giovani più giovani. All’interno della chiesa sono sepolti tra i tantissimi Mocenigo: Pietro che si spense a settant’anni per la malaria contratta durante una campagna militare, nel 1476; e suo fratello Giovanni (doge anch’egli subito dopo) che morì a settantasei anni per aver preso la peste per la seconda volta (ripeto: per la seconda volta); non può mancare l’eroe di Lepanto, il generale da mar Sebastiano Venier, che a settantacinque anni combatteva in savate (pantofole, non l’arte marziale) armato di balestra sulla tolda della galea di comando e che a ottantuno anni fu eletto doge (si dipartì a ottantadue). Ci manca solo Enrico Dandolo, che a novantasette anni, mezzo cieco, guidò lo sbarco a Costantinopoli nel 1024, ma venne sepolto a Santa Sofia, e di lui non resta lì che una lapide. Siamo l’esercito, l’esercito del surf.

Noi siamo i giovani, i giovani più giovani. Ma è infine nella chiesa di Santo Stefano, che più piccola com’è non può certo competere con lo sfarzo ufficiale di San Zanipolo. Siamo l’esercito, l’esercito del surf. Sopra il portone d’ingresso c’è un momento equestre che ritrae, di profilo, il doge Domenico Contarini (secondo). Il doge, ritratto in età avanzatissima, ha la tipica testina degli inossidabili ottuagenari veneziani, così simile a quella dei colombi, naso adunco e mento altresì uncinato. il doge Domenico Contarini (secondo) non rifulse in nulla nella sua vita, e sotto il suo dogato dovette persino subire la terribile sconfitta e perdita di Candia dopo lunghissima violentissima guerra. Noi siamo i giovani, i giovani più giovani. Lo elessero doge quand’era già settantaquattrenne, vedovo e ritirato in montagna, dopo una vita in senato. Siamo l’esercito, l’esercito del surf. Rimase in carica per sedici anni e, sebbene il ruolo del doge sia stato alquanto marginale nelle decisioni reali, tenne botta a una serie di difficili momenti. L’ultimo anno e mezzo di vita lo trascorse a letto, bloccato da un’emiparesi, ma sempre in carica; morì quindi a novant’anni, o forse novantaquattro dato che c’è una piccola incertezza sulla sua data di nascita. Noi siamo i giovani, i giovani più giovani.

Se pensiamo che le condizioni di vita di quei secoli non erano lontanamente paragonabili a quelle di oggi: non solo non c’era la televisione, ma nemmeno un disinfettante, né un’aspirina, e neanche un telefono a muro, appare quanto meno probabile che settant’anni di quei tempi equivalgano almeno a novant’anni di oggi.

Noi siamo i giovani,
i giovani più giovani.
Siamo l’esercito,
l’esercito del surf.

[…]

Balla insieme a me,
balla insieme a me
poi ti passerà.

L’ESERCITO DEL SURF (Pattacini — Mogol) canta Catherine Spaak, 1964

L'esercito del surf