Lettera di una lesbica
a un monsignore

Sul caso che scotta dell’educazione nelle scuole

Monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha sferrato un duro attacco alla diffusione nelle scuole dei libri dell’istituto Beck intitolati Educare alla diversità a scuola e ispirati alla teoria del gender. Per il cardinale, che sostiene il diritto di astenere i propri figli da quelle lezioni, si vuole «colonizzare le menti dei bambini e dei ragazzi con una visione antropologica distorta». Rosaria Iardino, lesbica, consigliere comunale del Pd di Milano, gli ha scritto questa lettera aperta.

Caro Monsignor Bagnasco,

le chiedo scusa se la importuno con questa mia. Mi rendo conto che il suo è tempo preziosissimo, fatto di preghiera e notevoli impegni istituzionali. Le chiedo scusa, ma mi consolo pensando che io non esisto e che, in quanto tale, le dovrei arrecare un disturbo impercettibile. Non ci sono in quanto lesbica. E a questa conclusione arrivo interpretando la sue ultime dichiarazioni.

In più, in quanto compagna di un’altra lesbica, può essere che nemmeno lei esista; e sempre stando alla sua santissima prospettiva, Monsignore, la stessa sorte potrebbe riguardare nostra figlia, avuta con la procreazione medicalmente assistita e per l’altra ragazza che vive con noi, avuta dalla mia compagna in un precedente rapporto eterosessuale, nemmeno santificato dal matrimonio.

Che loro non esistano, Eccellenza, la ritengo una sua verità ed una considerazione che mi allontana dall’istituto che rappresenta, ovvero quella Conferenza Episcopale Italiana che da sempre osteggia il progetto Educare alla diversità a scuola, un piano da tempo proposto dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali ma mai decollato.

Ora il suo di ostracismo è espresso chiaramente in un video che circola in rete, in cui lei esordisce domandandosi se effettivamente i libri riguardanti questo progetto, che lei identifica considerandolo ispirato alla «teoria del gender», siano scomparsi dalle scuole italiane. Non dovesse essere così, sventola il pericolo di «instillare preconcetti contro la famiglia e la fede religiosa», o di «colonizzare le menti dei bambini e dei ragazzi con una visione antropologica distorta».

Questa antropologia sbagliata sarebbe la mia? Allora faccio bene a considerare le sue affermazioni negazioniste sull’esistere stesso della sottoscritta. Voi però, Eccellenza, esistete. Esistono certi convegni che organizzate e che portano in cattedra “illustri” esponenti della ricerca clinico-universitaria, che mettono addirittura in dubbio la veridicità di categorie quali quella dell’omosessualità. Perché oltre ai sessi maschili e femminili – al di là della biologia – ritenete che non esista altro, e parole che sostanzino terze vie siano inutili, vuote, arrivando al paradosso che vuoto vi risulti pure il termine eterosessualità.

Caro Monsignore, convegni che mettono sul piatto simili fandonie hanno ragion d’essere? Ed hanno ragione di parteciparvi, tra gli altri, personaggi accusati di molestie su minori e che avrebbero avuto l’obbligo di vita solitaria e lontana da eventi pubblici? Evidentemente sì, perché tutto si è svolto sotto il plauso di centinaia di astanti ed altrettante urla, quando un giovane cattolico e gay ha provato ha sollevare qualche dubbio sul tema.

Vede Monsignor Bagnasco, nei piani di educazione alla diversità c’era semplicemente il proposito di spiegare agli insegnanti delle nostre scuole, affinché con coscienza di causa ne possano parlare ai propri alunni, che non sono vere le conclusioni di quel convegno; che non è vero che la sottoscritta è solo il frutto della «teoria dei gender» e che la mia famiglia è il semplice surrogato di quella chiamata naturale.

Monsignor Bagnasco, spiegare a scuola chi io sia, per me è molto importante. Prima di tutto è uno scatto di conoscenza verso il quale non capisco perché abbiate tutta questa diffidenza. In fondo mica siamo la negazione di Dio. E allora evitiamo di lasciare i nostri giovani nell’ignoranza; chiariamogli al meglio ciò di cui è fatta la natura – sia materiale, ma anche spirituale e morale. Diciamogli tutto.

Lo facciamo per loro, ma anche per noi, caro Monsignore. Perché non spiegarci significa non riconoscerci; e chiunque faccia questo, consapevolmente, commette un peccato mortale. Non spiegarci rischia appunto di non farci esistere: sconosciuti al prossimo, significa essere sconosciuti alla società e finire in un’oscurità senza diritti, fatta di discriminazioni, di violenza e di razzismo.

Questo non può e non deve essere pacifico, perché per troppo tempo ci siamo nascosti e ora è il momento di venire fuori! So che lei, Monsignor Bagnasco, si augura il contrario, ma io spero davvero che i libri dell’istituto Beck, che avrebbero dovuto educare alla diversità, in un modo o nell’altro siano comunque finiti nelle mani dei nostri maestri e professori e che vogliano utilizzarli.

Ma lei, caro Monsignore, non si dolga. In fondo, ai suoi occhi, questo è un incubo che non esiste.

Angelo Bagnasco.

Lettera di una lesbica a un monsignore