L’unica vittima
del paròn
de casa

E il Proto di San Marco, che era ammalato, si prese tutta la colpa

Quando il campanile di San Marco crollò non ci furono vittime, neanche un colombo si usa dire. Eppure una vittima postuma e incolpevole del crollo ci fu: il proto di San Marco, ovvero il responsabile della conservazione e dei restauri della basilica di San Marco, nonché progettista e direttore dei restauri di numerosi altri monumenti veneziani e veneti (tra i quali la Scuola Grande di San Rocco), Pietro Saccardo. Prima accusato, poi denigrato, per il crollo: vecchio e cagionevole e amareggiatissimo ne morì, per poi essere post mortem riabilitato e decorato alla memoria.

Il testo che segue fu un lucido tentativo di difesa, pubblicato sulla rivista The Architectural Record nel dicembre 1902, con il titolo Il Campanile di San Marco a Venezia —Una descrizione autentica delle circostanze che comportarono il suo crollo.

Eccolo.

La costruzione del campanile di San Marco a Venezia, che fu eretto tra il decimo e l’undicesimo secolo, fu influenzata dai grezzi metodi di quel periodo.

Le murature erano composte di grandi mattoni di misura diseguale, ottenuti dalla distruzione di antichi monumenti.

Le superfici visibili dei muri erano fatte di mattoni disposti in modo quasi regolare, ma all’interno i mattoni erano disposti irregolarmente e legati da malte di qualità inferiore. Ciò fu provato dal crollo in cui l’edificio si abbassò su sé stesso in una montagna di piccoli frammenti dai quali sorse un’enorme nuvola di polvere.

Il campanile subì riparazioni in molte occasioni, nel corso dei secoli; ma queste, per la maggior parte, furono limitate alla cella campanaria, la cui forma finale fu in stile rinascimentale.
Secondo le informazioni che si hanno dalle cronache, sembra che il corpo del campanile non abbia avuto nient’altro che parziali riparazioni prima del diciottesimo secolo. Tuttavia venne stuccato e dipinto ad imitazione dei mattoni, e tale rivestimento era, negli ultimi anni, visibile solo in parte.

Era circa la metà del secolo in questione, ed esattamente il 1745, che un fulmine provocò delle gravi fessurazioni, sul lato sopra la loggetta del Sansovino, e che questa parte dovette essere completamente riparata.

Il lavoro fu eseguito sotto la direzione dell’illustre Bernardino Zendrini, l’ingegnere della Repubblica, e costò 6800 ducati, una somma molto considerevole per quei tempi. Questo restauro, dovrebbe essere notato con attenzione, consistette di un muro esterno di muratura di mattoni simile a quello usato ai tempi nostri, posto in opera con una malta di calce e pozzolana in tal modo che questo lato del campanile presentava un ‘apparenza veramente moderna.

Tuttavia, poiché i mattoni del nuovo muro esterno non potevano essere legati a quelli del muro interno (antico), furono sistemati grossi blocchi di pietra quadrati ad unire le due parti.

Le bianche superfici esterne di quest’ultime erano visibili, sparpagliate sulla superficie del muro, e sistemate ai suoi angoli.

Questa muratura esterna rimase in buone condizioni fino al 1898, e poi ebbe solo bisogno di alcune piccole riparazioni nella parte alta, che furono richieste da fessurazioni di poca importanza, che non influenzavano la stabilità generale del campanile. Dunque il campanile di San Marco avrebbe potuto rimanere in piedi per molti secoli, se mano d’uomo non fosse intervenuta a causarne la sua rovina.

Il mese passato di Giugno, l’ufficio regionale per la conservazione dei monumenti in territorio veneziano, che era incaricato delle riparazioni della loggetta, iniziò la sostituzione della copertura in piombo del tetto di questo piccolo monumento.

Dato che la loggetta era costruita addosso al lato del campanile, il tetto si appoggiava al suo muro, e presso la linea d’unione era costruita, in questo muro, una cornice in aggetto e spiovente, che impediva alla pioggia di infiltrarsi nel giunto tra la copertura di piombo e la superficie del muro.

Coloro che erano alla direzione di tale lavoro, nella necessità di rinnovare le lastre di piombo, ebbero la sfortunata idea di rimuovere la cimasa aggettante, con l’intenzione di risistemarla immediatamente, e nell’intenzione di far ciò essi provocarono un taglio nel muro del campanile che penetrava orizzontalmente per più di due terzi della sua profondità. In tal modo essi indebolirono seriamente la base del muro esterno, che fu costruito dallo Zendrini, come sopra spiegato.

Bisogna notare che a quest’altezza il muro esterno era più sottile che sopra, poiché a questa quota fu dato ad esso uno spessore molto più considerevole, ovvero ai punti dove il fulmine causò le maggiori fessurazioni sull’antica muratura, mentre più in basso un muro sottile servì allo scopo.

Ma questa era anche la parte soggetta ai maggiori sforzi, poiché doveva sopportare, per una grande porzione, l’intero peso del muro sopra.

Per aggiungere l’ultimo tocco a tale sfortuna, successe che, nel tagliare parte per parte il muro esterno, quello interno venne danneggiato in certi punti e questo taglio causò la caduta di una grande quantità di detriti, creando di conseguenza uno spazio cavo all’interno, che si allungava verso l’alto e che non poteva essere riempito.

In tal modo, o come risultato del taglio orizzontale, che fu lasciato aperto per molti giorni, o per via della cavità che venne provocata all’interno del muro, la muratura esterna del 1745 fu spostata fuori piombo ed all’interno del campanile iniziarono a farsi notare percettibili movimenti.

Durante questo tempo l’ingegner Saccardo, architetto in carica per la Basilica di San Marco, era ammalato e nessuno gli riferì che il lavoro stava procedendo.

Nonostante ciò, non appena l’ufficio regionale lo invitò a visitare il campanile il giovedì 10 Luglio, egli lo fece, a dispetto della sua malattia, ma immediatamente capì che ogni tentativo di rimedio sarebbe stato inutile e che l’unica cosa che si poteva sperare era che, qualora il taglio fosse stato riempito nuovamente, il muro esterno potesse riacquisire la sua stabilità. Va fatto notare tuttavia che, sebbene l’architetto della Basilica fosse stato avvisato del taglio nel muro esterno, egli non venne messo al corrente della presenza della cavità all’interno, cosicché, fino al punto in cui la sua conoscenza poteva arrivare, le sue speranze erano giustificate.

E anche importante notare che, fino al fatidico giorno, sui muri esterni non apparirono ovvii segni di pericolo.

Fu così fino a Domenica 13 Luglio, quando sull’angolo nordest del campanile iniziarono ad apparire delle fessure, di carattere talmente minaccioso che l’architetto Saccardo, sebbene ancora ammalato, fu obbligato a dare immediate disposizioni, di carattere inflessibile, per la pubblica sicurezza.

Infatti il Lunedì seguente, alle dieci meno cinque della mattina, il campanile cadde. Dalla maniera in cui avvenne questo crollo si ebbe prova che la diretta ed unica causa della catastrofe fu il taglio praticato nel muro esterno del 1745 ed il danno causato da quest ‘azione nella muratura antica interna, visto che il collasso iniziò con il crollo totale del menzionato muro esterno, che precedette di vari secondi la completa rovina del campanile. Possiamo ringraziare la provvidenza di non aver avuto da lamentare alcun sacrificio di vite umane e che la Basilica di San Marco, sebbene posta a pochi metri di distanza dal campanile non venne danneggiata in nessun modo dal suo crollo.

Bisogna aggiungere tuttavia che una vittima vi fu, e questa vittima fu il signor Pietro Saccardo, architetto della Basilica, che avendo lavorato negli anni passati al restauro del campanile, dovette patire il dolore di vedere il suo impegno interrotto da congiure di avversari invidiosi.

In quest’ultima occasione egli venne rimosso dal suo incarico con enorme ingiustizia, anche se temporaneamente, malgrado l’ovvia evidenza della sua completa innocenza, e senza riguardo per la sua età, per i suoi quarant’anni di servizio e per la sua instabile salute, mentre il vero colpevole della catastrofe sta ancora tranquillamente al suo posto. Cherchez la femme — la politique.

Un’investigazione è però in corso, per la quale si può sperare che sia fatta giustizia, se ancora in questo mondo vi sia un atomo di giustizia da ottenere.

E se, contro tutte le prove, quella giustizia non dovesse esser fatta, è solo l’architetto, Saccardo, che verrà danneggiato, insieme alla moltitudine di suoi amici che pochi mesi dopo lo hanno onorato con una medaglia d ‘oro per i suoi servizi alla Basilica di San Marco.

[traduzione di Giovanni Vio da: The Architectural Record, vol. XII, nー 7, Dicembre 1902; New York:, tratto da IL CAMPANILE DI SAN MARCO — Il crollo e la ricostruzione (14 luglio 1902 — 25 aprile 1912) a cura di Umberto Franzoi ISBN/EAN:88-366-0399-8. Silvana Editoriale, Milano, 1992].
Dal 2001 l’Archivio Saccardo è consultabile presso l’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti.

Pietro Saccardo (immagine gentilmente concessa da Maria…

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