Ma Dumbo non c’è più

Se anche il circo Barnum, il più grande del mondo (Ringling Bros and Barnum & Bailey, per l’esattezza), ha deciso di rinunciare agli elefanti, significa che la battaglia in favore del circo con gli animali è proprio perduta. Qualcuno ne soffrirà, come gli appassionati di circo e i bambini, che non avranno altre occasioni per vedere gli animali. Altri se ne rallegreranno, come le associazioni animaliste, che conducono da tempo una violenta offensiva contro i circhi con gli animali.

Eppure il Barnum aveva vinto negli Usa parecchie cause in tribunale, con risarcimenti di molti milioni di dollari, contro alcune associazioni animaliste che avevano dichiarato il falso sui maltrattamenti agli animali sulla base di una denuncia fatta per vendetta da un dipendente licenziato dal circo. Non è bastato. Anche il mitico Barnum alla fine ha ceduto alle proteste, alle pressioni, alle intimidazioni, alle campagne denigratorie, alla mutata sensibilità del pubblico.

L’impressione è che stia finendo un’epoca. Unica e irripetibile, che è durata più di duecento anni, dalla fine del Settecento. Quella del circo con gli animali. Tra un po’ non ve ne saranno più. Anche il Knie, il più importante circo svizzero, ha rinunciato agli elefanti, che erano il suo emblema, guidati per decenni da Franco Knie, uno dei migliori addestratori al mondo. Ufficialmente lo ha fatto per consentire agli elefanti di riprodursi, una pausa di un anno. Ufficiosamente, si dice invece che in pista non ci torneranno più. È successo lo stesso anche al Roncalli, il più bel circo tedesco, dove anche Bernard Paul, stanco delle continue proteste davanti al suo bel tendone all’antica, ha rinunciato, sia pure a malincuore, agli animali. In Italia lo aveva già fatto parecchi anni fa, con le lacrime agli occhi, Nando Orfei, uno dei più grandi domatori di belve.

Il Barnum ha fatto i suoi due ultimi, commoventi spettacoli con i suoi undici elefanti, sei a Providence nel Rhode Island, cinque a Wilkes Barre in Pennsylvania. Ora andranno tutti in pensione presso un Centro di conservazione degli elefanti di proprietà della Feld Entertainment, la società proprietaria del circo. Pensare che proprio la figura dell’elefante era stata a lungo il simbolo del Barnum. Si chiamava Jumbo (che ispirò poi Dumbo, il celebre film della Disney), era un maschio africano enorme, alto la bellezza di quattro metri. Veniva dal Sudan. Nel 1861 fu venduto al Jardin des Plantes di Parigi, poi ad uno zoo di Londra, quindi, nel 1882, al circo Barnum negli Usa, nonostante una petizione di centomila bambini alla Regina perché rimanesse in Inghilterra. In America Jumbo divenne l’attrazione principale del circo. Quando morì, investito da una locomotiva, gli costruirono un monumento. Ora «vive» al museo di storia naturale di New York.

Per gli elefanti, in realtà, i problemi, più che dai circhi, vengono dai bracconieri, che in Africa li ammazzano in grande quantità e senza alcuna pietà per privarli delle zanne, richiestissime (e pagatissime) sul mercato clandestino dell’avorio. Si calcola che vengano uccisi per questo motivo qualcosa come cento elefanti al giorni nei vari Paesi dell’Africa, e che negli ultimi dieci anni il numero degli elefanti nel mondo sia diminuito del 62 per cento. Una strage che non sembra interessare a nessuno, tanto meno agli animalisti. Più facile prendersela con i circhi, l’ultimo anello della catena, il più fragile, dove gli elefanti non sono decine di migliaia, ma sono soltanto, non suonasse offensivo, quattro gatti. Senza contare che gli elefanti, e anche gli altri animali, stanno meglio nei circhi che altrove, dove nella maggior parte dei casi sono trattati con amore, non si annoiano e si riproducono. Fuori, invece, come dicono i soci del Club Amici del Circo italiano, si estinguono. Senza contare che, come sosteneva il Principe Ranieri di Monaco, grande esperto e appassionato di circo, fondatore del più bel festival di circo del mondo, il circo è nato con gli animali, e se non ci fossero gli animali diventerebbe un music hall.

La figlia Stéphanie, che ha ereditato dal padre la stessa passione, e dirige il prestigioso festival monegasco con entusiasmo e competenza (lei ha anche due elefanti, Baby e Nepal, che ha salvato dalla morte e accudisce personalmente in una sua tenuta), la pensa allo stesso modo. E sostiene la necessità di regole severe, magari una regolamentazione europea valida in tutti gli Stati, per prevenire e punire nei casi, accertati, di maltrattamenti. In più di un’occasione a Montecarlo hanno rifiutato dei numeri, pur dopo averli ingaggiati, quando hanno riscontrato che gli animali non erano trattati nelle migliori condizioni.

Ma la lotta contro i pregiudizi è dura. Per questo l’European Circus Association, voluta proprio dalla Principessa Stéphanie, ha stilato un decalogo con Dieci buone ragioni per dire sì agli animali nei circhi, che si può leggere su circo.it il sito dell’Ente Nazionale Circhi.

Intanto, oltre agli elefanti, scappano dai circhi anche i leoni. La Animal Defenders International, un’associazione animalista, ha strappato trentatré leoni da circhi del Perù (24) e della Colombia (9), sostenendo che erano trattati malissimo, alcuni erano senza artigli, altri ciechi e senza denti. I leoni sono stati inviati dal Sudamerica al Sudafrica, dove saranno liberati in una riserva naturale di cinquemila ettari di savana chiusi al pubblico, la Emoya Big Cat Sanctuary. Speriamo che sopravvivano.

LA PAGELLA
Circhi con gli animali: voto 10
Associazioni Animaliste: voto 4
Ringlin Bros and Barnum & Bailey: voto 5,5
Jumbo: voto 10
Stéphanie di Monaco: voto 10

www.circo.it

Jumbo, il gigantesco elefante a lungo simbolo del circo…

Ma Dumbo non c'è più