Mackie Messer
ha un coltello
ma vedere non lo fa
Al Piccolo Teatro Strehler di Milano
Felice e scoppiettante la rilettura di Damiano Michieletto de «L’opera da tre soldi» di Bertolt Brecht e Kurt Weill, che ha fatto segnare il record di spettatori e di incassi al Piccolo Teatro di Milano. Ottimi i musicisti dell’orchestra Verdi e bravissimi gli interpreti, da uno straordinario Beppe Servillo a una magnifica Rossy De Palma, l’attrice preferita da Almodòvar. Intrigante l’intreccio fra parole e musica, in un lavoro che è un ibrido strano fra l’opera e il musical.
MILANO – Mostra i denti il pescecane, e si vede che li ha. Mackie Messer ha un coltello, ma vedere non lo fa. Ti resta in testa e non va più via quel ritornello facile e orecchiabile, indovinato, della ballata del bandito, composta da quel bizzarro musicista di Kurt Weill (1900-1950), per quel capolavoro inossidabile che rimane “L’opera da tre soldi” di Bertolt Brecht (1898-1956).
Un capolavoro che prende nuova vita, e si colora di attualità, con i poveri di una volta che sulla scena diventano i migranti di oggi chiusi in una gabbia (“Le diseguaglianze non sono mai state così attuali” spiega il regista), nella nuova versione di Damiano Michieletto (Scorzè in provincia di Venezia,1975), che al Piccolo Teatro Strehler di Milano ha fatto segnare il record di spettatori e di incassi in due mesi di repliche filate.
Rispettoso, come sempre, della storia, come delle partiture originali, Michieletto ambienta l’opera nell’aula del tribunale che processa Mackie Messer, ed è lo spunto per raccontare la sua vita scellerata. Ma anche, e soprattutto, per una denuncia del potere dei soldi e della corruzione delle classi dirigenti, giudici compresi. Già quella volta, quasi un secolo fa (l’Opera da tre soldi è del 1928).
Ne vien fuori una rilettura esuberante, travolgente e intensa, piena di ritmo e di trovate, senza un attimo di pausa o cali di tensione. Persino poetica e divertente, in certi punti. Ottimi i musicisti dell’orchestra sinfonica Giuseppe Verdi, e bravissimi gli interpreti, che sanno cantare e recitare insieme, talora anche ballare. Del resto l’Opera da tre soldi, chiamata così dal prezzo del biglietto, che doveva essere basso a quel tempo, perché anche i poveri potessero andare a vederla, è un ibrido strano. Non è lirica e non è musical, e non è neanche prosa. Eppure tutti recitano, cantano, ballano. Lo stesso Brecht l’aveva definita “un pezzo con musica”.
Spicca, su tutti, la bravura di Beppe Servillo nei panni di Jonathan Peachum, il cinico e losco faccendiere che controlla il traffico dei mendicanti della città (molto attuale, anche questo), e di Rossy De Palma, l’attrice spagnola preferita da Almodòvar (“Lègami”, “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”), in quelli di Jenny delle Spelonche, la capa delle prostitute, la cui vendetta sarà la chiave decisiva dell’arresto di un Mackie Messer (Marco Foschi, un filo sopra le righe), che per spavalderia e movenze ricorda un po’ Felicetto Maniero, il capo della mala del Brenta. Un ruolo, quello di Jenny, che in passato già fu di due straordinarie cantanti come Milly (Carla Mignone, 1905-1980) e Milva (Maria Ilva Biolcati, 1939), mentre nelle parti maschili si alternarono artisti come Modugno, Carotenuto, Carraro.
“Il sottoproletariato che pareva destinato a scomparire con la rivoluzione industriale – spiega il regista – è invece la nostra realtà di oggi. Perché il divario tra ricchi e poveri, tra Nord e Sud del pianeta, si è fatto abisso. La miseria dei tanti alimenta l’opulenza dei pochi, la diseguaglianza si è fatta sistema, e il sistema, per tener fuori chi non ne fa parte, erige i muri”.
Michieletto racconta di essersi immerso “in un materiale complesso e affascinante” che lo ha riportato ai suoi inizi teatrali per la contaminazione tra parola e musica. “L’opera da tre soldi – dice – è uno dei testi che mi hanno più appassionato quando ho cominciato a scoprire il teatro. Portarla in scena è stato come tornare a un innamoramento giovanile, e al tempo stesso confrontarmi con un testo che ha scritto la storia del teatro. Tutto questo mi ha dato una grande adrenalina e non mi ha fatto sentire solo, ma in compagnia di quanti prima di me si sono misurati con questa sfida. Mi ha dato la giusta dose di necessaria incoscienza e la voglia di prendermi il rischio di provarci. Ho vissuto settimane di divertimento e di passione, con la gioia profonda di fare questo lavoro”.
LA PAGELLA
L’Opera da tre soldi: voto 8,5
Damiano Michieletto: voto 9
Beppe Servillo: voto 8,5
Rossy De Palma: voto 7,5
Marco Foschi: voto 6,5
Orchestra Verdi: voto 8