No News 24

Il tempo che fa, parlando di informazione, è pessimo. Raccontano per esempio che l’esperimento di Rai News 24, cioè di una rete interamente dedicata alle notizie, sempre in diretta, sempre in tempo reale a tutte le ore del giorno e della notte, non stia dando i risultati sperati in termini di ascolti.

E ciò nonostante gli sforzi dell’azienda, un consistente lancio pubblicitario, e l’impegno della pur brava Monica Maggioni, la direttrice, una che il mestiere di giornalista lo conosce davvero, anche per averlo fatto ottimamente, da inviato, nei posti più canaglia del mondo.

E non è tanto che Rai News 24 sconti il ritardo (comunque pesante) con cui è arrivata sugli schermi un bel po’ di tempo dopo Sky Tg 24. Anche l’impeccabile (ma un po’ freddino) telegiornale dell’equilibratissima Sarah Eugenia Varetto, pare infatti che cominci a perdere qualche colpo. E se si pensa che non se la passa troppo bene nemmeno la storica Cnn, capostipite dell’informazione da corsa, si può ben capire la portata planetaria della crisi.

Gli esperti del ramo, in vari paesi del mondo, sono portati a ritenere che la perdita di ascolti, che colpisce più o meno tutti, non dipenda tanto da uno scadimento qualitativo di questo o quel telegiornale, quanto piuttosto da un cambiamento delle abitudini delle popolazioni, che non guardano più la televisione per avere delle notizie. In buona sostanza, la stagione delle all news, che pure è stata abbastanza breve, sarebbe già tramontata. Finita. Irreparabilmente passata di moda.

Non disponiamo di elementi per confermare o smentire questa tesi. Se però corrisponde al vero che la gente non segue più le notizie in tivù, viene da chiedersi dove le vada a cercare, dal momento che i giornali di carta, a cominciare dai quotidiani, stanno vivendo una crisi ancora maggiore, a causa del crollo verticale delle copie vendute in edicola.

Verrebbe quasi da pensare che la gente in realtà non sia più interessate alle notizie («tanto sono sempre uguali e sempre brutte” brontolano). I soliti esperti del ramo — di cui peraltro personalmente diffidiamo — hanno una risposta anche per questo: la gente è ancora interessata alle notizie, ma non le va più a cercare sulla carta stampata né alla televisione. E dove, allora?

Nel web, è la risposta. Nei siti dell’informazione on-line, quelli dei grandi giornali italiani (poco in quelli stranieri), ma anche nella miriade di blog di varia natura, dove si scambia spesso per informazione quella che in realtà è disinformazione, talora anche provocazione, dileggio, insulto, falsità.

Non ci sarebbe niente di male, comunque, anche se l’attenzione dei lettori si trasferisse tutta nei siti di informazione in rete dei giornali, comodamente raggiungibili a tutte le ore e da qualsiasi luogo, dai propri computer, ipad, iphone, smartphone e quant’altre diavolerie uno possegga.

Il problema non è questo. Non è cambiare il mezzo. Non è sostituire la carta e lo schermo televisivo con il proprio computerino da passeggio. Il problema è che l’informazione on-line non costa niente al lettore. Forse anche per questo oggi sembra essere la preferita. Perché è gratis. Bellissimo, no?

No, bruttissimo! Perché l’informazione gratis è certo un bel regalo per l’utente. Ma è un pessimo affare per chi la fa l’informazione. Perché fare una buona informazione costa. E costa parecchio. Solo un’informazione indipendente economicamente può permettersi il lusso di essere libera, e quindi credibile.

Purtroppo il tragico errore fatto dagli editori è stato quello iniziale di lasciare che l’informazione in rete fosse gratuita. E ora è difficile mettere un prezzo, anche minimo, a qualcosa che fino a ieri la gente si era abituata ad avere gratis. Ma per il futuro bisognerà prima o poi, in un modo o nell’altro, magari per gradi, incamminarsi su questa strada. Altrimenti c’è il rischio che l’informazione in rete rimanga sì gratuita ma diventi piano piano sempre più condizionata da chi la paga per farla esistere. E quindi sempre meno libera.

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