Origliando
nel passato

Archeologia acustica nella Venezia del Rinascimento

Ricostruita al computer (e ascoltabile in rete) l’acustica delle due più famose chiese veneziane. Autori i ricercatori Braxton Boren e Malcom Longair, rispettivamente della New York University e dell’University of Cambridge.

Confrontando l’acustica con le chiese vuote, la stessa di oggi, e ricreando dei modelli computerizzati del suono — immaginando le chiese piene di gente, addobbi e paramenti, nelle solennità ufficiali — emerge la grande perizia architettonica con cui furono costruire o adattate alle necessità d’ascolto secondo le mode musicali del tempo. E gli esempi sono ascoltabili in rete (alla fine dell’articolo il lilnk).

La Basilica di San Marco e la Chiesa del Redentore: due luoghi d’immenso valore artistico, di straordinaria bellezza architettonica e luoghi di storiche celebrazioni liturgiche dove si sono scritte infinite pagine della storia di questa città. Così come sarebbe impossibile pensare a Venezia senza i canali, senza il silenzio notturno o il suono della marangona, così non è possibile pensare a Venezia senza queste due basiliche. Sembra che ogni cosa nata in questo labirinto di calli e canali sia stata costruita puntando al massimo risultato possibile: così anche questi due luoghi in cui, come da sempre, l’aspetto religioso è legato a una straordinaria ricerca musicale, gli aspetti legati all’acustica, alle qualità di un luogo dedicate alle rappresentazioni musicali, sono state curate nei minimi dettagli possibili.

Pensare oggi di mettere piede su delle pietre e dei mosaici dove una volta camminavano compositori come Adriano Willaert, Andrea Gabrieli, Claudio Monteverdi, Antonio Lotti, Benedetto Marcello e Antonio Vivaldi (per citarne solo alcuni), ci fa intuire l’importanza di questi luoghi: luoghi dove sono stati scritti alcuni dei capitoli più strepitosi della storia della musica. Venezia era una sorta di luogo di scambi con le varie culture europee e mediterranee, e ha fatto si che la Basilica di S. Marco diventasse un luogo dal punto di vista musicale tra i più importanti del mondo occidentale per secoli.

Una delle più straordinarie tecniche compositive consacrate in questo luogo, è la polifonia a doppio coro, chiamato anche coro spezzato. Si tratta appunto di composizioni scritte per due cori che cantano in posizioni differenti, quindi fisicamente separati, così da creare ricercati effetti stereofonici. L’utilizzo di questa divisione ha origini in realtà molto antiche, ma le prime testimonianze vere risalgono al XV secolo nel nord dell’Italia: e fu appunto a Venezia, dove la tecnica dei cori spezzati raggiunse una grande popolarità fino ad assumere un legame indissolubile con la basilica di S. Marco.

Ma in tempi recenti diversi storici hanno portato alla luce diverse questioni a proposito di questo periodo: come fu possibile ascoltare e percepire musica polifonica così complessa all’interno di simili chiese, dagli spazi enormi e pieni di riverbero? Quanto era chiaro l’effetto spaziale di un coro spezzato? Per rispondere a queste domande, è stato fatto ricorso all’archeologia acustica – una tecnica che ci permette di ascoltare ciò che si sentiva nella Venezia di 400 anni fa.

Chiesa del Redentore

Molte delle opere musicali innovative composte a Venezia a quell’epoca sono state eseguite durante le messe nella basilica di S. Marco e nelle altre chiese maggiori come la massiccia chiesa del Redentore, costruita da Andrea Palladio. I moderni studi mostrano che quest’ultima si adatta di più a ospitare esecuzioni di brani musicali molto veloci e di polifonie molto articolate. Il tempo di riverbero di questa chiesa – ovvero il tempo necessario affinché un suono svanisca – è più lungo di sette secondi. Questo riverbero crea un po’ di confusione nella musica veloce, riducendo la chiarezza e l’intelligibilità.

Nel rinascimento la chiesa del Redentore vuota, senza persone, deve aver risuonato in sostanza così come risuona nei giorni nostri. Veniva usata per un grande pubblico solo una volta all’anno durante la messa della festa del Redentore, alla presenza del Doge, con tutta la nobiltà e una parte della popolazione veneziana. Durante il resto dell’anno, i monaci che la frequentavano cantavano semplici canti monodici. Durante il giorno delle celebrazioni del Redentore invece, la chiesa era completamente piena di gente, di tappezzerie e sedie di legno poste per l’occasione nella navata. Consultando storici dell’architettura, è stato possibile fare una stima delle capacità assorbenti di tutti questi materiali e del pubblico. Per confrontare l’acustica odierna con quella del passato è stato elaborato un modello al computer della chiesa del Redentore come si presenta nei giorni nostri.

Le simulazioni acustiche di questo modello combaciano con le misurazioni di riverbero prese all’interno della chiesa senza decori in tempi odierni. Poi il modello è stato alterato, introducendo il pubblico, le tappezzerie e le sedie. Questo modello della chiesa addobbata a festa, portava a prevedere che le persone e le decorazioni avrebbero introdotto un significante assorbimento all’interno della chiesa. Infatti, il tempo di riverbero si è dimezzato. Questo ci indica che le chiese piene e completamente decorate possedevano, durante l’esecuzione di complesse polifonie, molto più chiarezza, ma un volume complessivo del suono inferiore.

Usando questo modello acustico si possono calcolare i tempi e la chiarezza in pratica di quasi ogni riflesso acustico all’interno della chiesa del Redentore. Se poi registriamo un coro che canta all’interno di una camera anecoica, cioè che non possiede alcun eco, possiamo unire questa registrazione anecoica con i riflessi acustici del modello, per poter così ascoltare come risuonerebbe il coro all’interno di questo spazio virtuale. Questo processo, chiamato auralizzazione, è molto utile per valutare l’acustica della chiesa nei diversi momenti storici. Quando combiniamo una singola registrazione anecoica con differenti modelli, possiamo ascoltare il cambiamento generale del riverbero.

San Marco

Ci sono ancora dei dubbi su dove esattamente venivano eseguiti i doppi cori nella basilica di S. Marco. Anche se in un determinato momento storico l’intero coro cantava in un singolo punto, ci sono altre testimonianze su come i due cori erano spesso anche molto distanti fra di loro. Una teoria afferma che l’architetto Jacopo Sansovino collocò le gallerie (chiamati pergoli) su entrambi i lati della navata, nella parte frontale della chiesa, per enfatizzare l’effetto stereo per il Doge che sedeva in mezzo. È sicuramente plausibile che l’architetto e i compositori che lavoravano in San Marco abbiano avuto più incentivi per compiacere il Doge (il loro datore di lavoro e il capo della Repubblica di Venezia), piuttosto che il resto del pubblico.

Misurazioni acustiche moderne hanno dimostrato che fonti sonore sistemate nei pergoli hanno un eccellente equilibrio tra riverbero e chiarezza proprio nella posizione che corrispondeva alla posizione della sedia del Doge. Persino con la basilica vuota, nella posizione del Doge il riverbero è di soli quattro secondi, mentre gli ascoltatori che si trovano nella navata vivono la stessa esperienza musicale, ma con un riverbero di quasi sette secondi. Per analizzare meglio la posizione del Doge, è stato costruito un modello acustico della Basilica di San Marco.

Gran parte delle informazioni uditive necessarie per comprendere quello che sentiamo è contenuto all’interno dei primi millisecondi di un suono che raggiunge le nostre orecchie. La chiarezza musicale è determinata dal rapporto tra questo suono iniziale che raggiunge una posizione e la successiva riflessione che crea il riverbero. Dal momento che una sorta di schermo formato da colonne separa il presbiterio dal resto della chiesa, il suono è molto più forte in quella zona. Un’analisi geometrica mostra che i pergoli di Sansovino aiutano a creare una linea visiva diretta dalla posizione del coro alla posizione del Doge. Le gallerie precedenti quelle di Sansovino non garantivano questa linea diretta e così il primo suono che arrivava al Doge rimbalzava prima su una parete e poi sul pavimento. Ciò ritardava il primo suono e lo rendeva molto attenuato, riducendo la chiarezza generale dell’esecuzione.

Ma con la sorgente virtuale messa ai margini del pergolo di Sansovino, il suono diretto arriva quarantacinque millisecondi prima ed è più forte di quattordici decibel. Tutto ciò migliora notevolmente la chiarezza del suono nella posizione del Doge.

Così come la chiesa del Redentore, anche la basilica di San Marco era piena di persone e di decorazioni per le festività. Applicando lo stesso procedimento di quello usato per la chiesa del redentore, anche per la basilica di San marco i risultati sono gli stessi: una maggiore chiarezza ma una riduzione generale del suono. Il modello evidenzia come che il tempo di riverbero nella posizione del Doge nella chiesa addobbata a festa si aggira tra 1,5 e 2 secondi, che equivale all’ideale delle moderne sale da concerto di oggi! Inoltre la linea visiva diretta assicura che il volume generale del coro era comunque sufficientemente forte anche nel coro, anche se può essere sembrato più attenuato per il pubblico nel resto della chiesa.

Origliando nel passato