Preparatissimi

Come a scuola quando ci andavamo noi. In Italia, «per fare politica non bisogna essere preparatissimi», così sembra che abbia detto, registrata dalla televisione ma salvo smentita, l’eroina Prêt-à-porter Nicole Minetti. E, corroborata dall’enfatico superlativo assoluto in funzione antifrastica stile sciampista, ha perfettamente ragione. Basta sparare la prima fanfaluca che passa per la testa; esibirsi in buffonate patetiche; litigare come serve al mercato; smentire e rilanciare. Tanto poi.

Vi pare onestamente che esseri umani come Umberto Bossi, Silvio Berlusconi, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro, per citare solo i capi e non i gerarchi, siano politicamente preparati?

Anche nel rubare, nel corrompere, nel malversare, non occorre essere preparatissimi; tanto poi. Vi sembra che Vincenzo Salvatore Maruccio o Franco Fiorito, tanto per citare cronologicamente gli ultimi due, tralasciando le decine di malfattori di tutte le fazioni, siano criminalmente preparati nel rubare per i loro partiti (ma sarà vero, poi: per il partito)?

E vi pare che Domenico Zambetti, arrestato per aver incaricato i clan calabresi di procurargli le preferenze necessarie ad essere assessore della giunta regionale lombarda, possa essere politicamente o criminalmente preparatissimo? E i suoi colleghi, soprattutto quelli della Lega (i Vendicatori della Supremazia Lombarda), che non ne sapevano niente? E l’indimettibile governatore Roberto Formigoni, che non sapeva neanche di essere in vacanza in conto terzi? Non erano preparatissimi neanche loro.

D’altronde, se guardate le faccione paffute, i corpaccioni pasciuti, gli occhiettini porcini, le barbine curatine, le guanciotte lisce lisce, i sorrisetti seminaristi, della stragrande maggioranza (di destra e di sinistra) di questa nuova razza padrona e cialtrona della politica italiana, locale e nazionale, quanti di loro vi possono sembrare preparati? Nemmeno i truci lividi quasi patibolari lineamenti di alcuni dei più famosi gauleiter della destra italica (perché a sinistra di facce così ancora non ce ne sono) vi sembrano politicamente preparatissimi?

Anche quelli che si sono preparati tantissimo, poi… Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini, Pier Luigi Bersani, che indubbiamente lo sono, faticano molto a resistere alla tentazione di dimenticarsi le lezioni. I rappresentanti di classe alla Massimo D’Alema hanno già in tasca la giustificazione (se la firmano loro). E poi ci sono i primi della classe: Matteo Renzi, Nicola Nichi Vendola e anche (suvvia!) Angelino Alfano che, spiace per i loro sfegatati sostenitori, non fanno i compiti a casa e copiano i compiti in classe, e si vede.

Ma questo, in fondo, che non sono preparatissimi, lo sapevamo già. E infatti sempre meno italiani vanno a votare. E infatti hanno lasciato governare i professori, e li vorrebbero al governo anche dopo che la ricreazione (le prossime elezioni) sarà finita. Magari tirandosi dietro anche il preside in pensione Romano Prodi.

Insomma, che la maggioranza dei politici italiani della nuova scuola siano impreparati a tutto, è penosamente evidente e notorio. Anche quelli della vecchia scuola non hanno fatto una bella figura. Ma adesso sappiamo anche che per fare i super manager non è necessario essere preparatissimi.

Vestendo un metaforico demodé grembiule da bidello, Sergio Marchionne, che in fatto di spararle grosse grossissime non è mai stato secondo a nessuno, e nemmeno in fatto di combinare disastri si è mai tirato indietro, ha prepotentemente dimostrato l’altro giorno, con la sua «Firenze città piccola e povera» (poi ovviamente smentita) che anche nel mondo spietato dell’economia mondiale si può essere beceri tronfi incompetenti e vivere benissimo, come delle Nicole Minetti qualsiasi, e in più, nel liceo sperimentale Italia, si può anche fare politica, che tanto poi. ★

Preparatissimi