Quel barbone di Ulisse
che non fa mai ritorno

Uno spettacolo avvincente di teatro canzone

Felice partenza per il nuovo avventuroso viaggio del cantautore Giovanni Dell’Olivo con il suo recital Addio a Ulisse tratto dall’ultimo album omonimo, in scena al Teatro Goldoni di Venezia. Una rivisitazione originale del mito omerico dell’Odissea, vista con gli occhi delle donne amate e poi abbandonate. Un trascinante sound mediterraneo con i musicisti del collettivo Lagunaria e l’attore Giancarlo Previati.

VENEZIA – Non finisce mai il viaggio inesausto di quei cercatori di emozioni che sono i cantautori. E non si sottrae al destino Giovanni Dell’Olivo, quarantaseienne cantautore veneziano, erede della grande scuola dei canzonieri popolari, che veleggia perennemente inquieto al suono del bouzuki (in questo caso, ma anche di charango e ukulele, oltre che di chitarre), tra le storie del bandito Kociss e quelle del navigatore dei navigatori, l’avventuriero Ulisse.

È all’eroe omerico che Dell’Olivo, viaggiatore di suoni e di parole, ha dedicato il suo ultimo disco, Addio a Ulisse (Alfa Music, nove tracce), quarto album della sua carriera dopo La saga del commenda, album d’esordio del 2005, Lagunaria, e per l’appunto Kociss. L’album dà il titolo anche allo spettacolo di teatro-canzone, tipico di questo artista che non canta nei locali ma preferisce esibirsi nei centri sociali e nelle carceri, che ha aperto con successo il tour italiano nella sua città natale, al Teatro Goldoni di Venezia.

È uno spettacolo intenso, colto, raffinato. E di piacevole ascolto. Dove Ulisse, raccontato dalle figure femminili che hanno trovato e perduto in lui l’amore, da Circe a Calipso, da Nausicaa a Penelope, diventa un clochard dei nostri giorni (l’ottimo attore Giancarlo Previati), naufragato in una metropolitana tra la folla indifferente che non lo degna di uno sguardo e tira dritto.

Dell’Olivo è un autore maturo e un cantante convincente. La dizione è scandita, pulita, i testi sono curati, la mano sulla chitarra, diversamente da molti cantautori, competente e precisa. Si allontanano sempre più, a questo punto del suo percorso, le influenze originarie, da quelle italiane, specificatamente deandreiane, a quelle francesi, brasseniane, breliane, persino ferreiane in alcuni passaggi. E viaggia ormai, nel suo cammino, verso un’identità sempre di più compiuta, interamente propria.

Il sound è pieno, caldo, coinvolgente ed omogeneo pur nella diversità dei brani, dei ritmi e dei timbri, a tratti elegante, altri potente, con influenze che piombano nel cuore della musica mediterranea, e richiamano il fado ed il sirtaki. Affiancano più che degnamente il cantautore, le splendide voci delle cantanti Maria Bergamo e Serena Catullo, e i validissimi musicisti del collettivo Lagunaria, già al suo fianco in altre imprese: il fisarmonicista Walter Lucherini, il chitarrista Stefano Ottogalli, il contrabbassista Alvise Seggi.

«Si tratta di un’opera di teatro canzone – spiega Giovanni Dell’Olivo – che propone una rivisitazione originale del mito omerico dell’Odissea, fondendo in un unicum narrativo gesti, parole recitate e canzoni. Viene quindi sviluppato per canoni narrativi il tema dell’abbandono. Ogni donna viene descritta come archetipo dei vari tipi di amore femminile: da quello irruento e adolescenziale di Nausicaa a quello passionale e disperato di Calipso, da quello sfaccettato e disinteressato di Circe a quello rivendicativo e coniugale di Penelope. All’abbandono in chiave sentimentale e soggettiva, si contrappone così quello sociale, che è rappresentato dalla vicenda esistenziale dell’aedo, poeta e artista travolto dalla propria personale odissea di degrado ed emarginazione di fronte a una massa omologata e indifferente, la cui figura incarna metaforicamente sia Omero che Ulisse alla fine del viaggio».

La regia dello spettacolo teatrale è di Maria Grazia Mandruzzato. La drammaturgia di Leonardo Mello, che è anche autore di due delle canzoni dell’album. Applausi e chiamate.

Giovanni dell'Olivo.

Quel barbone di Ulisse che non fa mai ritorno