Spiaggia libera
attrezzata e gratis
Francia batte Italia
La guerra dei litorali
La nuova crociata italiana di amministratori, albergatori e commercianti che vogliono far pagare l’ingresso anche nelle spiagge libere. Sull’elegante Costa Azzurra, a Nizza, succede esattamente il contrario: spiagge libere, gratuite e bene attrezzate ogni cento metri della Promenade des Anglais, intervallate ai lussuosi stabilimenti privati. Una lezione di civiltà
NIZZA – Più che una sedia a sdraio sembra un divano. Anzi, un letto, un lettone da quanto è grande. Un lettone azzurro a baldacchino. Sulla spiaggia, davanti al mare. Chiuso, su tutti i lati, da lunghe tende, bianche e morbidissime, che una brezza leggera muove appena con accenni di danza. Accanto al lettone c’è un telefono per chiamare il bar della spiaggia. Non fai in tempo a mettere giù la cornetta che arriva un cameriere, giacca bianca e cravatta nera, con il menu. Puoi ordinare una bibita, un gelato, un aperitivo. Ma anche un pranzo intero. Col secchiello d’argento per tenere in fresco lo champagne.
Non è proprio alla portata di tutte le tasche il principesco stabilimento balneare sulla celebre Promenade des Anglais, davanti al lussuoso hotel Negresco (dove fanno un ottimo Negroni ben rinforzato), nel cuore più chic della Costa Azzurra. E questa non è una sorpresa. La sorpresa è che a pochi metri di distanza dallo stabilimento principesco, c’è un tratto di spiaggia libera, totalmente gratuito e interamente attrezzato: ci sono delle panchine (verdi, di ferro) e delle sedie (sempre verdi, di ferro) che puoi spostare dove vuoi, anche per sederti con i piedi nell’acqua. Ci sono numerosi cestini per le immondizie. Ci sono i bagni (puliti) sia per gli uomini che per le donne. Ci sono le docce. C’è un servizio di sorveglianza.
La spiaggia è pulita, ed è pulito anche il mare: ogni tanto passa una barchetta blu che ha una rete metallica a poppa che raccoglie i rifiuti galleggianti, e a bordo c’è un omino vestito con una tuta blu che ha in mano una retina da farfalle con cui afferra, con gesti esperti, qualsiasi cosa affiori dalle acque, fosse anche una cartina di caramella. All’ingresso della spiaggia libera, dove nessuno ti chiede un euro, c’è una tabella, aggiornata ogni giorno, che segnala la qualità delle acque, l’eventuale presenza di colibatteri, la temperatura dell’aria e dell’acqua e l’umidità. Tutto molto piacevole, tranquillo e civile. C’è gente di ogni tipo: impiegati in pausa pranzo (lo capisci da come arrivano vestiti), famiglie con bambini che non possono permettersi uno dei costosi stabilimenti a pagamento, pensionati soli, giovani giramondo, e gente che ha poco tempo per cui non vale la pena prendere in affitto una sdraio.
La seconda sorpresa è che di spiagge libere e attrezzate come questa non ce n’è una sola. Ma sono tante, lungo gli oltre dieci chilometri della Promenade. E seguono una logica ben precisa, decisa dalle autorità: quella dei cento metri. Vale a dire, dopo cento metri di uno stabilimento privato, ci devono essere (per legge) cento metri di spiaggia libera. Pulita, attrezzata e gratuita. Poi, un altro stabilimento privato per altri cento metri, e un’altra spiaggia libera per altri cento metri. E via così finché il litorale finisce.
Questa civiltà, in Italia, sarebbe impensabile. Le spiagge libere, dove ci sono, sono spesso lontane, difficilmente raggiungibili, confinate alle estremità dei litorali. E quasi sempre sono sporche, piene di rifiuti, di tronchi e rottami portati dal mare, di lattine, carte oleate, siringhe e preservativi usati, senza servizi di alcun tipo, figuriamoci i bagni e le docce, frequentate talora da insopportabili maniaci. Eppure c’è più di qualcuno, in Italia (amministratori, albergatori, commercianti, associazioni come Federalberghi), che adesso vorrebbe far pagare (sia pure pochi euro, chi dice 2, chi 4) anche per entrare in questi paradisi. Una nuova tassa mascherata da ticket di ingresso nelle spiagge libere. Una tassa sul mare. Con il pretesto che, comunque, mantenere una spiaggia libera, costa alle comunità locali. Costa per la pulizia (le rare volte che c’è), e per i servizi (le rarissime volte che capita di trovarne qualcuno). Si vede proprio che non c’è davvero limite al pudore.
Un’idea del genere non sarebbe mai venuta ai peraltro non troppo simpatici francesi. È un popolo che non è sempre da prendere a modello. Ma, in questo caso, con un giusto equilibrio tra spiagge private e spiagge libere, e le spiagge libere decentemente attrezzate, ci hanno dato una lezione. Noi invece vogliamo far pagare anche il nulla. Vogliamo far pagare semplicemente per vedere il mare che appartiene a tutti. Finirà che faremo pagare anche per ammirare un panorama. Che metteremo un biglietto per andare ai laghi, uno per salire in montagna, uno per una gita in campagna, uno per entrare in una città d’arte. Un ticket su tutto. Anche sull’aria, sul sole e la luna. Ce n’è quanto basta da far vergogna. ★