In torre Santa
La vera falsa storia di Barbara
La variopinta isola di Burano è un merletto di terra cucito sull’orlo settentrionale della laguna di Venezia. Il cuore di questo salmastro tessuto è Piazza Galuppi, dove sorge il campanile pendente della solitaria chiesa di San Martino. In questo piccolo edificio sacro, oltre alla Crocifissione di un giovane Tiepolo, sono conservate le spoglie mortali di una straniera nata tre volte.
Fin dal primo attimo in cui dischiuse gli occhi, questa donna credette ostinatamente nella trinità e nel suo etimo. Nacque in Turchia. Nacque in Siria. Nacque in Egitto. Fin dalla nascita, Barbara decise di vivere la medesima sostanza di tre unità distinte.
La straniera cresce riservata, studiosa. E bellissima. La fede cristiana vuole abbracciare. E per questo è l’incubo del padre Dioscoro, un pagano fermamente convinto a dissuaderla dal proposito. Così decide di rinchiuderla nella torre. Ma lei, poco prima del castigo, si auto battezza con una triplice abluzione in piscina.
Durante la detenzione Barbara non si lamenta mai, non oppone resistenza. Continua a coltivare il suo credo, avvicinandosi ai testi filosofico-cristiani di Origene di Alessandria. La cella ha solo due finestre. Il sole a scacchi sembra un assodato ineludibile destino. Ma la straniera non è nata per vivere in gabbia. Così riesce ad ottenere la realizzazione di una terza apertura sulla libertà e vola via sgusciando tra le inferiate.
Barbara ora scruta dalle nuvole le terre d’Oriente, picchia sulle chiare acque mediterranee, poi radente giunge sulle coste della Magna Grecia, risale i domini imperiali e arriva a soli cinquanta chilometri da una polis che sarà eterna. Cosa l’ha spinta ad atterrare proprio qui? Una terra pagana l’accoglie. Per quanto tempo ha volato sul mondo degli uomini? Una villa. La straniera vede una villa e ne è misteriosamente attratta. Una forza. Una forza la invita ad entrare. E una figura si delinea ai suoi occhi: Dioscoro! Ecco il motivo di quella scelta, inconscia destinazione, edipico viaggio alla ricerca di un rapporto complesso.
Il padre, recatosi a Scandriglia per collaborare con l’Imperatore, la cattura e la consegna al prefetto Marciano. Rapido sarà il processo. Vile la condanna. La donna viene avvolte in vesti ruvide che lacerano l’epidermide. «La mia vita è il fuoco» urla, mentre fiamma la tortura. Poi le asportano i seni. La percuotono con un martello. La fanno deambulare ignuda per la città. Infine, con una fallica spada, Dioscoro la decapita. Ma non appena la testa mozzata tocca il suolo, un fulmine scoccato dal cielo colpisce il boia, incenerendolo all’istante.
Il corpo acefalo rimane per giorni dove l’odio dell’amore fideistico ha calato la sua scure. Poi viene dolcemente raccolto. Sarà custodito nella basilica di Rieti. Sarà riportato a Costantinopoli. Sarà trasferito a Kiev e conservato nella cattedrale di San Vladimiro. Inizierà un lungo viaggio verso Venezia, dove verrà depositato prima a San Marco, poi a Torcello e infine in una piccola chiesa di Burano.
La testa della straniera viene avvolta in foglie di palma e trasportata ad Alessandria d’Egitto. C’è ancora una torre nel suo destino. Ma questa volta la cima non sarà cupa e reclusiva. Lassù, dove la sapienza ellenistica ha raggiunto gli apogei della tecnica, la meraviglia di un mondo antico l’attende come luce di riferimento per le rotte della vita. Barbara: un faro di coerenza.
Postilla
La straniera è patrona di artificieri e vigili del fuoco. I depositi di armi si chiamano Santabarbara.