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L’incredibile inferno di Cracolândia nel Brasile moderno

La porta dell’inferno esiste e si trova nel centro di San Paolo, in Brasile. È un triste luogo che tutti vorrebbero non esistesse, eppure c’è: un ghetto informe di senza tetto marginali, infime prostitute e moltissimi tossicodipendenti (soprattutto da crack), disposti a tutto pur di drogarsi e incapaci ad alcunché a causa della droga. Molti sono bambini e adolescenti. Le soluzioni finora intraprese non hanno funzionato, anzi.

SÃO PAULO (Brasile) — Immaginate un panorama di rovine e rifiuti, di casupole di recupero, di mobili recuperati tra le immondizie, tra cui si muovono esseri umani seminudi o coperti di stracci, abbrutiti e sull’orlo della follia, dalle reazioni violente imprevedibili sconcertanti, più spesso storditi e vaganti. Una visione decisamente apocalittica, quasi da film verrebbe da dire. E invece.

Mentre il Brasile si affanna agli appuntamenti internazionali e mediatici dei Mondiali 2014 in dodici città e delle Olimpiadi 2016 a Rio de Janeiro, nel cuore di San Paolo, nell’importante centro commerciale di Santa Ifigênia, quasi all’ombra del Mirante do Vale, il più alto grattacielo brasiliano di centosettanta metri di altezza, si trascinano penosamente i reietti della società.

Non trovate Cracolândia scritta sulla mappa cittadina: è un nome popolare derivato da una delle droghe più devastanti ed economiche finora inventate, nata negli anni ottanta come sostituto per cocainomani dal naso bruciato, cocaina cotta nel bicarbonato di sodio, che si può fumare e in brevissimo tempo riduce a quanto di più simile vi sia nella realtà agli zombie dei film.

Cracolândia (la terra del crack) è una zona di edifici un tempo prestigiosi e poi abbandonati nel rapido e inconsulto sviluppo della megalopoli paulista a partire dagli anni settanta del novecento. Svuotati dalle classi medie e medio alte e subito occupati dall’incessante migrazione interna di disperati in cerca di fortuna, o di sfortunati estromessi da una società con grandissime disparità e difficoltà come quella brasiliana.

Fino all’arrivo del crack era solo un’area urbana pericolosa, ma pruriginosa: eccessiva, verrebbe da dire. Molto sesso, molto alcol, un po’ di droga. Qui c’era l’ormai storica Boca do Lixo (lo Slargo del pattume si potrebbe tradurre in un immaginario MonòpoliⓇ) la zona già centro cinematografico in trasferta per l’industria statunitense negli anni tra il 1920 e il 1930 e poi di nuovo ambiente prediletto del cinema maledetto brasiliano, cinema marginal, a partire dagli anni sessanta; ed infine patria dello scollacciatissimo umoristico parodistico genere detto pornochanchada (però molto meglio delle commedie italiane a tette nude) con notevoli punte di alto e basso e anche grandi ricavi per attrici e cineasti del genere.

Nel 1990 l’arrivo del crack, la nascita di Cracolândia e il rapido degrado. Edifici occupati, strade invase da baracche di fortuna, scene generali di degrado che fanno sembrare altre periferie di altre città leggiadri giardini d’idillio. I tentativi di cancellare Cracolândia e di rivitalizzare il centro della città, soprattutto a partire dall’inizio del secolo, non sono riusciti finora a risolvere il problema. Cracolândia, come un blob urbano, si rigenera: si contrae, si sposta, si allarga.

Qui c’è la bellissima Estação da Luz (dal nome evocativo la stazione della luce) la cui prima costruzione risale al 1867 (una maligna leggenda dice che gli inglesi che la progettarono si portarono anche i chiodi dalla Gran Bretagna) e che fu il primo centro di Cracolândia. È stata rimessa a nuovo nel 2005, è anche sede del modernissimo (e molto ben fatto) museo della Lingua Portoghese (in realtà sarebbe più corretto dire del Portoghese Brasiliano). Stazione e museo funzionano adesso perfettamente. Cracolândia si è spostata di un centinaio di metri, ma i suoi abitanti si aggirano appena dietro l’angolo.

Il riuscito recupero della Estação da Luz diede origine al fallito piano di recupero urbano, subito scivolato nell’abituale intrallazzo speculativo e cancellato nel 2013 per esser divenuto finanziariamente incontrollabile, denominato ottimisticamente Projeto Nova Luz (progetto nuova luce) giocando proprio sul nome della stazione. Partito come un enorme progetto di rinnovamento urbano del quartiere di Santa Ifigênia, viali, giardini, centri commerciali, restauri e nuove costruzioni, aveva come principale problema oltre all’ingestibilità politica ed economica, di risolversi in una sorta di esproprio cittadino del territorio nei confronti del resto degli abitanti della zona, . Un’operazione di igiene urbana, la definivano i detrattori.

L’ultimo grande intervento, tra gennaio e marzo del 2013, è stato un’operazione di polizia, denominato Operação cracolândia detta anche Operação Sufoco (operazione strangolamento, ma nel linguaggio popolare anche: ansia agitazione). Un’imponente azione di ordine pubblico concordata tra la Polizia Militare e il governo dello stato di San Paolo che, a fronte di centinaia di arresti, tonnellate di droghe sequestrate, e decine di proteste e denunce per violazioni dei diritti umani, ha avuto come effetto inaspettato anche se prevedibile la dispersione nel resto della città di pezzi di Cracolândia (subito definite minicracolândia) con un rapido degrado della qualità della vita delle zone vicine colpite dall’esodo (ventisette quartieri, secondo la polizia municipale paulista).

Dalle spianate devastate, dagli edifici fantasma del centro, istoriati all’esterno dagli inquietanti graffiti acrobatici dello stile urbano tipico di San Paolo e Rio de Janeiro (chiamato pixação), Cracolândia si è diffusa sotto gli orribili viadotti a scorrimento veloce che attraversano la città, nei parchi cittadini semi abbandonati, nei cantieri mai finiti di un’urbanizzazione selvaggia. I media parlano di caseggiati e rioni sotto assedio da torme di mendicanti; sul web girano disturbanti immagini sul rapidissimo degrado cui un essere umano è destinato a soccombere entrando in questo mondo.

Come in un folle esperimento sociale sfuggito di mano, Cracolândia è così divenuto un non mai visto luogo mobile, una condizione urbana ambulante: allo stesso tempo un sintomo di degrado e un agente di infezione. Non è una favela, perché nelle favelas ci vivono i poveri (che lavorano normalmente ma non guadagnano abbastanza) e non i miserabili che al massimo possono solo sperare di raccattare qualche soldo recuperando lattine e bottiglie da portare nei centri di riciclo dei rifiuti. Nelle favelas si nascondono i trafficanti di droga e i loro eserciti; in Cracolândia vivono i più disperati tossicodipendenti a basso costo.

Oltre al crack gira anche la droga ancora più economica del mondo: il paco (pasta di co) una ricotta esiziale inventata in Argentina per riciclare lo scarto di raffinazione della coca, mescolato con lana di vetro e vetri vari macinati, trattato con acido borico, solventi e etere. Il Brasile è considerato il maggior consumatore al mondo di paco (e anche il secondo, dopo gli Stati Uniti, di cocaina): più ancora del crack, il consumo di paco garantisce al consumatore una rapida dipendenza, un’assunzione continua, una gran quantità di allucinazioni, paranoia, aggressività, psicosi.

Come hanno dimostrato i fallimenti di un ventennio di tentatii Cracolândia non è un problema di igiene urbana, né di polizia: è un problema sociale, culturale, politico. Una deriva inquietante delle megalopoli contemporanee nell’era del consumo ossessivo e delle società liberalizzate in cui gli ultimi sono sempre più ultimi. ★

YouTube: Cracolândia, 25 febbraio 2014

YouTube: Servizio di Profissão Reporter su Cracolândia parte 1

YouTube: Servizio di Profissão Reporter su Cracolândia parte 2

São Paulo, Cracolândia: tossicodipendenti da crack nei…

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