Per un calcio pulito
barbe in fuorigioco
Non ho mai visto giocare il Genclerbirligi Spor Kulubu, non so se giochi bene o male, che modulo adotti, chi sia l’allenatore, come si chiamino i giocatori, quanti siano gli abbonati, e che posizione occupi attualmente in classifica. So che è una squadra di calcio che gioca nel campionato turco di serie A (che lì si chiama Süper Lig).
So soltanto che rappresenta la città di Ankara, capitale della Turchia, che è un club piuttosto antico, fondato nel 1923, che le sue maglie sono rosse e nere, che ha vinto più volte il campionato turco e ha partecipato anche alla Coppa Uefa, e che i suoi giocatori sono romanticamente chiamati Ankara Rüzgâri, che vuol dire il vento di Ankara. Bello.
Anche se non so altro, penso che d’ora in poi farò il tifo per il Gençlerbirliği Spor Kulübü. E forse andrò anche a vederlo ad Ankara, insieme con il mio Gemellino. Perché trovo troppo simpatico il suo presidente. Che peraltro neanche lui conosco. Il presidente del Genclerbirligi Spor Kulubu (ma che fatica scriverlo ogni volta…) si chiama Ilhan Cavcav, non è più giovanissimo, e ha preso una decisione che farà discutere.
Una decisione senza precedenti: ha vietato ai suoi giocatori di farsi crescere la barba. E, ovviamente, di scendere in campo per le partite con la barba (quanto ai baffi non ha specificato). «Non voglio che si presentino in campo come studenti di una scuola islamica – ha spiegato – io ho ottant’anni e mi faccio la barba tutte le mattine». Per chi non obbedirà all’ordine del presidente , multe da novemila euro per ogni apparizione con la barba.
Saranno contenti i barbieri, naturalmente, che ad Ankara e in molte parti della Turchia, fanno ancora meravigliosamente la barba alla maniera tradizionale, panno caldo e panno freddo, panno freddo e panno caldo.
È pur vero che ognuno ha il sacrosanto e inalienabile diritto di farsi crescere tutti i peli che vuole dove, come e quando vuole, ci mancherebbe, come il mio amico Stipitivich (che non è turco anche se lo sembra), oppure anche di depilarsi integralmente, come fa per l’appunto il mio già citato Gemellino. Ma è anche vero che ormai i giocatori di calcio – e questo succede non solo in Turchia, ma in tutti i Paesi del mondo – sembrano diventati, per qualche curioso motivo, il ricettacolo più idiota di tutte le più bizzarre (e idiotissime) mode del momento.
Guardate i loro capelli, per esempio. Creste di gallo (e di gallina) sovente colorate di tutti i colori possibili e immaginabili, alcune persino dorate o brizzolate, dicono che fa chic. Tagli improbabili alla moicana, alla subnormale, alla deficiente. Alcuni (Miccoli, Lecce, il primo e il migliore) hanno persino le sopracciglia tagliuzzate qua e là. E poi orecchini, piercing, medagliette, collanine, catenine, braccialettini e anellini di ogni foggia e colore. Più kitsch sono, vistosi, grandi, orribili, meglio è.
Per non parlare dell’abbigliamento. Quello in campo, s’intende. Su quello fuori dal campo, meglio stendere un pietosissimo velo. Prendi le braghette, i pantaloncini se vuoi. Una volta erano corti, alla coscia, normali. Adesso, vai a sapere perché, sono lunghi fin sotto al ginocchio e larghi come i mutandoni della nonna. Sembrano gonnelline più che pantaloncini.
Prendi i calzettoni, una volta arrivavano sotto al ginocchio, adesso li arrotolano sopra il ginocchio, come fossero dei collant, fin quasi alle cosce. E prendi le scarpe. Oggi, chissà perché, le scarpe da calcio le chiamano scarpini. Una volta erano nere. Punto. Adesso sono di tutti i colori. Non solo. I più raffinati (o i più idioti?) portano la destra di un colore e la sinistra di un altro. Il massimo.
E vuoi che non faccia il tifo per il Genclerbirligi? ★