Una donna al giorno

Capitolo Primo

Un piccolo prezioso gioiello letterario per i lettori de Il Ridotto rintracciato e scovato tra le pieghe della memoria e gli scaffali delle librerie (più confusa la prima delle seconde), una piccola opera casanoviana (per amori e avventure) che Giovanni Comisso scrisse nel 1949 spacciandosi per il suo segretario citaredo Luigi Pavanello alias Gigetto Figallo. In calce al testo alcune spiegazioni all’edizione 1996 di Neri Pozza da cui è tratto.

Mi trovavo in Grecia, a Pilos, e un giorno che ero di guardia, al passaggio del comandante, scat­tai così bene nel presentat’arm da far tremare la garitta. Il comandante si fermò e mi disse: «Final­mente un marinaio che sa tenere in mano il fuci­le». E come premio mi destinò alla custodia dei magazzini.

L’otto settembre, tutti i marinai del mio reparto si trovarono nelle postazioni, armati contro i tede­schi che sparavano da ogni parte. I nostri non ri­spondevano. Dopo tre giorni, il generale fece un discorso invitandoci a consegnare ai tedeschi le bombe a mano. Quasi tutti i marinai le consegna­rono: io, invece, presi i fucili mitragliatori, una cassa di bombe a mano ed altre armi che si trova­vano nei magazzini e li buttai in mare. Mandai alla malora il generale e mi diressi verso una casa, dove abitava una mia amante. La porta era chiusa ed entrai dalla finestra: fu felice di rivedermi, era stata sempre gentile con me, non voleva mai nulla e mi preparava spesso buoni pranzi alla greca. Dopo essere stato in sua compagnia, divertendomi sino all’impossibile, sapendo che erano gli ultimi giorni che si stava assieme, le promisi che le avrei fatto un regalo. Ritornai nei magazzini, dei quali avevo le chiavi, presi un fascio di coperte, scarpe ed altra roba e lo portai dall’oste Licurgo che mi diede tre quarti di milione di dracme. Alla mia amante, diedi mezzo milione e il resto a tre greci: Demitraki, Kiriaco e Barba Attanasio che mi erano fedelissimi. Intanto, il generale aveva fatto un altro discorso: adesso bisognava consegnare anche la baionetta.

Io mi trovavo per le strade di Pilos in compa­gnia dei miei tre greci: decisi allora di vendere tutta la roba dei magazzini e del locale riservato ai nostri ufficiali di passaggio, quaranta stanze con mobilia nuova. Così accumulai diversi milioni. I miei tre soci mi fecero conoscere molte ragazze, altre ne conoscevo da me e con queste feci una vita da milionario felice. Alla mia lavandaia, con bam­bini piccoli che pativano la fame, regalai un quarto di milione ed altra roba del magazzino, e così ad altri poveri bisognosi del paese. Intanto, i miei compagni, a forza di discorsi del generale, consegnarono i fucili, poi le munizioni e, quando furono del tutto disarmati, i tedeschi li rinchiusero in un castello a picco sul mare.

Io, coi calzoni corti e il berretto bianco della marina, giravo senza paura. Quando incontravo soldati tedeschi che mi chiedevano dove andassi, rispondevo franco che mi recavo d’ordine del co­mandante ad arrestare dei greci, insomma imbrogliavo sempre a testa alta con una scusa o con l’al­tra; con gesti e con parole strampalate facevo ride­re quei tedeschi e mi lasciavano andare. ★

Dalla presentazione del volume:

Apparso nel 1949 per i tipi della Longanesi, Una donna al giorno è un vivacissimo racconto di avventure erotiche vissute in margine all’esperienza tragica della guerra, che nes­sun recensore, allora, giudicò degno di atten­zione. Soltanto Roberto Rossellini se ne inte­ressò pensando di trarne un film. Ma il libro scomparve subito dalle librerie perché con­dannato per oscenità e sequestrato. L’autore dichiarato in copertina era un certo Gigetto Figallo, pseudonimo di Luigi Pavanello, il fido segretario di Giovanni Comisso. In realtà il Figallo — un nome che sapeva lon­tano un miglio di invenzione scherzosa — era solo l’autore delle avventure picaresche e del racconto orale che ne aveva fatto a Comisso. Ma il libro che da esse ne scaturì, così come oggi lo leggiamo nella sua intatta freschezza creativa, è solo di Giovanni Comisso. Il quale non ha fatto a tempo a rivendicarne pubbli­camente la paternità.

Esiste per altro una dichiarazione congiunta di Comisso e di Pavanello, depositata presso un notaio di Venezia, che riconosce allo scrittore trevigiano la titolarità dell’opera. E tempo dunque che Una donna al giorno figuri a pieno titolo tra le opere di Comisso, e che gli estimatori dello scrittore accolgano nella schiera dei suoi personaggi più singolari il giovane soldato italiano protagonista di questo romanzo e la galleria di donne — mol­te le tedesche — che riescono a sopravvivere alla tragicità della vita quotidiana tuffandosi nel lago del piacere-amore. Alcuni volti sono scorciati di maniera, però «quello di Vuagia — ha scritto Gian Antonio Cibotto — è tratteggiato con delicata finezza, all’insegna di un dolore che spicca con gran­de risalto nella temperie apocalittica che sembra aver rubato agli uomini, in fuga da un paese all’altro, ogni barlume di fiducia in se stessi e nel domani».

Il libro segreto di Comisso

(introduzione di Gian Antonio Cibotto)

Un mattino di primavera del 1949, è apparso per i tipi della Longanesi (allora diretta dalla fantasia inesauribile del «piccolo-grande» Leo, stampatore di rara eleganza) un curioso libro, formato di due docu­menti intitolati rispettivamente Una donna al gior­no e Mani in alto. In sostanza due racconti in margi­ne all’esperienza tragica della guerra, che nessun recensore ha giudicato degni di attenzione. Vera fortuna, del primo dopo qualche tempo si è accorto Sergio Amidei, sceneggiatore alla ricerca di nuovi soggetti da proporre a registi e produttori, che ha segnalato il titolo a Roberto Rossellini. Il tempo di una rapida lettura e già veniva annunciato dagli informatori di cose cinematografiche un nuovo film, ricavato dal viaggio pieno di incontri amorosi di un giovane scrittore di Treviso, dal nome che sapeva lontano un mi­glio d’invenzione scherzosa: Luigi Figallo.

Non sono trascorsi molti giorni e alla ribalta della cronaca romana è apparso con faccia da zingaro e chitarra a tracolla (allora una novità) il cantore di una saga erotica che nascondeva dietro il battito del sangue in fermento una vaga malinconia, di marca squisitamente veneta. Era spalleggiato, per l’occasio­ne, da Giovanni Comisso, ma la presenza del famoso narratore in veste di padrino non è valsa a rendere credibile la sua figura di scrittore, dato che non ap­pena Figallo doveva aprir bocca, risultava chiaro che non poteva avere dimestichezza con l’arte di tenere la penna in mano. Insomma a qualcuno sono venuti con pronta immediatezza dei sospetti, anche se ogni volta che gli addetti ai lavori della piccola patria letteraria formulavano delle domande, magari imba­razzanti, scoccava pronta, venata d’ironia, la risposta di Comisso in veste di maestro e «donno»: «è una mia scoperta».

Come sempre succede ai libri che troppi produt­tori si contendono, il film è rimasto sospeso nel lim­bo delle buone intenzioni che non diventano mai realtà, e di Una donna al giorno, racconto definito da Amidei e collaboratori «un trattamento già fat­to», si è cominciato a parlare sempre meno. Pareva che ormai il volume fosse destinato a sparire dal catalogo, tanto più che Figallo non dava più segno di voler aggiungere nuovi titoli alla sua magra biblio­grafia, restando scrittore di un solo lavoro sulle avventure di guerra, quando le cronache hanno dato notizia che su denuncia di un noto parlamentare era stato sequestrato il volume intitolato Una donna al giorno. In pratica le poche copie rimaste invendute sul mercato, dopo il gran fuoco delle indiscrezioni sulle attrici prestigiose che avrebbero dovuto presta­re i loro volti a Susanna, Vinca, Katia e Vuagia, la ragazza di Danzica sepolta sotto i rami di pino.

Ad informarmi con ricchezza di particolari sulla vicenda capitata al suo autista-citaredo-segretario Gigetto, è stato lo stesso Comisso, divertito dalla grande occasione che si presentava al suo estro ma­lizioso, di fare al momento opportuno una grande sceneggiata, una sortita clamorosa, intorno alla qua­le preferiva mantenere il segreto. Un segreto, durato anni, praticamente fino alla sera che me lo sono visto capitare davanti, con aria visibilmente preoccu­pata, a chiedermi di fare da esperto in un’azione giudiziaria.

Era accaduto che il fido Gigetto (all’anagrafe Pavanello, in arte Figallo) aveva investito con l’au­tomobile una vecchia di Treviso, e rischiava, se con­dannato, di passare dei guai causa la denuncia per oscenità di Una donna al giorno. Un libro, al dire di Comisso, che gli era venuto di scrivere nell’ascol­tare il racconto fatto dal fido segretario dopo il suo ritorno dai campi di battaglia. Un centinaio di pagi­ne che, per beffare i critici, colpevoli ai suoi occhi di scarsa serietà, aveva fatto uscire con il nome di Figallo, mentre era farina del suo sacco. Come si po­teva capire da un’attenta lettura del canto elegiaco che, dietro la finzione del viaggio picaresco, cadenza­to dalla parola amore, tradiva una fonda malinconia, aderente al cosiddetto ritorno dei sentimenti che aveva inaugurato la sua nuova fase narrativa.

Una volta illustrati i pregi letterari dell’opera edita dalla casa Longanesi e finita al macero, Comis­so in preda ad una sorta di infantile entusiasmo, ha cominciato a spiegarmi i tempi della rivendicazione di Una donna al giorno, pregandomi di trovare dei critici da presentare in tribunale il giorno del processo. Stando alla sua descrizione, ravvivata da lampi di comicità, un gioco da ragazzi poiché di fronte al suo nome sarebbe automaticamente crollata l’impalcatu­ra moralistica creata dal deputato ignaro della vera paternità del libro (il temporalesco Donat Cattin, enfant terrible democristiano).

Non c’è dubbio che se il suo progetto fosse dive­nuto realtà, il volume intitolato Una donna al gior­no avrebbe ripreso a circolare nelle librerie, magari festeggiato dai recensori che nemmeno l’avevano degnato di una scheda. Purtroppo, ad impedire che il lungo racconto fosse finalmente attribuito al suo vero autore, è intervenuto il male che dopo alcuni mesi ha colpito brutalmente Comisso, riducendolo l’ombra del personaggio che aveva dominato la sce­na letteraria dall’alto d’una freschezza creativa addi­rittura esemplare. Una freschezza ravvisabile, ad intermittenza, pure in Una donna al giorno, raccon­to equivocato che ormai sarebbe tempo di far apparire nel quadro dell’opera omnia auspicata da tutti i suoi estimatori, all’oscuro che fra le sue «cose mino­ri» va annoverata pure una galleria di donne che, tuffandosi nel lago del piacere-amore, lottavano con­tro la tragicità della vita quotidiana. Alcuni volti sono scorciati di maniera, però quello di Vuagia è tratteggiato con delicata finezza, all’insegna di un dolore che spicca con grande risalto nella temperie apocalittica che sembra aver rubato agli uomini in fuga da un paese all’altro, ogni barlume di fiducia in se stessi e negli altri.

«Ero triste di lasciare quella casa, quelle donne e quella terra che forse non avrei più visto nella mia vita. Camminando ripensavo a tutte le avventure, belle e tristi, sempre accompagnato dal battito del mio cuore di vent’anni: erano state la mia giovinezza e sentivo che con quella partenza una parte della mia vita moriva».

Si dirà che a frugare nelle carte di Comisso non si trova traccia della sua intenzione di rivendicare Una donna al giorno. Invece esiste in forma addirit­tura di contratto, solo che il male gli ha impedito di renderlo noto, rubandogli il tempo come sovente ac­cade nella vita degli uomini.

Giovanni Comisso Una donna al giorno (presentazione di Gian…

Una donna al giorno