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Il Ridotto di Venezia
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umana natura

Uomo
e Natura

Il difficile passo da predone a custode

Il titolo della rubrica, Umana Natura riprende quello di un ciclo di lavori video-fotografici — Human-Nature — iniziato nel 1993 che ha generato alcune mostre ed installazioni a Venezia e in altre sedi, trattando tematiche principalmente legate al rapporto tra Uomo e Natura.

Enrico Caine

Spirito di quei lavori e parimenti di questa rubrica è quello di contribuire a modificare la cultura dell’antropocentrismo e del conseguente specismo in favore dello sviluppo di una nuova mentalità capace di accettare un ruolo nuovo dell’Umanità su questo pianeta: ovvero non più quello di sterminatrice di esseri senzienti e devastatrice di habitat naturali, ma quello di fratello maggiore, protettore e custode della biodiversità e dei suoi luoghi.

Credo infatti nella necessità di ricondurre la civiltà industrializzata, ricca e consumistica cui appartengo, a riconsiderare l’importanza di valori persi di vista, a riflettere sugli attuali stili di vita, e sulle conseguenze che da essi derivano, mettendo in risalto i temi legati al significato del nostro ruolo sulla Terra. Ho una visione tendenzialmente razionalista della vita e considero la biodiversità su questo pianeta, il frutto di una stupefacente espressione del Caso.

Nondimeno, intravedo in tale manifestarsi una spiritualità di cui si nutre il mio cuore ma al quale la mia mente non sa dar senso compiuto.

Lo stato delle cose sembra dar ragione a chi considera l’esistenza di questo mondo e in questo mondo, un evento senza alcun significato o scopo; un folle agitarsi fine a sé stesso, un luogo di lotta e perenne sopraffazione, nato per un caso quasi certamente irripetibile e destinato a scomparire senza lasciare traccia.

Eppure, sia tale esistenza un caduco e transitorio divenire tra il nulla e il nulla o un visionario comparire e scomparire degli eterni essenti, appare evidente che per la gran parte di noi sembri che tale esperienza valga la pena di essere vissuta, e che ad essa vada attribuito necessariamente un senso.

Per quanto mi riguarda, non avendo trovato rifugio nella religiosità o nel misticismo, parte del senso del mio esistere mi spinge a dare sfogo ad un sentimento di compassione verso una particolare forma di sofferenza, quella animale.

Degli animali non umani, ed in particolare quelli che offrono quotidiana evidenza di provare gioia e dolore, ammiro la potenza vitale, il loro vibrare sincronico con l’Universo, la loro purezza e dignità. La loro commovente incoscienza.

È opinione diffusa in molte culture, che un’eccessiva sensibilità verso gli animali sia mal riposta e spesso indice di pericolosa asocialità: l’antropocentrismo imperante, alimentato dagli indottrinamenti religiosi e ideologici ha piani talmente ambiziosi per la salvezza dell’anima umana (unica ed eterna) da aver reso ormai incapace la nostra specie, in questa esperienza terrena, di riconoscere i suoi fratelli, di amare la sua terra, di riscoprire e ascoltare il respiro della natura.

Il sorgere della Coscienza umana ed il grado di sviluppo evolutivo raggiunto concedono agli uomini di oggi — ed in particolare a quelli nelle cui mani sono i legittimi strumenti di potere — un’opportunità senza precedenti, ossia quella di recuperare il ruolo di difensori e custodi della sconcertante, casuale, collettiva esperienza dell’esistere; riconoscendo e cercando di attribuire al maggior numero possibile di essenti, e ai loro luoghi, quel diritto.

In tale missione riposa probabilmente, l’unico vero senso compiuto del nostro fortuito comparire e delle nostre apparentemente straordinarie capacità. ★

Umana Natura
Sab, 12/01/2012 - 12:00

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