Vacanze da sogno
alla centrale dei veleni

Un disastro tutto italiano

Al posto della vecchia e inquinante centrale termoelettrica dell’Enel di Porto Tolle, nel Delta del Po, chiusa da otto anni dopo i tentativi falliti di trasformarla prima in una centrale nucleare e dopo in una centrale a carbone, sorgerà un villaggio turistico «integrato nell’ambiente» capace di ospitare ottomila visitatori al giorno. Un progetto ambizioso da cento milioni di euro, che prevede anche la creazione di un centro di produzione delle tipiche attività locali, dalla pesca all’agricoltura. Quando venne costruita, la centrale fu al centro di polemiche violentissime per i pericoli legati all’inquinamento.

PORTO TOLLE (Rovigo) – Metteva paura quel grande camino a righe bianche e rosse, che si alza per duecento e cinquanta metri sulla riva del mare, e che si vede fin da molto lontano. Adesso mette solo un’infinita tristezza. Come mette tristezza quel mastodonte di ferro arrugginito che gli si avvolge intorno come una chiocciola malata, chiusa e silenziosa, abbandonata dal 2010, le grandi pareti infestate da alghe seccate e cozze marcite.

Ha vissuto solo ventotto anni –pochi per quanto è costato costruirla, mille e cinquecento miliardi della vecchie lire- la centrale termoelettrica dell’Enel di Polesine Camerini, uno degli impianti più grandi d’Europa, tirato su in oltraggio alla decenza in uno degli angoli più belli e incontaminati del Delta del Po, la Camargue italiana.

Nonostante producesse l’otto per cento del fabbisogno italiano di energia elettrica, è chiusa da otto anni perché non serve più, “a causa dei mutati scenari energetici”, come recita la felpata motivazione ufficiale, dopo alcuni fantasiosi tentativi, tutti falliti, di trasformarla prima in una centrale nucleare (!) e poi in una centrale a carbone(!!).

Ora verrà demolita. Così ha deciso l’Enel, che ne è ancora il proprietario, con una spesa che sarà ancora più grande di quella servita per costruirla: cento milioni di euro. Questa cifra, in realtà, rassicurano i promotori dell’iniziativa, servirà non solo a demolirla ma anche a costruire al suo posto un villaggio turistico “integrato con l’ambiente” che prenderà il suggestivo nome di “Deltafarm”.

Enel si è infatti sbarazzata del vecchio mastodonte arrugginito affidandolo ad una società che si chiama “Human Company”. “L’idea –ha spiegato il suo amministratore delegato, Marco Galletti- è quella di uno sviluppo economico e di riconversione verso forme imprenditoriali che valorizzino le risorse umane, ambientali e territoriali del Delta del Po”.

Il villaggio si svilupperà su un’area di cento e dieci ettari, più venti di bosco a fianco, e disporrà di duemila piazzole di sosta (più un campeggio, dunque, che un villaggio), per una presenza stimata di ottomila presenze giornaliere. Annesso al villaggio sorgeranno un centro per le produzioni tipiche della zona, come pesce e riso, e un centro visite “per la valorizzazione delle eccellenze ambientali locali”. Sono previsti quattrocento posti di lavoro.

Cambierà tutto, dunque, in questo piccolo angolo di paradiso devastato quarant’anni fa dal “mostro” a righe bianche e rosse che sputava veleni dal suo gigantesco camino (produceva qualcosa come dieci milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno), e faceva bollire i pesci che le nuotavano intorno con le sue acque di scarico che uscivano caldissime. In compenso, quando abbassarono la temperatura dell’acqua, che cominciò a uscire tiepida, vongole e cozze crebbero a dismisura diventando “mostri” anche loro.

E pensare che la costruzione della centrale (350 dipendenti), entrata in funzione il 22 giugno del 1982 con i suoi quattro grandi gruppi da 660 megawatt l’uno, fu accompagnata da polemiche lunghissime e roventi. Uno scandalo italiano. Per la scelta folle di collocare un impianto così impattante e così inquinante in un paradiso naturale, e per i danni che avrebbe provocato alla salute, all’ambiente, alla pesca e al turismo.

Sull’altro piatto della bilancia c’era il fatto che l’Italia in quel periodo aveva un disperato bisogno di energia, e la mega centrale di Porto Tolle avrebbe dato la luce a un bel pezzo del Paese, quasi tutto il Nord. La battaglia delle forze ambientaliste, Italia Nostra in testa, dei pescatori, degli abitanti e amministratori del Delta contro la centrale, fu durissima. Danilo Stoppa, sindaco comunista di Porto Tolle, che guidava la protesta, fu beccato duro dalla penna di Giorgio Bocca, che tuonò sulle pagine di Repubblica, chiedendosi come si permetteva “il sindaco di un villaggio” –così lo definì- di bloccare lo sviluppo energetico necessario ad un intero Paese.

Poi le cose sono andate come sono andate. Tanto rumore per nulla, in fondo. Il bilancio è presto detto: troppi soldi spesi, troppe polemiche, troppi intoppi, per un pugno di anni di vita di quella centrale che poi, alla fine, di problemi energetici non ne ha risolto neanche uno. Ora si riparte con un nuovo progetto, tutto diverso. Della vecchia centrale rimarrà in piedi, simbolo della memoria, solo quel lugubre, gigantesco camino. Ma cambierà in meglio?

Certo, un villaggio turistico “integrato con l’ambiente” sarà sempre meglio di una vecchia centrale termoelettrica inquinante. Al posto di tonnellate e tonnellate di veleni arriveranno migliaia e migliaia di vacanzieri in infradito. Siamo proprio sicuri che sarà meglio?

LA PAGELLA

Centrale termoelettrica Enel di Polesine Camerini. Voto: 4

Il camino della centrale Enel di Porto Tolle (fonte: Italy)…

Vacanze da sogno alla centrale dei veleni