Da Weimar a Hiroshima 1920-2020
Il tramonto dell’Occidente
C’è un filo sottile che lega Weimar a Hiroshima. È il filo conduttore della ricerca scientifica, quello che faustianamente può produrre bene o male a seconda dell’uso che noi facciamo dei risultati delle scoperte scientifiche. La Repubblica di Weimar, nata dal disastro della Grande Guerra, la ricordiamo con le lenti appannate del tempo, come i lontani roaring Twenties.
Momento di grandi artisti, pensatori, esperimenti sociali e grandi scienziati, compreso Einstein. Ma anche di turbolenze politiche, movimenti sindacali e grandi masse di disoccupati. È il tempo per Osvald Spengler, Thomas Mann e altri scrittori di riflettere sulla decadenza dell’”Occidente” che andrà incontro ai fascismi neri e rossi e a una guerra catastrofica peggiore della prima guerra mondiale. Viene allora da chiedersi se la cultura possa essere un antidoto al male e la risposta dell’autore è no. Durante gli anni ruggenti di Weimar infatti non c’è solo Marlene Dietrich ne L’angelo azzurro, ma ci sono, ai seminari di Gottinga, in Germania, nel ’26 e ’27, fra gli altri fisici, Fermi e Oppenheimer, che ritroveremo alla fine degli anni ’30 in America, e che saranno i realizzatori della bomba atomica.
Sala Tommaseo
Da Weimar a Hiroshima 1920-2020. Il tramonto dell’Occidente
Presentazione del volume di Augusto Forti
Presentazione del volume
Da Weimar a Hiroshima 1920-2020. Il tramonto dell’Occidente
di Augusto Forti (Roma, Armando Editore 2021)
Michele Gottardi e Lorenzo Enriques conversano con l’autore
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