Il Marchio del Bidone

Quando un attore è tanto sfigato

Ebbene sì, miei cari amici, qui nella conciergerie dell’hotel Les Pantalons Rouges (nel Cantone di Uri, naturlich in Svizzera) fa oramai molto freddo perché non viene più nessuno (basta ragazzi con le tute aderenti e la sciolina) e il riscaldamento per me da solo qui non lo vogliono accendere (è governato a distanza, dal Centro Operativo della Proprietà: e io non nemmeno dov’è né voglio saperlo). Così, imbacuccato nei miei scialli di cachemire e nelle mie pantofole scarlatte imbottite di pelliccia di renna, posso avvisarvi dell’arrivo prorompente di un nuovo Marchio del Bidone.

Anthony Mackie (fonte: it.wikipedia.org).

BAD-GADESBOURG (CH) — Per la serie i film che non avete ancora visto, ma io invece sì (purtroppo). Davvero: è una sfiga pazzesca quando un attore (e in questo caso anche un bel ragazzo con il baffetto malandrino e direi pruriginoso, se mi consentite l’iperbole) accetta così tanti ruoli che poi risulta che i film che interpreta sono noiosissimi (che noia!) che ogni volta che uno spettatore legge il suo nome, non solo se protagonista, ma anche solo deuteragonista, o antagonista, o solo in un cammeo, dice subito: «Ommioddio! Questo lungometraggio sarà sicuramente una merda!».

E poi evita di guardarlo, che invece magari (non succede, ma potrebbe anche succedere) la pellicola non è neanche male (non succede, ma potrebbe anche succedere): chi non si aspetta l’inaspettato non troverà mai la verità.

Prima c’era Morgan Freeman, che è bravissimo ed era partito benissimo, ma dopo la prima metà degli anni Novanta fu eletto Presidente degli Stati Uniti in bilico sull’olocausto asteroidale e da lì ogni volta che appare potete essere sicuri che il film in questione è una pretenziosissima somministrazione forzata di noia assoluta, tipo le pubblicità del uischi e la voce fuori campo dei documentari. Alcuni dei suoi cammei sono pietosamente ignorati nelle biografie ufficiali, ma io li ho visti: e ciò vi basti.

Poi subito è arrivato Samuel L. Jackson (che avendo appreso l’arte della recita assieme a Morgan, ne deve aver assorbito anche la facoltà del Marchio del Bidone): anche lui è andato benissimo in crescendo fino ad essere assunto come sicario con manie religiose, poi è stata una slavina epica fino alla scheccata istericissima del colonnello con la benda in un qualche riminestramento dei supereroi da fumetti degli anni Sessanta. A parte quando è stato assunto come maggiordomo al veleno in una magione schiavista del Sud (degli Usa) potete stare sicuri che se c’è lui, sicuramente siete stati bidonati.

Un altro titanico Marchio del Bidone, ma qui non ne possiamo parlare tanto perché meriterebbe un libro tutto per sé, per la prolificità della sua carriera e l’inespressività assoluta delle sue, chiamiamole così, interpretazioni, in film che sicuramente dopo cinque minuti vi siete già vergognati di averli visti. Nicolas Cage, sia che guidi la motocicletta con la testa in preda alle fiamme, o che suoni il mandolino durante la Seconda Guerra Mondiale, o che porti la triste famigliola su in montagna dove ci sono gli alieni cattivi, è un vera garanzia che state per rimanere delusi (tranne quella volta che c’era John Travolta e si sono scambiati la faccia, ma: ubi maior, minor cessat). Nicolas è diverso però: non ha percorso una parabola ascendente PRIMA di cominciare a fare film noiosi.

E insomma, adesso basta. Stiamo parlando di Anthony Mackie, un bel ragazzone — bravo — in piena maturità virile e dalla bella carriera d’attore (prima di teatro, poi di cinema) che tantissimi ricorderanno per aver indossato le ali di un falcone volante in una serie di film di supereroi (insomma…), mentre pochissimi ricordano la serie di serie per lo più fantascientifiche da lui partecipate.

Sicuramente non per colpa sua ha interpretato negli giro di pochi mesi due tra i film più pallosi che siano stati mai girati da esseri umani. Oltre a tutto: non solo ha un baffetto intrigante, ma ha anche uno splendido sorriso. Solo che nei due film gli fanno tenere il broncetto per tutta la durata delle pellicole per un totale di 216 minuti. Una vera sfiga.

In uno fa il paramedico con un rarissimo tumore terminale fulminante al cervello che s’imbatte in una nuova droga che fa viaggiare nel tempo (ma solo i giovani o, appunto, coloro che hanno un tumore al cervello rarissimo): il film è così brutto che a un certo punto persino Anthony e il coprotagonista (l’irlandese Jamie Dornan, non irresistibile ecco diciamo) si aggirano sperduti per le vie di New Orleans senza sapere più bene cosa fare. Il film s’intitola Synchronic e se avevate voglia di vederlo: fatevela passare subito.

Nell’altro (Outside the Wire), che almeno potete vederlo senza l’avanti veloce a salti, invece è un soldato androide senziente sempre incazzato che ha deciso, per evitare che gli umani continuino a produrne degli altri come lui: di bombardare con la bomba atomica gli Stati Uniti: così imparano. Ci fosse solo lui, andrebbe anche bene. Ma il film, oltre a ricordarvi cinematograficamente i soliti creati ribelli e tutta l’altra paccottiglia da testate nucleari, è un’estenuante matrioska di buonismi di Netflix (il navigatore di droni, gli automi militari, le donne guerrigliere, i terroristi narcisi, le gerarchie beote, et cetera et cetera) che a pochi minuti dall’inizio, vi ponete la domanda: «ma perché sto guardando questo film?» e a pochi istanti dalla fine vi date la risposta: «perché sono un idiota».

Speriamo che Anthony cambi agente prima di seguire le carriere dei primi due (per Nicolas non c’è problema: è inarrivabile).

Siete avvisati.

A presto (brr che freddo! e che noia!).

 

 

 

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