Il ritorno di Lula

Libero ed eleggibile l’ex presidente del Brasile

Colpo di scena, annunciato, in Brasile: Luiz Inácio da Silva, detto Lula, il sindacalista diventato il presidente della Repubblica, simbolo della sinistra nazionale e non solo, è stato prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile: torna  eleggibile e riacquista i suoi diritti politici.

Luiz Inácio da Silva, detto Lula (fonte: lula.com.br).

SAN PAOLO — Nel 2016 Lula era stato coinvolto nella Operação Lava Jato (Operazione autolavaggio), una sorta di Tangentopoli brasiliana con l’accusa specifica di aver ricevuto denaro dalla Petrobras, la grande compagnia petrolifera nazionale, e favori da parte di altre imprese, come la costruzione di un ranch e di un appartamento al mare.

L’occasione fu propizia non solo per il lancio politico del giudice istruttore Sérgio Fernando Moro, ma soprattutto per l’ascesa al potere dell’ultra destra dell’attuale presidente Jair Messias Bolsonaro.

Ripetutamente condannato e incarcerato, è stato rilasciato nel novembre del 2019 per decisione della Corte suprema, poiché non era stata accertata la sua colpevolezza nei reati di cui accusato.

Nel 2019 un indagine del giornale online The Intercept Brasil mise in luce pesanti interferenze di Moro nei confronti dei giudici con suggerimenti sulla condotta del processo e condanne relative.

La decisione del presidente del Tribunale supremo di giustizia, Luiz Edson Fachin (che da anni si occupa dell’Operazione autolavaggio) si basa su un principio semplice del diritto. Non ha nulla a che vedere con la validità dell’accusa, né della difesa; e non entra nel merito della condotta né degli investigatori né degli imputati.

È il principio del giudice naturale, diritto fondamentale riconosciuto da tutti gli ordinamenti giuridici degli stati di diritto, che protegge la certezza del giudice, sottratta a qualsiasi arbitrarietà di designazione (nessuno può scegliersi il giudice; nessun giudice può scegliersi gli imputati). Come sarebbe al contrario avvenuto nel caso di Lula, scelto dal tribunale di Curitiba per il giudizio.

Così Lula torna eleggibile, anche se indebolito nell’immagine e nel fisico dal carcere subito (e anche da alcuni gravi lutti in famiglia), ma pur sempre come temibile avversario se non in prima persona almeno come testimone di un futuro candidato contro l’improponibile ma fortissimo Bolsonaro.

La sentenza, che era già stata in qualche modo annunciata dallo stesso Fachin nell’estate scorsa, in Brasile ha incendiato gli animi a destra e a sinistra, e anche tra chi non è schierato.

A destra la ritengono un ignobile sopruso e un favore servile a un machiavellico satrapo così potente da sfuggire a qualsiasi accusa; a sinistra la dimostrazione della pretestuosità dell’indagine, falsificata in ogni suo grado e usata come arma per giustificare un colpo di stato populista. Per gli altri sembra invece un’astuta mossa (e una decisione che doveva esser presa anni fa) per parlare d’altro nel momento più difficile del Paese, con pandemia e presidente totalmente fuori controllo.

Il ritorno di Lula