David Larible

è tornato

a Villa Grock

Un gioiellino ritrovato

Si erano perse le tracce del film di Roberto Bianchin e Silvio Giulietti, «David Larible a Villa Grock», uscito più di vent’anni fa solo in videocassetta e da tempo non più reperibile. Un accurato restauro ad opera del film maker Piero Fontana ha riportato alla luce questo documento straordinario, ora visibile su YouTube, dedicato all’arte tra i più grandi clown del ‘900 e del 2000, e che è stato decisivo per salvare dalla speculazione edilizia la villa di Imperia del grande clown svizzero. Ripercorriamo la storia di questo film con un articolo tratto dall’ultimo numero della rivista «Circo».

Il clown Grock (Adrien Wettach, 1880-1959)

Un film non può salvare una vita. Ma può salvare una villa. Non è la stessa cosa, certo. E non ha, logicamente, la stessa importanza. Ma è pur sempre qualcosa. Com’è successo per un piccolo film sul mondo del circo, “David Larible a Villa Grock”, protagonista alcuni anni orsono di una straordinaria avventura a lieto fine. Nel senso che fu ideato per denunciare il degrado di quella che era stata la residenza del grande clown svizzero, e il battage che provocò riuscì a fermare la speculazione edilizia che si era abbattuta sulla sua casa.

E’ un esempio, limitato ma significativo, di come un film possa risultare anche di una qualche utilità sociale. Non solo per far vedere, conoscere e diffondere le arti dello spettacolo, quelle circensi in questo caso –che è già qualcosa di meritorio- ma anche per sollevare un problema, sensibilizzare l’opinione pubblica e smuovere coscienze sovente addormentate. Il film “David Larible a Villa Grock”, firmato da chi scrive, con le stupende immagini girate da Silvio Giulietti, uno dei migliori cineoperatori della Rai, e prodotto in videocassetta vent’anni fa, nel 2002, da un’associazione culturale, la Compagnia de Calza “I Antichi”, per un verso è un atto d’accusa, come vedremo, ma per un altro è un documentario eccezionale che per un’ora e mezza mette a confronto la comicità dei due più grandi clown del Novecento e del Duemila: lo svizzero Adrien Wettach in arte Grock e l’italiano David Larible. Le immagini rare e inedite sono tratte dai primi due dei tre film prodotti dallo stesso Grock nel 1926 e nel 1931, e dallo spettacolo di David Larible andato in scena nel 2001, per la regia di Raffaele De Ritis, al Teatro Comunale di Brescia nell’ambito del Festival del Circo Contemporaneo diretto dall’abile mano di Gigi Cristoforetti, cancellato negli anni successivi dalla stoltezza delle amministrazioni comunali che si erano succedute.

Più che di film sul circo, ultimamente tra l’altro degenerati in fumettoni indigesti, clownerie in stile horror e musicarelli patinati, ci sarebbe infatti bisogno di buoni documentari sul circo. Ci sarebbe bisogno che lo schermo, grande o piccolo che sia, si interessasse alla formidabile storia e alla grande cultura del circo, alle sue famiglie, ai suoi personaggi, alle sue curiosità, ai suoi primati, ai suoi retroscena. Negli anni Cinquanta, quando eravamo più poveri, i programmi dell’unico canale televisivo che esisteva, e che erano in bianco e nero, erano più ricchi. Al mondo del circo veniva dedicata settimanalmente una serie di documentari, mi sembra di ricordare americana, fatta molto bene, che raccontava la vita di circhi di tutto il mondo, un circo alla volta, una famiglia alla volta. Si vedeva che montavano e smontavano gli chapiteaux, i viaggi sui treni speciali, le parate nelle città, gli elefanti che facevano il bagno nel mare, le corse dei cavalli nei campi, le prove, la vita nei carrozzoni, spezzoni degli spettacoli, si sentivano parlare i direttori, i domatori, gli artisti. Interessante, certo. Si imparava anche qualcosa. E soprattutto divulgava la cultura del circo. Cosa che non fa (con l’eccezione di questa rivista e qualche sito benemerito) quasi più nessuno.

Il film di Grock e Larible, di cui stiamo parlando, ha tentato, nel suo piccolo, di divulgare la cultura del circo, e magari qualche minuscolo risultato l’ha anche ottenuto. Ma di sicuro è riuscito in un grande risultato: quello di evitare un massacro. Impedire la distruzione della villa del più grande clown del Novecento.

L’allarme era scattato sulle colline di Oneglia, sopra Imperia, sulla riviera ligure, dove Grock, all’apice del successo, si era fatto costruire una villa strepitosa, immaginifica, tutta a sua somiglianza: un maniero folle e incantato, ricco di simboli esoterici (la sua grande passione), con un enorme giardino pieno di alberi e piante, laghetti, ponticelli, vasche e fontane.  Ci viveva tra una tournée e l’altra, poi vi abitò stabilmente, una volta ritiratosi dalle scene, passando il tempo a guardare le sue vecchie foto e a riparare orologi (l’altra sua grande passione) fino all’anno della sua scomparsa, nel 1959.

Fu un ingegnere di Imperia, Ezio Lavezzi, che mi aveva conosciuto come critico circense, a dare l’allarme: la villa di Grock, che a suo tempo era stata venduta dalla figlia della seconda moglie, Bianca, e negli anni era più volte passata di mano, stava per essere smembrata per opera di una società immobiliare piemontese, che l’aveva acquistata per ricavarne degli appartamenti per vacanze. La memoria del grande clown sarebbe così scomparsa. Lavezzi si era interessato alla cosa perché era molto legato affettivamente a quella villa, dato che suo padre era stato l’autista di Mamade Inès, l’ultima moglie di Grock (Ines Ospiri, una cantante italiana di varietà).

Non c’era tempo da perdere. Bisognava intervenire immediatamente. Impedire a tutti i costi quello scempio. Quell’oltraggio alla memoria del circo e del suo clown più grande. Organizzai in quattro e quattr’otto una vigorosissima campagna stampa contro il misfatto, sul giornale dove allora scrivevo (La Repubblica) e su altri giornali amici, che si dimostrarono sensibili al problema. Chiamai a raccolta giornalisti e scrittori, critici e storici, appassionati di circo e artisti di circo. Ma soprattutto pensammo a un blitz a Villa Grock per denunciare lo scandalo documentando il tutto, e per fotografare e filmare la villa per quella che probabilmente sarebbe stata l’ultima volta.

Domandai a Lavezzi di chiedere alla proprietà il permesso di entrare nella villa con le telecamere e la troupe che avevo organizzato. Aspettammo alcuni giorni. Non ci risposero nemmeno. Ritentammo. Anche stavolta, nessuna risposta. Decisi di partire egualmente. Avvisai l’ingegnere. “La villa è recintata da muretti e cancellate alti più di due metri con il filo spinato -mi disse- e il cancello d’ingresso è chiuso da una grossa catena, non riusciremo mai a entrare”. Scavalchiamo, gli dissi. Ci fu un attimo di silenzio. “Ci faremo male, le punte della cancellata sono acuminate”. Staremo attenti. “E’ illegale, ci denunceranno per violazione di domicilio”. Pazienza, lo facciamo per una buona causa.

David Larible volle essere il primo a scavalcare. Nonostante non avesse propriamente il fisico di un passerotto, ce la fece agevolmente, fischiettando un motivetto. Avevamo pensato che fosse indispensabile, per la buona riuscita dell’impresa, la presenza di un grande artista di circo. In questo caso, non poteva esserci di meglio che l’erede naturale di Grock. David, con la generosità che gli è propria, accettò con entusiasmo. Dopo di lui scavalcarono il cineoperatore Silvio Giulietti, il fotografo Andrea Samaritani, un fuoriclasse dell’obiettivo, che realizzò uno dei suoi reportage più felici, il regista Antonio Giarola, lo storico Alessandro Serena, e infine il sottoscritto –con qualche fatica- e da ultimo l’ingegner Lavezzi che ci guardava le spalle per scongiurare l’arrivo delle guardie.

Giulietti filmò le scarpe di David che camminava sul ghiaino del sentiero che portava alla villa. C’era vento. David sentiva la voce di Grock che lo chiamava e gli rispondeva. Entrò nella villa deserta, sventrata, abbandonata, il vento che entrava dalle finestre rotte, sulle scale vide fantasmi di clown, salì nelle stanze al primo piano, entrò in quella cinese, che era chiamata “il pensatoio”, dove Grock si ritirava a inventare i suoi numeri, trovò un costume appeso alla parete, si spogliò e si vestì da clown, su di un tavolino basso c’era una scatoletta, la aprì, si truccò il viso, infilò le grandi scarpe e si allontanò nel vento ciondolando. Aveva una specie di sorriso.

Questo era l’inizio del film. Poi si vedevano in scena alcuni spezzoni alternati degli spettacoli di Grock e Larible, che davano un’idea, sia pure di massima, della la loro comicità, e si vedeva David, in diversi luoghi della villa, che parlava della sua comicità con Giarola, Lavezzi, Serena e con chi scrive. Il film ebbe un discreto successo. Venne proiettato anche al Festival del Circo Contemporaneo di Brescia, per volere del direttore, Gigi Cristoforetti, e al Festival del Circo di Latina, per l’interessamento del presidente del Cadec, il Club Amici del Circo, Francesco Mocellin, che lo inserì nell’ambito del suo raduno.

Il clamore suscitato dal film e dagli articoli di stampa andò oltre le previsioni più ottimistiche, e ottenne il risultato –che francamente non ci aspettavamo- di smuovere le autorità. Mi chiamò il Presidente della Provincia di Imperia, Gianni Giuliano, e mi disse che lo avevamo convinto.  Che, insomma, avevamo ragione. Che non si poteva lasciare che la villa di Grock, un bene culturale così prezioso, finisse nelle mani della speculazione edilizia. Mi invitò a presentare il film a Imperia in una serata ufficiale, affollatissima, alla presenza di tutte le autorità, e in quella occasione, al termine della proiezione, annunciò solennemente che la villa sarebbe stata acquistata dalla Provincia di Imperia, che l’avrebbe così salvata e trasformata in un piccolo museo del circo. Come poi è realmente accaduto.

Salvare con un film l’incredibile maniero del più grande clown del mondo è stato un piccolo miracolo che ha reso orgoglioso quel manipolo di scapestrati che sulle colline liguri scavalcarono un cancello dalle punte aguzze in un giorno di vento di tanti anni fa.  

 

(Articolo tratto dalla rivista «Circo», Inverno 2022-2023)               

https://youtu.be/RzfZZWN2Atl

https://youtu.be/Eq4mp4EIP4

 

                    

               

David Larible è tornato a Villa Grock