Robot che si evolvono da soli

Per affrontare ambienti alieni ed ostili

Stiamo insegnando ai robot ad evolversi in modo autonomo, in modo che possano adattarsi alla vita da soli su pianeti lontani (articolo tradotto da The Conversation).

(fonte: yler Casey on Unsplash: unsplash.com).

Si ipotizza che sarà necessario un insieme avanzato di robot se gli umani vorranno riuscire a stabilirsi su altri pianeti. Mandati avanti per creare le condizioni favorevoli all’umanità, questi robot dovranno essere robusti, adattabili e riciclabili per sopravvivere nei climi alieni e inospitali che li aspettano.

Collaborando con ricercatori di robotica di informatica, con il mio team abbiamo lavorato proprio su un tale tipo di robot. Prodotti tramite stampante 3D — e assemblati autonomamente — i robot che stiamo creando si evolvono continuamente per ottimizzarsi rapidamente secondo le condizioni in cui si trovano.

Il nostro lavoro rappresenta gli ultimi progressi verso il tipo di ecosistemi robotici autonomi che potrebbero aiutare a costruire le future case dell’umanità, lontani dalla Terra, e lontani dal controllo diretto degli esseri umani.

Robot in ascesa

I robot hanno fatto molta strada dalle nostre prime goffe incursioni nel movimento artificiale molti decenni fa. Oggi, aziende come Boston Dynamics producono robot ultra efficienti che caricano camion, costruiscono pallet e spostano casse e scatole nelle fabbriche, svolgendo compiti che si potrebbero pensare esclusivamente destinati agli umani.

Nonostante questi progressi, progettare robot per lavorare in ambienti sconosciuti o inospitali, come esopianeti o fosse oceaniche profonde, rappresenta ancora una sfida considerevole per scienziati e ingegneri. Là fuori nello spazio, di che forma e dimensione dovrebbe essere il robot ideale? Dovrebbe strisciare o camminare? Di quali strumenti avrà bisogno per manipolare il suo ambiente e come sopravviverà a condizioni estreme di pressione, temperatura e corrosione chimica?

Rompicapo impossibile per gli umani; ma la natura ha già risolto questo problema. L’evoluzione darwiniana ha portato a milioni di specie perfettamente adattate al loro ambiente. Sebbene l’evoluzione biologica richieda milioni di anni, l’evoluzione artificiale — creando modelli dei processi evolutivi all’interno di un computer — può avvenire in ore o addirittura minuti. Da decenni in informatica si sfrutta la potenza di calcolo dei computer, producendo per esempio ugelli per gas o antenne satellitari  perfettamente adatti alle loro funzioni.

Ma l’attuale evoluzione artificiale di oggetti fisici in movimento richiede ancora una grande supervisione umana, e ciò necessita di uno stretto ciclo di retroazione tra robot e umano. Se l’evoluzione artificiale intende progettare un robot utile per l’esplorazione esoplanetaria, dovremo rimuovere l’elemento umano dal ciclo. In sostanza, i progetti di robot evoluti devono produrre, assemblare e testare sé stessi in modo autonomo, svincolati dal controllo umano.

Selezione innaturale

Qualsiasi robot evoluto dovrà essere in grado di percepire il proprio ambiente e disporre di diversi mezzi di movimento, ad esempio utilizzando ruote, gambe articolate o persino un misto di entrambi. E per affrontare l’inevitabile divario di realtà che si verifica quando si trasferisce un progetto dal software (la simulazione) all’hardware (la realizzazione) è anche auspicabile che almeno una qualche evoluzione avvenga nell’hardware, all’interno di un ecosistema di robot che si evolvono in tempo reale e nello spazio reale.

Il progetto Autonomous Robot Evolution (ARE) affronta esattamente questo, riunendo scienziati e ingegneri di quattro università in un ambizioso progetto quadriennale per sviluppare questa nuova tecnologia radicale.

Come si può vedere nell’illustrazione (dell’articolo originale) i robot nasceranno attraverso l’uso della produzione 3D. Utilizziamo un nuovo tipo di architettura evolutiva ibrida hardware-software per la progettazione. Ciò significa che ogni robot fisico ha un clone digitale. I robot fisici vengono testati sulle loro prestazioni in ambienti reali, mentre i loro cloni digitali entrano in un programma software, in cui subiscono una rapida evoluzione simulata. Questo sistema ibrido introduce un nuovo tipo di evoluzione: le nuove generazioni possono essere prodotte dall’unione dei tratti di maggior successo di una madre virtuale e di un padre fisico.

Oltre ad essere renderizzati nel nostro simulatore, i robot bambini prodotti tramite la nostra evoluzione ibrida sono anche stampati in 3D e introdotti in un ambiente simile a quello di un asilo nido. Gli individui di maggior successo all’interno di questo centro di allenamento fisico rendono il loro «codice genetico» disponibile per la riproduzione e per il miglioramento delle generazioni future, mentre i robot meno in forma possono essere semplicemente presi e riciclati in nuovi come parte di un ciclo evolutivo continuo.

A due anni dall’inizio del progetto, sono stati compiuti progressi significativi. Da un punto di vista scientifico, abbiamo progettato nuovi algoritmi evolutivi artificiali che hanno prodotto una serie diversificata di robot che si muovono o arrancano e possono imparare a districarsi in labirinti complessi. Questi algoritmi evolvono sia la struttura fisica che il cervello del robot.

Il cervello contiene un controller che determina come si muove il robot, interpretando le informazioni sensoriali dall’ambiente e traducendole in controlli motori. Una volta che il robot è stato costruito, un algoritmo di apprendimento affina rapidamente il cervello del bambino per tenere conto di qualsiasi potenziale discrepanza tra il suo nuovo corpo e il suo cervello ereditato.

Da un punto di vista ingegneristico, abbiamo progettato il RoboFab per automatizzare completamente la produzione. Questo braccio robotico collega cavi, sensori e altri organi scelti dall’evoluzione al telaio del robot stampato in 3D. Abbiamo progettato questi componenti per facilitare un assemblaggio rapido, dando a RoboFab l’accesso a una grande cassetta degli attrezzi di arti e organi del robot.

Smaltimento dei rifiuti

Il primo importante caso d’uso che intendiamo affrontare è l’implementazione di questa tecnologia per progettare robot per eseguire la pulizia dei rifiuti altamente radioattivi in un reattore nucleare (come quello visto nella miniserie televisiva Chernobyl). Utilizzare gli esseri umani per questo compito è sia pericoloso che costoso e le soluzioni robotiche necessarie devono ancora essere sviluppate.

Guardando al futuro, la visione a lungo termine è quella di sviluppare la tecnologia in modo sufficiente per consentire l’evoluzione di interi ecosistemi robotici autonomi che vivono e lavorano per lunghi periodi in ambienti impegnativi e in movimento senza la necessità di una supervisione umana diretta.

In questo nuovo paradigma radicale, i robot vengono concepiti e fatti nascere, piuttosto che progettati e fabbricati. Questi robot cambieranno radicalmente il concetto di macchina, mettendo in mostra un nuovo tipo che può cambiare forma e comportamento nel tempo, proprio come noi.

Emma Hart — Chair in Natural Computation, Edinburgh Napier University

 

(collegamenti diretto per l’immagine: vedi qui)

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