Come spettri
Il 5° International tournament Libertas a Lignano
Mi sveglio alle 07.00 e accompagno i miei due cagnoni, Asia e Rufo, a fare i loro bisogni. Fa fresco, parecchio. Il borsone da gara è già pronto da ieri sera. Quando lo preparo, è come se avessi in previsione un incontro con un vecchio amico. Me in gara. Me in quel luogo fisico, ma soprattutto mentale dove riesco a perdermi per ritrovarmi.
LIGNANO, 17 gennaio 2016 – Arrivo al palazzetto del comprensorio Getur di Lignano intorno alle 09.45. Ho calcato i suoi campi di gara già tante volte ed è uno di quei posti che mi ha sempre portato fortuna. Immerso in un bel bosco a pochi passi dalla spiaggia, quando scendi dall’auto l’aria odora di un misto di mare e foglie fresche.
L’interno pulsa di karateka in keidogi o in tuta che vanno e vengono, altoparlanti che urlano nomi o declamano vincitori, atleti che scattano sui tatami. Adoro quest’atmosfera di sfida, di forza, di fiducia, dietro alla quale, comunque, si nasconde lo spettro della sconfitta.
Vedo occhi decisi, occhi incerti, sguardi di paura di coach e gesti di stizza di compagni di squadra. Dopo le formalità dell’iscrizione ed essermi cambiato, colonizzo il mio angolo di palazzetto. Mi sistemo sul parterre, vicino ai tatami di gara dove mi scaldo e mi incuneo tra le speranze di tutti, cercando di dare più spazio possibile alla mia. Saluto vecchi compagni di scontri e giovani nuovi che cercano il loro posto nel nostro mondo. Ecco, sta già diventando di più mia questa gara!
Alterno pezzi di kata a esercizi di stretching mirato, alzando di volta in volta il livello d’intensità. Quando, infine, ho portato il motore al numero di giri giusto mi riposo, cerniera della tuta fino al mento. Mi sento bene. Ho portato il fisico e la mente a un livello d’intensità appena al di sotto di quello che farò in gara. Il meglio lo tengo per il momento giusto.
Due chiacchiere con l’amico Walter Battiston, campione europeo e mondiale e ci chiamano. Primi brividi. Ci siamo… e lo vedo lì, che mi aspetta dentro il quadrato. Me in gara.
Il primo avversario è bravo, forte e capisco che è lui l’uomo da battere. Parto per primo ed eseguo il kata Unsu. Cerco di mantenermi il più sciolto possibile puntando ad un’interpretazione che alterni momenti lenti e altamente espressivi con altri scattanti e reattivi. Sento gambe e braccia seguirsi con buona armonia, la fase del salto mi piace mentre l’atterraggio un po’ meno. Ora tocca al mio avversario. Trovo la sua prova buona, forse è un po’ rigido. Chissà a cosa sta pensando? Oltre alla prova in sé, è chiaro, a volte mi appaiono dei pensieri, come dei flash, o spettri. Sensazioni strane possono opprimermi o sollevarmi.
Risultato finale 4 a 1 per me.
Per la seconda prova mi sento meglio. È sempre così, ho rotto il ghiaccio. Kankusho, e nella mente sempre il solito mantra, sciolto, ritmo, elegante. L’idea è quella di passare da una tecnica all’altra come fossero fotogrammi, senza però lasciarmi catturare dall’urgenza. Mi rilasso, cerco quell’immagine dentro di me ed eseguo la tecnica come se dovesse esplodere d’improvviso, quasi di sorpresa. O almeno ci provo.
Punteggio 5 a 0. Fine della gara.
Sul podio, ricevo grato oro e i complimenti. Ma non posso evitarlo: Sto già pensando alla prossima gara.★