Le sculture della
collezione
Querini Stampalia

Filosofi e santi di rappresentanza

La collezione Querini è uno dei cicli più suggestivi di busti in grado di restituirci l’idea di come doveva essere all’interno di un palazzo nobile la galleria di ritratti immaginari e di pensatori antichi (alcuni scambiati fino a qualche anno fa per sgherri o bravi) di moda a Venezia tra il seicento e il settecento.

VENEZIA — Il collezionismo di sculture cosiddette moderne si sviluppa a Venezia soprattutto nel seicento e nel settecento; le collezioni non sono numerose per il preponderante interesse per la pittura; tuttavia esse rappresentano un incontro abbastanza frequente nelle case signorili del tempo.

Giustiniano Martinoni nelle sue aggiunte al saggio Venezia città nobilissima di Francesco Sansovino ne ricorda alcune come quella del procuratore Jacopo Sansovino, del procuratore Alvise Molin, del senatore Lorenzo Dolfin nel suo palazzo di Rialto.

Verso il 1650 le collezioni si moltiplicano, i materiali erano i più diversi dalla terracotta dipinta in modo da sembrare finto bronzo, all’avorio, al gesso, oltre naturalmente al marmo e bronzo per chi se lo poteva permettere; i marmi nelle teste potevano anche essere policromi come avveniva nei busti del rinascimento.

Figure che rievocavano le teste greche, divinità dell’Olimpo, personificazioni di carattere allegorico legate alle virtù vere o presunte del padrone di casa, teste di filosofi, erano tra i soggetti maggiormente presenti nelle collezioni.

Tali opere trovavano collocazione soprattutto nel portego, ingresso originale del palazzo veneziano. Tale spazio ampio e luminoso era luogo di rappresentanza e ambiente privilegiato per le feste ed i ricevimenti.

Aveva la stessa ampiezza del salone d’ingresso al pianterreno ed è leggibile, nei palazzi veneziani, dalle polifore che lo illuminano.

La collezione Querini è uno dei cicli più suggestivi di busti in grado di restituirci l’idea di come doveva essere all’interno di un palazzo la galleria di ritratti immaginari e di pensatori antichi.

Il naturalismo e il patetismo espressivo di queste opere è forse collegabile alla poetica dei tenebrosi, a Girolamo e Polo Querini e all’Accademia dei Paragonisti aperta a Santa Maria Formosa nel 1650 sotto la protezione dei due futuri procuratori in seno alla quale venivano discusse: «…le più nobili questioni erudite», frutto anche della partecipazione dei committenti.

Due sono gli autori delle sculture poste nel portego Querini: Michele Fabris (1644 Bratislava-1684 Venezia) detto l’ongaro o ungaro come lui stesso si firmava. Partito nel 1662 per un viaggio studio giunse a Venezia si sposò con Zanetta Laghi e rimase nella città lagunare fino alla morte.

I busti da lui scolpiti per i Querini erano stati inizialmente identificati come sgherri o bravi, ma in realtà sono filosofi ad eccezione di un ragazzo con cappello e due santi: San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista.

È invece di Giacomo Cassetti (1682-1757) il busto ritratto del cardinale Angelo Maria Querini (1680-1755), posto nel portego perché oltre ad essere un famoso erudito fu anche bibliotecario, prefetto della biblioteca apostolica vaticana.

Un suo busto ritratto si trova anche a Brescia sulla facciata del duomo perché in questa città fondò ed eresse la biblioteca Queriniana.

Michele Fabris, busto di ragazzo (Fond. Querini Stampalia)…

Le sculture della Querini Stampalia