Nostalgia dello stivale

Il sollevamento del Mose

Abbiamo chiesto alla nostra coppia autoctona di commentatori (Andrea Silvestri e Maurizio Vianello, abitualmente in Campo Bandiera e Moro) di raccontare le loro impressioni sul recente positivo collaudo delle barriere mobili più costose della storia del mondo. Ecco cosa hanno provato e cosa pensano, con le loro parole.

VENEZIA — E come che è e come non è, ecco che a sorpresa che nessuno sotto sotto se lo aspettava e qualcuno ci gufava anche sopra: il Mose ha funzionato. «Ciò per forza — dice il Mauri — e vorrei anche vedere che non avesse funzionato» (è sempre così, il Mauri: mai che gli vada bene qualcosa) «è come gonfiare un canotto con la pompa, più aria che ci metti dentro, più sta a galla».

Sì, ma per fortuna che è andata bene: pensate cosa che sarebbe successo se niente niente un pezzo non veniva su, o non tornava giù, o restava mezzo barzotto: né sopra né sotto l’acqua. È vero: erano solo centotrentacinque centimetri e la giornata non era neanche tanto male (a parte quei poveretti dei cronisti che si sono beccati piova e vento — a cinquanta all’ora — per fare foto, riprese, articoli).

«Vorrei proprio vedere cosa che succede quando che verrà su una sciroccata come quella del dodici di novembre, voglio proprio vedere» dice il Mauri. E io gli dico, al Mauri: che speriamo proprio anche di no, che era stato un evento eccezionale con vento a milioni di chilometri l’ora e l’occhio del ciclone proprio sopra la nostra testa: c’erano i coppi che svolavano da tutte le parti.

«Sì va bene» rincara il Mauri «ma gli eventi eccezionali si ripetono sempre. Sono tutti eventi eccezionali ormai». Gli ho detto che vuol sempre avere ragione lui e così mi è toccato di offrirgli ben due altri spritz al bitter.

In ogni caso, io domenica in Piazza ci sono andato, a vedere l’effetto che stare all’asciutto quando invece al contrario si sa che dovrebbe essere tutto sotto acqua. Per scaramanzia mi ero tenuto gli stivali, ma poi quando ho visto che andava tutto bene, me li sono tolti e mi sono messo i mocassini da duecentocinquanta euro (che gli ho fatti pagare a mia moglie, ovvio), per bere lo spritz.

Il Mauri invece no, lui che gli piacciono i computer è rimasto a casa a guardare la diretta in streaming, che siccome si era sbagliato e non faceva andare avanti la pallina sulla striscia, si guardava sempre i primi venti secondi, e rideva anche: «Ah ah non viene su niente!» Mi ha anche telefonato per dirmelo.

Poi invece si è accorto che aveva sbagliato e si è vergognato tantissimo, che per tirarlo su siamo venuti da Ciang a rifocillarci reciprocamente con gli spritz.

A me però un po’ dispiace, di non potermi più mettere gli stivali a tutta coscia che finalmente avevo comprati nuovi: quelli di prima, tutti di gomma, si marcivano subito sulla piega delle cosce, e una volta mi è entrata dentro tutta l’acqua lo stesso. Così proprio adesso che li ho comprati mezzi di nailon impenetrabile, non mi servono più.

Consoliamoci che almeno non lo tirano su, il Mose voglio dire, prima di un metro e trenta (sul livello del medio mare, che non crediate che vuol dire un metro e trenta di altezza dal suolo) così almeno non ci sentiamo tutti strani che suonano le sirene e non viene più l’acqua alta. Ma invece possiamo metterci gli stivali.

Secondo Ciang, che è il nostro oste preferito qui all’Osteria dagli Amici (da Ciang) in campo San Giovanni in Bragora (anche perché è l’unico): «Acqua alta grande problema di Venezia: troppa acqua tanta fatica niente turisti; poca acqua tanta fatica uguale ma comunque turisti. Venire a vedere acqua alta e fare tuffi in Piazza San Marco come al Lido: loro piace tantissimo».

Salute!

 

Nostalgia dello stivale