Ladroni in
casa nostra
E per fortuna che, complici il tramonto della Lega e la caduta del governo Berlusconi, il federalismo è finito nel cassetto.
Dico questo non tanto per ostilità verso un nuovo tipo di Stato improntato a un modello federale (dove c’è funziona anche, ma esiste da sempre, ed è nato da Stati differenti che si sono messi assieme e non al contrario da Stati che si sono disgregati), quanto per acuta diffidenza verso i poteri locali che dovrebbero, nell’idea federalista, sostituirsi a quelli nazionali.
Per capirci, vi immaginate come saremmo messi se fossimo governati, invece che dagli squali romani, dai pescecani che si annidano famelici nelle nostre Regioni?
Non c’è Regione italiana, di questi tempi, che non sia travolta da scandali grandi e piccoli. Sperperi e tangenti, imbrogli e ruberie, corruzione e malaffare. Un campionario di nefandezze che supera ogni immaginazione. Dalla vergogna del Lazio, con cifre a tanti zeri spudoratamente intascate dai consiglieri regionali di ogni partito per i loro porci comodi (è proprio il caso di dirlo, come le maschere da maiali che indossavano ai festini), allo scandalo della fino a ieri ritenuta virtuosa Lombardia, dove un oscuro ma potente faccendiere del mondo della sanità, tale Daccò, pagava vacanze da nababbo, viaggi, barche, cene e ville, al presidentissimo ciellino Celeste Roby Formigoni.
Per non parlare delle centinaia di migliaia di euro spese dalla Regione Sicilia (360mila) per comperare le calze nuove ai commessi dell’assemblea regionale, e di altre centinaia di migliaia di euro (430mila) spese dalla Regione Friuli-Venezia Giulia per sostenere una radio privata locale nel suo impegno eroico di valorizzazione della polenta carsica.
Parcelle stratosferiche a consulenti fidati, cene lussuose in ristoranti rinomati, comparsate televisive a pagamento, scrive Repubblica. In una bella inchiesta, Emanuele Lauria, Carmelo Lopapa e Conchita Sannino, hanno fatto i conti in tasca alle spese pazze delle Regioni italiane, dimostrando come si possano impunemente bruciare in favori la bellezza di 64 milioni di euro, e di come il Sistema Lazio, quello der Batman de Anagni, che alla governatrice Polverini, poverina, risultava ignoto, dilagasse in tutta Italia in una miriade di scandali. Pensate cosa sarebbe stato se questi signori avessero avuto in mano non soltanto il bilancio delle Regioni ma quello dello Stato, come voleva la Lega.
Per capire la vergogna, basta guardare alle spese delle Regioni a favore dei partiti (spese che le Regioni non avrebbero in realtà alcun motivo di fare), e che vanno sotto il nome, apparentemente innocuo, di «finanziamenti ai gruppi consiliari». La più spendacciona, con 12 milioni di euro, è la Sicilia. La più parsimoniosa, con solo 500mila euro la Basilicata. Dietro la Sicilia, il Piemonte, con 7 milioni di euro, la Sardegna con 6, il Lazio con 5, Veneto e Calabria con 4, Liguria e Emilia-Romagna con 3. Spendono solo 2 milioni il Friuli-Venezia Giulia, la Provincia di Trento e il Molise, 1 milione la Lombardia, l’Umbria e la Campania. Sotto il milione, l’Abruzzo con 900mila euro, Puglia e Trentino-Alto Adige con 800, la Toscana e la Provincia di Bolzano con 700, la Valle d’Aosta e le Marche con 500.
Quanto agli stipendi dei consiglieri regionali, i più ricchi sono quelli della Lombardia (12mila euro al mese), i più poveri quelli dell’Emilia-Romagna (meno della metà, 5.666). Tra i presidenti di regione, il più ricco è sempre quello della Lombardia (14.767), il più povero quello della Toscana (7.452).
Altro che padroni in casa nostra. Ladroni in casa nostra. ★