Un amore sbocciato
nella scuola romana
La quarta puntata delle coppie celebri
Per la serie degli amanti nell’arte, dopo le coppie di Camille Claudel e Auguste Rodin, di Frida Khalo e Diego Rivera, e di Anna Achmatova e Amedeo Modigliani, ecco la storia di altri due innamorati famosi: Antonietta Raphael e Mario Mafai. Furono tra i fondatori della cosiddetta Scuola Romana. Erano diversissimi di carattere: esuberante e ottimista lei, cupo e pessimista lui. Il loro fu un amore passionale e tormentato per tutta la vita.
Accadde nel 1927, a Roma, quando si costituì quel gruppo di artisti che prese il nome di Scuola Romana, e che non voleva porsi in antitesi, ma in parallelo, alla già celebre Scuola di Parigi. Anima del gruppo fu Scipione (Gino Bonichi 1904-1933): accanto a lui Mario Mafai (1902-1965), la pittrice russa Antonietta Raphael (1900-1975), che fu sua compagna e moglie, e lo scultore Renato Marino Mazzacurati (1908-1969).
Il riferimento culturale e artistico di questo gruppo è l’espressionismo. E, naturalmente, anche la scuola di Parigi. Mario Mafai è l’erede del cupo esistenzialismo pessimista di Scipione, come mostra la serie delle Demolizioni, un amaro commento all’urbanistica fascista. La sofferenza di Mafai si sfoga nella protesta.
Mario e Antonietta si conobbero all’Accademia romana nello studio che Mario divideva con Scipione. Era il 1925, e il racconto del loro incontro è ben documentato in due autoritratti di quel periodo. Antonietta si rappresenta col violino, con la sua chioma rossa su sfondo verde, Mario invece in giacca e cravatta, e ha baffi e capelli neri sullo sfondo una città assolata.
Non potevano essere più diversi: Antonietta era esuberante e ottimista, Mario cupo e pessimista. I caratteri opposti e contrastanti li portarono a continui allontanamenti. Nella prima casa che divisero in via Cavour a Roma, Mario dipingeva ostinatamente alla ricerca di una sua pittura personale e studiando, insieme ad Antonietta, l’opera dei maestri stranieri: Goya, Velasquez e Brueghel.
Appartenevano a due mondi differenti e litigavano spesso, sempre in competizione, si criticavano aspramente. Nel 1930 andarono a Parigi consapevoli di doversi liberare dalla cappa del fascismo. Antonietta scelse di proseguire il suo viaggio verso Londra e di dedicarsi anche alla scultura. Fu un periodo di sofferenza per Mafai, che desiderava avere Antonietta accanto. Le scrisse così: «Io voglio che ritorni, ho tanta paura e senza di te la mia vita si spezzerebbe e l’amore e tu siete la stessa cosa e come si fa a vivere senza? Antonietta ritorna ed io preparerò un cuore a festa».
Nel 1935 si sposarono, e nello stesso anno Mafai ottenne un grande successo alla seconda quadriennale. La guerra fu un periodo difficile sia per le origini ebraiche di Antonietta, sia per il ritorno nell’esercito di Mafai. Ma nonostante la separazione, entrambi continuarono a dipingere e scolpire. A differenza di Mafai il successo per Antonietta avvenne tardi. La sua prima personale come scultrice risale al 1947, e nel1948 venne invitata alla Biennale di Venezia. Soltanto alla metà degli anni Cinquanta venne riconosciuta la sua presenza fondativa nella Scuola Romana accanto a Mafai, che nel frattempo dal figurativo era arrivato all’astrazione.
In Antonietta prevalse invece sempre l’universo familiare che non smise mai di ritrarre . «Quando mi dici che non puoi amare nessun’altra cosa più del tuo lavoro, io potrei esserne geloso, ma ti capisco. E allora si è formata tra noi un’altra forma di amore». Così lui le scrisse. E mai parole furono più profonde. ★
(4 – continua)