Palla avvelenata

Handanovic Nagatomo Miranda Murillo Juan Jesus Brozovic Melo Kondogbia Biabiany Icardi Jovetic Karnezis Wagne Danilo Felipe Widmer Badu Kuzmanovic Fernandes Edenilson Zapata Thereau. Qualcuno si chiederà che cosa sto scrivendo o se il computer è impazzito. Altri invece avranno capito. Comunque è giusto spiegarlo. Ho scritto ventidue nomi. Per l’esattezza, cognomi. Cognomi di persone straniere. Di varie nazionalità. Ma non è questo il punto.

Il punto è che queste ventidue persone straniere di varie nazionalità che di mestiere fanno i calciatori e giocano attualmente nel campionato italiano di calcio di serie A, sono scese in campo tutte assieme l’altra sera, metà (undici) in una squadra e l’altra metà (undici) nell’altra squadra, nell’ultimo turno di campionato. La partita, che si giocava allo stadio di San Siro a Milano era Inter-Udinese (finita 3-1 per la cronaca, reti di Jovetic (2), Eder e Thereau).

E il punto è proprio questo: tra i ventidue giocatori in campo, non c’era neanche un italiano. Per la prima volta nella storia del campionato italiano di calcio di serie A sono scesi in campo ventidue giocatori stranieri su ventidue. Un record.

Ciascuno può avere legittimamente idee diverse sul fatto che si tratti di un record positivo o negativo. Sicuramente è un fatto nuovo. Una cosa che non era mai successa prima. Normale, forse, per alcuni. Figlia, certo, della globalizzazione, delle nuove regole europee sul mercato del lavoro e sulla libera circolazione delle persone. Comprensibile, forse, ma normale mica tanto, come sottolinea un allenatore attento e navigato come Serse Cosmi. «Le norme varate dalla Federazione italiana gioco calcio sono sbagliate, e non vanno nella direzione della tutela dei vivai italiani», accusa Damiano Tommasi, presidente dell’associazione italiana calciatori, dalle pagine della  Gazzetta dello Sport.

È una tendenza, in effetti, che appare inarrestabile. Sempre la Gazzetta informa che, secondo i dati di Transfermarkt, i calciatori stranieri che giocano nel campionato italiano sono ormai la maggioranza: il 55,6 per cento. Tendenza europea, per carità, non siamo i soli: nella Liga spagnola gli stranieri sono il 41,9 per cento, nella Bundesliga tedesca il 49,3 mentre i più esterofili di tutti sono gli inglesi con il 69 per cento di calciatori stranieri impegnati nella Premier.

E allora? Si dirà. Che problema c’è? C’è. Perché un’invasione oltre ogni limite di calciatori stranieri toglie inevitabilmente spazio alla crescita di giocatori italiani e quindi sottrae risorse e possibilità alla Nazionale italiana di calcio, sempre più povera di talenti, chiusi dalla concorrenza straniera, e quindi sempre più soggetta a figuracce nei campionati europei e mondiali. Guardiamo alle ultime partite degli Azzurri: per trovare due attaccanti titolari, si sono dovuti prendere la quarta punta della Juventus (Zaza), uno che nella sua squadra non gioca quasi mai, e un italiano che ha dovuto andare a cercare fortuna in Inghilterra (Pellè) dove gioca in una squadra di mezza classifica (Southampton). Ne deriva che il danno (calcistico, s’intende) per l’Italia – senza fare discorsi nazionalistici o patriottici, per carità – c’è ed è evidente.

Resta da interrogarsi sul perché la maggioranza delle squadre italiane di calcio preferisca utilizzare giocatori stranieri anziché giocatori italiani, quando appare evidente anche agli occhi dello spettatore meno avvezzo alle cose del calcio, che la maggior parte dei calciatori stranieri che arrivano in Italia mediamente non valgono di più dei giocatori italiani, e che i campioni in grado di fare la differenza si contano sulle dita di una mano. Basta pensare a quando, negli anni Sessanta, in Italia si potevano ingaggiare al massimo due stranieri per squadra. Bastavano. Perché dovevano andare all’estero a prendersi davvero i migliori. Pensiamo a Sivori e Charles della Juventus, per fare un solo esempio. Oggi invece facciamo il pieno di brocchi di ogni colore.

I perché (alcuni inconfessabili) sono presto detti: perché siamo un Paese esterofilo e crediamo che lo straniero sia sempre migliore di noi solo perché è straniero; perché speriamo di aver fatto il colpaccio acquistando uno sconosciuto che diventerà un campione; perché abbiamo bisogno di entusiasmare i tifosi (affinché sottoscrivano gli abbonamenti) facendo loro credere che abbiamo acquistato un fuoriclasse; perché gli stranieri costano meno (a volte anche nulla) rispetto a un qualsiasi ragazzino italiano di talento; perché facendo finta, con finti contratti, di avere pagato moltissimo un adolescente straniero che invece non ci è costato nulla, possiamo comodamente trasferire i nostri soldini all’estero, e nasconderli su qualche conto blindato e segreto in uno dei tanti cosiddetti paradisi fiscali.

Così tu, tifoso ingenuo (o imbecille?) continui a sventolare le bandiere della tua città, gioisci, piangi, litighi, insulti, ti disperi, e inciti i tuoi beniamini nel tuo dialetto, senza pensare che stai battendo le mani a un piccolo esercito di ragazzotti di ventura, sbandati e avventurieri, che ciondolano svogliati per il campo, ignoranti e arroganti, sotto lo sguardo compiaciuti dei loro presidenti, campionissimi, loro sì, di evasioni fiscali e di partite truccate. Che tristezza. Meglio fischiare subito la fine.

LA PAGELLA
Calcio Italiano: voto 4
Nazionale Italiana di calcio: voto 5
Serse Cosmi, Damiano Tommasi: voto 7
Simone Zaza, Graziano Pellé: voto 6
John Charles, Omar Sivori: voto 8

Omar Sivori (www.football-the-story.com).

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