Viva San Marco
Viva la Repubblica

Ritorna alla luce un frammento del passato

La scritta è proprio lì. Su una delle colonne delle Procuratie Nuove, davanti al Caffè Florian in piazza San Marco: «Viva San Marco — Viva la Repubblica». L’hanno tirata fuori dai secoli gli alacri restauratori che stanno ripulendo gli marmi sansoviniani anneriti dai fumi dei riscaldamenti e dei navigli moderni. Un inchiostro rosso amaranto particolarmente tenace: resiste dalla primavera del 1848.

Anche altre colonne conservano una labile traccia, un’ombra appena, di qualcosa che fu dipinto in serie, sembra di capire, con l’uso di una mascherina di cartoncino (che nell’italiese d’oggi si dice  stencil). La scritta è incorniciata da fantasmatiche sagome: tre triangoli sul bordo superiore; e due foglie, o ali, o fiamme, ai due estremi della parola «Repubblica».

Data la rapidità dell’esecuzione alcune parti si sono conservate meglio, dove il pennello ha trasferito il primo sorso di pittura. Forse le hanno impresse in una spedizione notturna: in una ventosa e per niente primaverile serata di marzo nei giorni dell’insurrezione che portarono alla Repubblica di San Marco. Magari in occasione del discorso di Daniele Manin in piazza San Marco: «Noi siamo liberi e possiamo doppiamente gloriarci di esserlo, poiché lo siamo senza aver versato goccia né del nostro sangue, né di quello dei nostri fratelli; io dico i nostri fratelli, perché tutti gli uomini per me lo sono. Ma non basta aver abbattuto l’antico governo; bisogna altresì sostituirne uno nuovo, e il più adatto ci sembra quello della repubblica che rammenti le glorie passate, migliorato dalle libertà presenti. Con ciò non intendiamo separarci dai nostri fratelli italiani, anzi, al contrario, noi formeremo uno dei centri che serviranno alla fusione graduale, successiva, della nostra cara Italia in un solo tutto. Viva la Repubblica! Viva la libertà! Viva San Marco!». O forse in uno qualsiasi dei duri, durissimi, momenti che sfortunata repubblica attraversò nei pochi mesi della sua vita, battuta dall’implacabile martello della tirannia austriaca sulla molle incudine dell’ignavia sabauda, fino alla capitolazione del 1849.

Immaginiamo che le abbiano imbiancate con ripetute mani di calce, in un afoso pomeriggio d’agosto (la capitolazione avvenne il ventidue di quel mese) forse anche prima dell’ingresso in città delle truppe austriache, così: tanto per tenerseli buoni. Rimangono da chiedersi tre cose. Uno: ora che l’hanno riportata alla luce, quanto durerà? Due: qualcuno oltre a noi due (chi scrive questo articolo e il nostro fedele lettore che ha inviato la foto) saprà riconoscere il valore di questa scritta? Tre: la cancelleranno per sbaglio come hanno già fatto per altri importanti graffiti del passato? (vedi la nave incisa sullo stipite dell’Ospedale San Giovanni e Paolo, ridotta ad un evanescente spettro dopo la drastica ripulitura dei restauri incolti).

Speriamo bene.

Viva San Marco - Viva la Repubblica graffito del 1848.,…

Viva San Marco Viva la Repubblica