Senza rete nel gran
circo della vita
Un libro e un disco di Paride Orfei
Paride Orfei, celebre artista di circo, appartenente a una dinastia che ha segnato la storia dello spettacolo italiano, ha scritto un libro, intitolato semplicemente «Storie» (curato da Sandro Ravagnani, edizioni Circo dei Sogni, disponibile su Amazon), ricco di fotografie rare, in cui si racconta e parla della sua famiglia, rivelando per la prima volta aneddoti e particolari inediti. Dagli elefanti ai cavalli all’avventura della scuola di circo. Accompagna il libro un nuovo disco dallo stesso titolo (Paride è anche musicista e cantante), pubblicato da World Business Entertainment. Pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, la prefazione al volume scritta da Roberto Bianchin.
Ho davanti a me, aperto sullo scrittoio, un libro di trentaquattro anni fa con la copertina gialla e la foto di un volto conosciuto. Dentro c’è un biglietto di poltrona numero 0520 per uno spettacolo “del più importante circo italiano”. E’ strappato a metà, nel punto dove c’è il disegno dell’insegna sormontata da una pantera nera. Nel frontespizio c’è una dedica a chi scrive (troppo personale per citarla) del personaggio al quale il libro è dedicato.
Il libro si intitola “Nando Orfei Story”, l’ha scritto Mario D’Arcangelo ed è pubblicato dalle edizioni MDE. E’ la storia di uno dei più grandi artisti del circo italiano del Novecento, “uno scorcio di vita vissuta all’ombra di una grande Dynasty”, scrive l’autore. Nandino, come lo chiamava Federico Fellini, racconta tante cose, dai suoi spettacoli ai suoi amori ai modi in cui addestrava le tigri, “evitando di adoperare la frusta come fanno gli altri domatori”, perché “è il tono della mia voce che devono sentire”.
E’ Anita Gambarutti, la moglie, importante artista di circo anche lei, a parlare di Paride, il primogenito: “Il mio matrimonio è stato felice, abbiamo avuto tre splendidi figli, Paride, Ambra, Gioia, e siamo alla nuova generazione degli Orfei. Paride è un bel ragazzo, è molto educato e distinto, ma è un ragazzo timido, soprattutto con le donne. Rispecchia Nando, ma con un altro modo di fare…”
Adesso è Paride, nato a Cagliari per sbaglio –la sua famiglia infatti girava col circo- sotto il segno dei pesci (carismatico e creativo, fantasioso e ottimista), a raccontarsi in questo libro succoso come un’arancia della valle del Tirso, intitolato semplicemente “Paride” (e che altro serve aggiungere al nome dell’eroe greco?), pubblicato dalle edizioni del Circo dei Sogni e curato dalla mano felice di Sandro Ravagnani, il Lucherini del circo (Enrico Lucherini, dico per chi non sapesse, è il più celebre press agent dello spettacolo), giornalista, scrittore e impresario, a lungo al fianco degli Orfei.
“Sentivo il bisogno di raccontare la mia vita fino ad oggi”, spiega. E’ un uomo semplice e forte, ha sguardi dritti e profondi, non conosce lingua biforcuta, e non ha più in testa quel cespuglio corvino da cugino di campagna che esibiva quando imbracciava la chitarra elettrica cercando di indovinare un tocco alla David Gilmour, ed era diventato pure un attore di fotoromanzi che le ragazzine inseguivano per un autografo (i selfie non erano ancora stati inventati). Una passionaccia, quella della musica, che non l’ha mai abbandonato, al punto che, dopo quello degli esordi, ha pubblicato adesso un altro disco, che troverete proprio in questo libro. Del resto, anche papà Nandino era un ottimo trombettista, e tutti gli Orfei sono sempre stati dei valenti musicisti.
La musica però, pur importante, rimane un hobby. Al centro della sua vita c’era, c’è, e ci sarà sempre il circo. E che circo! Le super produzioni della sua famiglia, segnate da una qualità altissima, e dall’accuratezza in ogni dettaglio, rimangono una pietra miliare nella storia dello spettacolo italiano. In questo libro ne troverete abbondanti tracce. Insieme a storie vere, attimi felici e momenti difficili, immagini rare uscite dagli archivi di famiglia, aneddoti preziosi, retroscena mai svelati prima.
“Sono stato protagonista di una favola”, racconta il figlio di Nandino e di Anita, fratello di Ambra e di Gioia, nipote di Liana e di Rinaldo, cugino di Moira eccetera eccetera eccetera. Fin da quando, ancora piccolo piccolo, rimase incantato da quel mondo magico in cui era stato messo al mondo (“non riuscivo a credere ai miei occhi”), di cui rammenta, come primo ricordo della sua vita, lo scoppio degli applausi che scendevano dalle gradinate, e come secondo le notti in cui dormiva nel suo lettino insieme ai cuccioli di tigre che giocavano con lui.
I primi applausi, tutti per lui, poi li prese iniziando a fare l’acrobata, oltre a tutti i mestieri che si devono fare nel circo, dove devi imparare non solo a montare e smontare lo chapiteau, ma devi anche imparare a guidare il camion, a fare il fabbro, il falegname, l’elettricista, l’idraulico, il sarto, il pittore, il tecnico dei suoni, delle luci, il cuoco e via discorrendo, fino a scrivere le domande ai Comuni per la concessione delle aree e saper far di conto senza sbagliare una virgola.
Finché la grande passione arrivò a quattordici anni, quando un suo amico, di due anni più vecchio, gli disse che era giunta l’ora che si inventasse un proprio numero, per incominciare ad avere un’identità, e che lui avrebbe dovuto “mandare gli elefanti”, come si dice in gergo. Forse aveva intuito qualcosa quel suo amico, chissà. O forse disse così perché gli elefanti piacevano anche a lui. Già. Quel suo amico di chiamava Flavio Togni. Alla faccia della presunta “guerra” fra i Togni e gli Orfei su cui si sono consumate pagine di rotocalchi (rivalità sì, ma amicizia e rispetto, odio mai). Non volle imitare il papà, Paride, diventando domatore anche lui. Diceva che in famiglia ce n’era già uno, ed era il migliore di tutti. Per questo aveva rivolto lo sguardo verso gli altri animali. Nando invece raccontava che era stato lui a non volere che facesse il domatore, troppi rischi. Comunque fosse, Nandino rimaneva un esempio per il giovane Paride: “la figura paterna più bella che avessi potuto avere, e che augurerei a qualsiasi bambino”.
Bellissimo e avvincente il numero di Paride con gli elefanti. Poi vennero anche i cavalli. Alta scuola, anche qui. In trio con le sorelle Ambra e Gioia. E con Anita, la mamma. Uno spettacolo. In tutti i sensi. Nel libro c’è il racconto di tutti i grandi spettacoli messi in scena dagli Orfei. E anche dei molti e celebri personaggi conosciuti che frequentavano il circo ed erano diventati amici di famiglia, come Federico Fellini, che piombava al circo affamato nel cuore della notte, ed erano nottate semplici e sincere di racconti e di risate, di storie vere e inventate, di sogni e di progetti, di fiaschi di vino e piatti di spaghetti. Paride, nel suo quartier generale, ha conservato come una reliquia preziosa la “Cucina Fellini”, come chiamava la grande caravan di queste indimenticabili serate.
Nel libro c’è spazio anche per la storia privata, il grande amore per Sneja Snedeva, splendida acrobata aerea piovuta un giorno dai cieli di Bulgaria nel circo di Nandino e mai più andata via, che è moglie e madre di Christian, l’ultimo della Dynasty, talentuoso acrobata anch’egli, ed è preziosa coreografa e compagna di lavoro nella gestione della deliziosa scuola di circo “Piccolo Circo dei Sogni” di Peschiera Borromeo (Milano), una delle migliori d’Italia, che è l’ultimo sogno –realizzato- dell’uomo che porta un nome da eroe.
“Ho avuto la fortuna di vivere un sogno”, sorride Paride con i suoi occhioni buoni. Che guarda al passato con affetto, certo, perché la memoria è cultura e non va perduta –ha custodito tutte le vecchie caravan del circo, compresa la sartoria, e gli attrezzi, le foto e i manifesti- ma ha lo sguardo sempre attento e sempre volto al futuro, oltre l’orizzonte. Perché ci sarà ancora un giorno in cui le luci si accenderanno un’altra volta.
www.parideorfei.com