Caccadura e Caccamolla

L’affetto per la propria città è anche questo

A Venezia sono tornate le merde. Non in senso metaforico o allegorico, simbolico, o traslato, oppure addirittura emblematico. Che invece infatti e peraltro molte di queste figurativamente parlando (come che dice Genny, ovvero Gennaro Esposito, eccolo qua) non sono mai andate via.

Gli abitanti di Via Garibaldi adottano antiche misure per contrastare la fioritura delle merde (fonte: ilridotto.info).

VENEZIA — No no. Stiamo proprio parlando di merde vere («deiezioni animali!» impreca il Mauri Vianello qui vicino; che quando ancora lavorava, tanti tanti tanti anni fa e per pochissimi di questi anni, ha fatto un corso apposito per la correttezza linguistica oggettivata burocratica: «saluta i lettori Mauri!»).

Ma di quelle cose sgradevoli ma inevitabili che tutti gli esseri viventi producono, e che in piena pandemia sono tornate a tempestare gli infiniti masegni e le rarissime aiuole che compongono il tessuto del suolo cittadino.

Le merde (quasi tutte canine, ma forse anche qualcuna umana) fioriscono ovunque, in questi mesi di zone colorate. E Milord, al secolo sir Vladimir McLaren, le pesta tutte. Nessuno ha ancora capito come ci riesca. Ma egli lo fa.

Nonostante vi siano condizioni di ottima visibilità meteo (qui a Venezia non piove più e la nebbia, come diceva anche Totò ma in altro senso, non si vede) e che le calli, i campi, le salizzade, le rive, le fondamente e persino i campielli e borghiloghi sembrino estesi come campi da calcio deserti nel vuoto urbano, permettendo una infallibile e sicura ricognizione dei propri passi.

Ugualmente Milord («hallo Milord! saluta i lettori!» no niente, non vuole: si vergogna perché gli tocca bere il suo spritz addizionato di liquore al carciofo da un bicchiere di plastica, e non vuole farsi vedere da nessuno mentre lo fa: fate finta di non vederlo, vi prego). Ugualmente Milord le pesta tutte, prima o poi.

Ciò lo manda su tutte le furie, e Milord infuriato è peggio del Mauri quando s’incazza. Vedete un po’ voi. Ci tocca lenirgli la rabbia con ripetute dosi di spritz. Ma alle volte questo non basta ed egli inizia ad imprecare con violente espressioni idiomatiche australiane che nessuno capisce.

Detto qui, anche per sedare rapidamente le curiosità di una nostra lettrice («Ma come mai si chiama Vladimir, se è un lord d’Inghilterra?») sunteggiamo brevemente che il padre fu forse l’unico della sua casta ad abbracciare in gioventù il credo comunista, sognando una Repubblica dei Soviet di Britannia (con tanto sterminio della famiglia reale) da lui ovviamente governata dopo la Rivoluzione.

Per placarne i bollenti spiriti la dinastia McLaren lo esiliò in Australia (con la scusa di sovrintendere agli allevamenti di struzzi di famiglia nei territori del Nuovo Galles del Sud), Dove appunto nacque Milord e il cui nome di battesimo è tutto ciò che poté concretizzarsi del comunismo paterno, in onore dell’amato (dal papà) Vladimir Il’ič Ul’janov detto Lenin.

Di come Milord riuscì a fuggire dal continente australe e fu traviato nella sua via di ritorno all’Europa dai piaceri proibiti del magico Oriente racconteremo un’altra volta, se del caso; perché dobbiamo ritornare alle nostre merde. Che sono tante.

Secondo il Mauri, che non si lascia perdere un’occasione per esternare il suo indomito antagonismo verso l’amministrazione pubblica cittadina, ciò è dovuto al fatto che essendo il governo della città in mano a campagnoli (come li definisce lui: «adiritura a lidensi che vive in teraferma!» sottolinea) non vedendo la tempesta di deiezioni non pensano a porvi rimedio.

«No xe più i tempi de Augusto!» sbotta il Mauri. Ma non ce l’ha con l’imperatore de Roma, bensì infatti e al contrario con il da lui un tempo vituperato omonimo assessore al turismo che fece della lotta ai sacchi a pelo e dell’impulso ai balconi fioriti, nonché allo sterminio delle merde di cane, i suoi vincenti cavalli di battaglia politica.

«E comunque — aggiunge difilato il Genny — secondo me è solo l’esempio dell’amore sconfinato dei veneziani per la loro città, visto che turisti non ce ne sono, né tanto meno cani turisti. Ad esempio i parigini, che sono tra i cittadini più chic e snob del mondo, amano tanto la loro luminosa capitale che fanno a gara per riempirla tutti i giorni di innumerevoli merde! E ciò vi sia d’esempio anche a voi».

Resta il mistero dei sacchetti di nailon che molti usano per involgere le merde e poi lasciano lì, ai piedi delle facciate dei palazzi, confidando che qualcuno poi chissà, li porterà via. Milord, che evidentemente ha un certo magnetismo sulla faccenda, la prima volta che ne ha visto uno (di sacchettino di nailon con la merda dentro) lo ha aperto per vedere cosa conteneva: «Non capivo cos’era!» sostiene.

Alla salute!!!

Giorgio Spiller, Caccadura e Caccamolla (Mondonovo, 1986).
Campo San Martin.
Ai piedi del ponte dell'Arsenale.
 Riva dei Giardini.
Sant'Elena.

Caccadura e Caccamolla