Il contagio del più mona

L’ultima volta, giuro!

Il Direttore di questa pregevole rivista di cui ci scriviamo sopra (io: Andrea Silvestri, per nome e conto mio, ma anche per conto del Mauri che è qua che guarda quello che scrivo, e vuole anche correggermi: Tasi! Sta bon Mauri!) mi ha telefonato per dirmi che la direttiva della direzione è di non pubblicare più niente sul Covid ammenoché non sia una notizia mostruosa. Peccato! Perché: ho già scritto. Ecco qua.

Piazza San Marco durante la pandemia zombi del 2013 (fonte: World War Z).

VENEZIA — Una delle cose che a me e al Mauri piace tantissimo, adesso un po’ meno, ma prima tanto di più, è di guardare i films e i serials di zombies; a casa del Mauri, ovvio (che mia moglie non vuole: uno che il Mauri metta piede in casa; due che guardiamo la sua televisione), che il Mauri ci ha una videoteca fornitissima. E così ce li siamo visti tutti belli e brutti vecchi e nuovi (e anche due o tre volte), accompagnati da robusti coadiuvanti prima in forma di spritz, patatine pistacchi e anche poi, verso le tre o le quattro del mattino, orsetti gommosi annegati nella vodka.

Prima guardavamo i films porno, ma con il passare degli anni ci interessano sempre di meno, chissà perché. Anche i zombies però, data la contingenza particolare del momento presente, ci interessano sempre di meno: così stiamo passando ai films e ai serials di kung-fu, per tenerci aggiornati in attesa dell’onda cinese. Ci facciamo consigliare da Ciang (il nostro barman di fiducia de Ai Amici, in campo della Bragora) e finora ci siamo anche trovati bene.

Ma questo non è quello che volevo dirvi qua. In ogni caso uno dei grandi misteri inspiegabili di tutti i films e i serials di zombies è: «ma come è possibile che tutti diventino zombies in dieci minuti?» Vogliamo dire (io e il Mauri): un zombie non è che non lo vedi che è zombie, anzi. E in più è lento e anche impedito nell’intelletto e nel movimento. Inevitabile, considerando che è già morto.

Quindi bisogna essere proprio rincretiniti (proprio mona, diciamo qua) per farsi mordere da un zombie. E invece, ecco là: il virus dei morti viventi si sparge a perdifiato dappertutto. È tanto incredibile che in uno degli ultimi films, accortisi che era troppo da stupidi farsi contagiare da un morto vivente, si sono dovuti inventati per forza che erano (i zombies) velocissimi e ferocissimi, e che scappare era impossibile.

Una volta sono arrivati anche i carabinieri, che li hanno chiamati i vicini che credevano (i vicini) stesse succedendo chissà che roba, perché io e il Mauri (più il Mauri, però), forse inebriati dagli orsetti gommosi annegati, tentavamo di avvisare — ogni volta inutilmente — i personaggi del film del pericolo che stavano correndo: «Mona! El zombi! Dadrìo! El zombi! Ma ti xe insemenio!».

«Metite i guanti! Ostrega!» Ci pareva impossibile che si potesse spargere un contagio così facilmente, e non ci potevamo neanche consolare a pensare che i primi a trasformarsi erano i più stupidi (i più mona), o i meno importanti, dei films e dei serials, perché invece: ecco là, anche i protagonisti (secondari) — dei films e dei serials — alle volte poi va a finire che si fanno morsicare.

Ma però, l’altra sera alle sette e mezza (diciannove e trenta): che non c’era più niente di aperto tranne la farmacia, e che pareva anche più buio senza neanche più un bar dove bere qualcosa, trenta o quaranta esemplari giovanili di esseri umani se ne stavano raggrumati come cercopitecidi sotto un temporale improvviso nella savana, senza neanche un bicchiere in mano, e senza maschereta (che è come che chiamiamo i dispositivi personali di protezione qua a Venezia).

Tutti uniti con il favor delle tenebre, stretti stretti nell’estasi del contatto. E là il Mauri ha avuto l’intuizione: «Ecco come che succede! E tu che pensavi che i films e i serials di zombies fossero tutti sbagliati» «Veramente ciò lo pensavi tu» «No, tu. Hai cominciato tu» «Non è vero. Sei stato tu» «Non credo. Non ricordo. Non volevo» «Va bene, beviamoci sopra» «Sì. Ma dove?»

Salute!

Il contagio del piu mona