Parallelismi

La condanna di Silvio Berlusconi per evasione fiscale — che molto probabilmente sarà un hápax legómenon della storia giudiziaria dell’ex — all’indomani della caduta sul campo del cavaliere lascia pensare alcune ardite cosette sulle vicende italiane degli ultimi cento anni.

Per esempio: le similitudini da terza media da molti azzardate tra il ventennio in camicia nera e il diciannovennio in completo azzurro; tra la dittatura romana di Benito e il regime milanese di Silvio, entrambe finite. La prima tragicamente, il secondo farsescamente (e non ancora: mancano i cento giorni alla Napoleone, per esempio, o l’evasione alla Gambadilegno).

Si parva licet componere magnis è vero: tra il fard la bandana e il fioretto del papi e la mascellona , la crapapelata, il toracione nudo del duce; ce ne corre, e moltissimo. Un abisso di stile di epoca di storia.

Ma tra l’Italia dell’autarchia surrogata, dei potentati economico familiari mafiosi, del magna magna con labari gagliardetti e cerchio di fuoco, dell’economia di guerra, del mercato nero, che appoggiarono sostennero e infiltrarono la fosca dittatura mussoliniana contaminando lo stato e la società italiana; e le cricche le cosche le ganghe che hanno sostenuto infiltrato costituito lo spensierato governo berlusconiano, ecco: qui c’è ben poca differenza. Forse un tocco in più di arrogante cialtronaggine, inadeguatezza fisica e morale, di patetica pericolosa ridicolaggine, contro la tragicomica pacchiana sicumera del passato.

La differenza vera tra la dissoluzione morale economica culturale estetica operata in tempi diversi dal fascismo e dal forzitalismo sul nostro paese, messa in luce spietatamente dalla sentenza che condanna inaspettatamente Silvio Berlusconi ad una condanna che non sconterà mai, è nelle motivazioni originarie che spinsero i due conduttori italici ad impadronirsi in modi diversi del potere e del governo.

Sono queste parole sentenziate sul declinante cavaliere a far pensare: «ideatore fin dai primordi del gruppo di un’attività delittuosa tesa ad una scientifica e sistematica evasione di portata eccezionale», dotato di una «particolare capacità a delinquere dimostrata nell’esecuzione del disegno, consistito nell’architettare un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali, con miriadi di società satelliti e conti correnti costituiti esclusivamente in funzione del disegno delittuoso», ma soprattutto che: «gestiva il sistema anche dopo la discesa in campo» a danno dello stato italiano e persino della sua azienda.

Come un reale Rockerduck (John Davison: quello di Paperopoli) impadronitosi, con il suo segretario, della poltrona più importante del paese, il papi sembra sempre più ormai non solo il capo ma il vero rappresentante, l’alfiere organico di un’Italia diversa e malandrina, un paese brulicante di Bande Bassotti, Pietro Gambadilegno, Macchia Nera, Spennacchiotto, Plottigat, Filo Sganga, Cavillo Busillis, che lo seguono e sostengono nel sacco della nazione. Nessuna ideologia per quanto fallimentare a sostegno: solo un pacco di slogan pubblicitari ad uso e consumo delle masse, una prestidigitazione mediale per coprire una battaglia del grano (nel senso di schei) continua e a carte truccate.

E poveretti quelli che hanno creduto anche ad una sola sua parola. ★

Nota bene: hapax legomenon in greco si scrive ἅπαξ λεγόμενον; Si parva licet componere magnis invece in latino si scrive uguale.

Parallelismi