Non vado più a studiare a Perugia

Esami da comiche finali

Dietro lo strano caso (ma mica poi tanto) dell’università umbra, che con scarso senso del pudore e nessuno del ridicolo, ha fantozzianamente allestito un esame farsa di italiano per un giocatore di calcio uruguaiano che doveva diventare italiano per poter giocare in Italia. Una presa in giro anche per tante persone che aspettano da anni la cittadinanza italiana. Ma soprattutto, un esame sbagliato. Basterebbe stabilire che chi nasce e cresce in Italia è italiano. E abolire il voto degli italiani all’estero.

Stanlio e Ollio in Noi siamo le colonne (1939, tit. orig. A chump at Oxford).

COSMOPOLI — Non ho, non ho mai avuto, molta simpatia per i professori. E nemmeno per i calciatori, anche se è uno sport che seguo, che mi piace, e che ho anche praticato in tempi lontani. (Spiego per chi intravvede una contraddizione: ammiro il gesto tecnico del calciatore, ma generalmente non apprezzo i calciatori come persone). In questo senso è emblematico lo scandalo dell’università di Perugia (la u minuscola non è casuale), che con scarso senso del pudore e nessuno del ridicolo ha allestito un esame farsa di italiano per un giocatore di calcio uruguaiano che doveva diventare italiano per poter giocare in Italia.

Fa parte delle meraviglie di questo paese (anche qui, la p minuscola non è casuale). Bisogna spiegare: la società di calcio (italiana) che lo voleva acquistare, e che non è proprio una delle meno importanti, non poteva farlo perché aveva già acquistato il numero massimo di giocatori stranieri (extracomunitari) consentito dai regolamenti. Allora cosa fanno? Potevano benissimo rinunciare a un extracomunitario per tesserarne un altro, e il problema era risolto. Ma nemmeno per sogno! Vogliono far diventare comunitario l’extracomunitario, in modo da poter tesserare anche lui. Ma che volponi! Scoprono che l’uruguagio ha una moglie che ha una nonna di lontane origini italiane (e chi non ce l’ha?), e decidono di farlo diventare italiano. Ma per avviare le pratiche necessarie a ottenere la cittadinanza italiana, l’uruguagio deve superare un esame di lingua italiana.

Il problema è che l’uruguagio non conosce la lingua italiana. Né punto né poco. Non la capisce e nemmeno la sa parlare. Probabilmente non l’ha nemmeno mai sentita in vita sua. E comunque, col campionato che deve iniziare, non ha certo il tempo e la voglia, magari neanche la testa, per mettersi a studiarla, già lui è uno bizzarro, più abituato a colpire coi denti che coi calci, figuriamoci con le declinazioni dei verbi. Ma che problema è? Lo mandiamo all’università di perugia (anche qui, la u minuscola non è casuale, e anche la città merita la minuscola), e loro ci risolvono il problema. Detto fatto, volo in aereo privato, venti minuti di esame, diploma in mano, foto, sorrisi e baci, autografi e selfie a quattro decerebrati che lo aspettano fuori, e la prospettiva di vagonate di stranieri in arrivo da far diventare italiani, per la gloria, la fama e gli affari dell’ateneo umbro (anche qui, la a minuscola non è casuale).

Al giocatore di calcio, la cui espressione tradisce l’intelligenza, i prestigiosi professori di perugia confezionano un esamino su misura. Così perfetto che nessuno si sarebbe accorto del trucco se i professori in questione non fossero già stati attenzionati da parte della magistratura (telefoni sotto controllo), per una vicenda per molti versi analoga. Parlando tra loro, dicono del giocatore: «Non spiccica una parola di italiano, non coniuga i verbi, parla all’infinito». E però: «Ma te pare che lo bocciamo! Deve passare, passerà, perché dieci milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare! Farà un esame concordato. Dimmi che voto devo mettere». Il commento lo lascio al magistrato che li ha messi sotto inchiesta, e che nell’ordinanza scrive che «sono emerse interlocuzioni tra gli indagati volte a far svolgere al calciatore un esame farsa mediante la costituzione di un esame ad hoc, e soprattutto attraverso la previa consegna all’interessato dei contenuti della prova in modo da blindare l’esito finale».

È tutto squallido e penoso, e molto fantozziano, prima ancora che truffaldino. Soprattutto è indegno per la dignità di una scuola e di insegnanti che dovrebbero essere capaci di insegnare, ascoltare e valutare, in tutta onestà e serietà, senza preoccuparsi di chi hanno seduto davanti e di quanto guadagna. Poi è indegno per tutte quelle persone che aspettano invano da anni la cittadinanza italiana e magari non la ottengono mai perché come il ministro degli esteri sbagliano un congiuntivo. Senza contare che sarebbe ora di abolire l’esame di italiano per stranieri. Uno dovrebbe poter diventare cittadino italiano, qualunque sia l’origine della sua famiglia e il colore della pelle, se nasce e cresce in Italia, non se ha una nonna italiana o ci viene talvolta in vacanza. Se sei uruguagio resti uruguagio, e nessuno ti impedisce di giocare a calcio in Italia, nel rispetto delle regole sul numero di extracomunitari tesserabili. Allo stesso modo, andrebbe abolito il voto degli italiani all’estero. Se un italiano vive stabilmente all’estero, voti per il Paese dove vive, non per quello che ha lasciato e di cui, probabilmente, non sa più nulla da anni. Idem per gli stranieri: se vivono in Italia, votino in Italia.

Quanto agli esimi professori dell’università di perugia che non hanno ancora avuto il buon gusto di vergognarsi e di dimettersi, è giusto ricordarne, per sincera disistima, i nomi: il rettore Giuliana Grego Bolli, il direttore generale Simone Olivieri, i docenti Stefania Spina e Lorenzo Rocca, l’impiegata amministrativa Cinzia Camagna. (Per chi non avesse seguito il caso, il giocatore in questione si chiama Luis Alberto Suarez Diaz, e la società Juventus Football Club). La magistratura, è certo, farà il suo lavoro. Nel frattempo, a meno che non siano calciatori famosi, non mandate i vostri figli a studiare a perugia.

La Pagella

Università di Perugia. Voto: 4

Juventus Football Club. Voto: 4

Luis Alberto Suarez Diaz. Voto: 4

Procura di Perugia. Voto: 8

 

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