Douce France

Macron, un Presidente sotto choc

Nessun Paese al mondo è stato soggetto ad attacchi concentrici più devastanti, su vari fronti, come la Francia in questi ultimi tempi. Dalla rabbia dei gilet gialli alla furia del terrorismo islamico, fino all’esplosione del coronavirus. Un uragano di disgrazie difficile da reggere per qualsiasi governo. Il Presidente Macron ha mostrato fierezza, orgoglio e dignità nei modi, ma non è stato in grado di risolvere nemmeno uno dei gravi problemi sul tappeto. È apparso smarrito, incerto, confuso e contraddittorio. E ha commesso anche qualche grave errore.

Charles Trenet, dalla copertina del disco Douce France (ottobre 1959).

VENEZIA — Douce France, «dans la joie ou la douleur», cantava Charles Trenet (1913-2001, il brano, parole di Trenet, musica di Léo Chauliac, è del 1943). C’è stata poca joie e molto douleur nella Francia di questi giorni, come di questi ultimi anni. La rabbia dei gilet gialli, la furia del Covid, il terrore dei fanatici islamisti. Tre assalti frontali. Diversissimi tra loro, ma capaci, insieme, di mettere in ginocchio anche un grande Paese come la Francia.

Difficile giudicare, davanti a quest’uragano, l’operato del governo d’oltralpe. Dire se, e in che modo, qualche altro governo, o Presidente della Repubblica, sarebbe stato capace di fare meglio. Di resistere. Di risolvere qualche problema. Eppure ci piaceva, quando è stato eletto, Emmanuel Jean-Michel Frédéric Macron, appena quarantenne, che meraviglia, col suo faccino pulito da ragazzino perbene, attento, preparato, competente (politico, banchiere, funzionario di Stato, già ministro), studi giusti: dai Gesuiti, all’Istituto di Studi Politici, all’Ecole National d’Administration. E pure di sinistra: socialista. Il massimo.

Eppure, travolto anche lui da fatti e misfatti più grandi di lui (e non solo di lui), è naufragato anche lui. È apparso smarrito, incerto, confuso, contraddittorio. Senza polso. Non ha saputo, o voluto, usare la mano forte nemmeno quando sarebbe stata necessaria. Per questo non è difficile prevedere che perderà malamente le prossime elezioni presidenziali, quando i francesi, è logico, gli preferiranno qualcuno più determinato, più cattivo anche. Qualcuno/a di destra.

A favore di Macron va detto che, se non ha saputo trovare le risposte giuste, almeno non si è lasciato prendere dal panico, non ha terrorizzato ulteriormente un Paese già terrorizzato di suo. Ha saputo mantenere la calma e i nervi saldi. Ha reagito con compostezza, dignità e orgoglio. Nous sommes la France.

Ha spiegato, ed è stato bravo, che la Francia non rinuncerà mai a quella Liberté che è la prima parola scritta nel suo Dna, e che in nome di quella liberté difenderà fino allo stremo, fino alla morte, e anche oltre la morte, la più totale libertà di espressione. Libertà di pensiero e di opinione, anche di critica e di satira, persino di blasfemia. Se non piace, chiudete gli occhi, voltate la testa, quella è la porta. Ai Paesi Arabi che sono in rivolta per le vignette su Maometto (e sarebbe comica se non fosse tragica), ha pazientemente spiegato, in un’intervista alla più diffusa delle loro televisioni, che «quelle caricature non sono state pubblicate dal governo, ma da giornali che sono liberi e indipendenti». Cosa che per noi è ovvia, per qualche musulmano evidentemente no. Poi ha aggiunto che «questo non significa che io sostenga a titolo personale tutto quello che si dice o si scrive». Puntualizzazione tecnicamente ineccepibile. Che però è suonata come una presa di distanza: non sono stato io, sono stati loro (quelli di Charlie Hebdo, ça va sans dire), prendetevela con loro. Già fatto, grazie.

E qui è cascato l’asino. Già. Perché un Macron, adesso sì visibilmente terrorizzato (lui), ha detto di poter «comprendere»  – lui! — che i musulmani possano sentirsi choccati  dalle vignette su Maometto. Ma come? Choccati per una vignetta? Ma stiamo scherzando? Ma in che Paese viviamo?… Rimarrò choccato da uno che taglia la testa a una signora davanti a una chiesa, questo sì, non certo da un disegnino su un pezzo di carta, da una battuta spiritosa.

Una caricatura non ha mai ammazzato nessuno. Può piacere o no. Può essere intelligente o stupida. Blasfema o rispettosa. Di buon gusto o di cattivo gusto. Rivoltante o accattivante. Non importa. Se non piace, si fa presto: basta non guardarla, basta non comperare il giornale che la pubblica, e il problema è risolto. Se invece c’è qualcuno che pensa di impedire la pubblicazione delle vignette che non gli piacciono tagliando la testa al prossimo, è giusto che sappia che si pone al di fuori della convivenza civile, e che non è degno di continuare a vivere in un posto nonostante tutto ancora civile che si chiama Europa. Il vecchio Continente farebbe bene a pensare di chiudere davvero i confini, più che ai poveri profughi, ai fanatici islamisti. Conosco bene l’obiezione: ma come si fa a distinguerli? Ho pronta la risposta: e se non siete capaci di distinguerli, voi che governate l’Europa, che ci state a fare? Bon travail.

Je suis Charlie. Je suis la France. Vive la France.
LA PAGELLA
Charles Trenet. Voto : 8,5
France (intesa come Paese). Voto: 7,5
Emmanuel Jean-Michel Frédéric Macron. Voto : 5
Covid. Voto : -2
Mouvement des gilets jaunes. Voto : 4
Fanatiques islamistes. Voto : -2
Charlie Hebdo. Voto : 8

Douce France