Panic room 12

Tempi avvelenati

Ci sono stati più di trentamila morti in Italia per il coronavirus, e non è ancora finita. Non è andato tutto bene. Ora, sarà che siamo stati bravi noi a stare in casa (almeno la maggioranza di noi), sarà che si è stancato lui, fatto sta che pare che il virus se ne stia andando. Questo almeno dicono i numeri. Incrociamo le dita. Anche perché continuano a morire ogni giorno molte persone. Troppe. E non mi sembra sia il caso di preoccuparsi se potremo andare in vacanza quest’estate. «Non verrà nessun frutto da questo tempo avvelenato», dice lo scrittore, regista e cineasta Christophe Honoré. «E non c’era bisogno del covid per sapere che la mondializzazione attuale é nefasta».

Ci sono stati più di trentamila morti in Italia per il coronavirus, e non è ancora finita. Non è andato tutto bene. Ora, sarà che siamo stati bravi noi a stare in casa (almeno la maggioranza di noi), sarà che si è stancato lui, fatto sta che pare che il virus se ne stia andando. Questo almeno dicono i numeri. Incrociamo le dita. Anche perché continuano a morire ogni giorno molte persone. Troppe. E non mi sembra sia il caso di preoccuparsi se potremo andare in vacanza quest’estate.

Undici lunedì fa, mentre scrivevo la prima “Panic room”, i morti per coronavirus in Italia erano “solo” 7. Dieci lunedì fa, 41. Nove lunedì fa, 463. Otto lunedì fa, 2.158. Sette lunedì fa, 5.476. Sei lunedì fa, 11.591. Cinque lunedì fa, 16.523. Quattro lunedì fa, 20.465. Tre lunedì fa, 24.114. Due lunedì fa, 26.977. Lunedì scorso, 29.079. Oggi, lunedì 11 maggio 2020, sono saliti a 30.739. Più di trentamila morti in meno di tre mesi. Nel mondo, i morti sono 283.000.

Spero ardentemente si sbaglino quelli che dicono che, dopo, niente sarà più come prima. Io spero ardentemente che tutto torni esattamente come prima, e di poter fare tutto quello che facevo prima. Magari non sarà proprio il massimo, ma sarà certo sempre meglio di adesso. Non credo neppure a quelli che dicono che ne usciremo migliori. Parlo sempre per me, sia chiaro, io so che non ne uscirò migliore, non vedo perché. So invece che accadrà esattamente il contrario: ne uscirò più incazzato, più vecchio e più grasso. Altri, meno fortunati di me, ne usciranno anche più poveri. Migliori? Ma dove?

Christophe Honoré, scrittore, regista e cineasta francese, persona dallo sguardo lungo, non sopporta, per esempio, quelli che gli dicono che l’isolamento forzato, causato dall’epidemia, può essere un periodo fecondo per la creazione artistica. “Non lo è affatto –sbotta- la scrittura nasce da uno slancio, da un desiderio, ed è in quel momento, in totale libertà, che si può fare la scelta di isolarsi per lavorare. Attualmente invece mi sento come rinchiuso, impedito. Non riesco a fare nulla in questo tempo che mi viene imposto, che è un tempo avvelenato”.

Ma dice anche di più, lo scrittore, in un’intervista a Fabienne Darge sul quotidiano “Le Monde” del 4 maggio. Dice che non ha alcuna voglia di scrivere alcunché su questa epidemia. “E’ un periodo sporco e brutto, al quale non ho alcuna voglia di associare l’arte. Trovo che sarebbe pericoloso romanzare questo momento, o affermare che la creazione sarebbe un atto di resistenza. Trovo ripugnante guardare a questa epidemia come a qualcosa che può portare dei frutti. Temo che questo tempo sia solo sterile e nefasto”.

Concordo pienamente. Il coronavirus non è un prezzo da pagare al liberalismo e al consumismo, e non è nemmeno un castigo divino. E’ solo una stupida e letale malattia. Punto. Non è certo per colpa dell’oppressione capitalista, che pure è reale, che ci è capitata addosso. Una malattia non ha alcun senso, dice Honoré, non può averlo. “Non c’era bisogno del coronavirus per sapere che la mondializzazione attuale è nefasta, e che sono le popolazioni più deboli e vulnerabili a venire colpite con maggiore violenza”.

Lo scrittore e regista Christophe Honoré (fonte: zimbio.com…

Panic room 12