Panic room 3

Emergenza continua

Ormai è chiaro: il coronavirus non è soltanto un’influenza «appena più seria di un’influenza normale» come sembrava in un primo momento, e come qualche virologo l’aveva incautamente battezzata. Ora il rischio è davvero quello di una pandemia, mette in guardia l’Organizzazione mondiale della sanità. Proprio quello che nessuno si aspettava. Prepariamoci a chiudere il Belpaese e a blindare sessanta milioni di italiani come la Cina ha blindato, e con misure assai più drastiche, sessanta milioni di cinesi, ottenendo qualche risultato positivo nel contenimento del morbo. Ma niente panico né ribellioni inutili e sciocche. Diamoci una calmata e seguiamo con scrupolo e attenzione le regole che ci vengono date dalle autorità sanitarie competenti. Una volta tanto non facciamo gli idioti.

Due lunedì fa, solo due lunedì fa, mentre scrivevo la prima “Panic Room”, i morti per coronavirus in Italia erano 7. Una settimana fa, solo una settimana fa, mentre scrivevo la seconda “Panic Room”, erano diventati 41. Oggi, lunedì 9 marzo, i morti per coronavirus sono saliti a 463. Quasi ottomila i contagiati. Siamo il secondo Paese al mondo dopo la Cina per numero di malati, eppure, almeno per quanto ne so, non mangiamo topi (né vivi né morti), al massimo asini e gatti (nel vicentino), rane, lumache, quaglie, piccioni, granchi e serpenti di mare (anguille).

I casi nel mondo sono 111mila, 3.900 i morti. Non c’è più tanta voglia di scherzare. Né di dire che si fa dell’allarmismo ingiustificato. Tantomeno di sostenere che si tratta di poco più di un’influenza. La minaccia di una pandemia “sta diventando molto reale”, mette in guardia il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità Tedros Ghebreyesus. Pensare che per la virologa dell’ospedale Sacco di Milano Maria Rita Gismondo, che qualcuno continua incautamente a interpellare, si era scambiata “un’influenza appena più seria di un’influenza normale per una pandemia letale”. Complimenti.

Per fortuna che quelli che muoiono per colpa di questo nuovo virus –ci informano quelli che ne sanno di ogni cosa- sono tutti, o quasi, vecchi e malati. Ah beh, allora, chissenefrega. Tanto prima o poi dovevano morire lo stesso, anche senza l’aiuto del coronavirus. Ah beh, sì beh. Inutili certo, zavorre di cui si può fare serenamente a meno. Ma quanto vecchi, poi? Sessantenni? Settantenni? Ottantenni? Novantenni? A parte che ci sono state anche vittime quarantenni e cinquantenni, come la mettiamo col fatto che nessuno è mai tanto vecchio da non pensare di poter vivere ancora almeno un altro anno? Sorvoliamo.

Sorvoliamo anche sugli idioti che scappano al Sud sperando di sfuggire al virus (che invece per vendicarsi li riconoscerà subito), sui detenuti che protestano molto poco civilmente nelle carceri (d’altra parte se capissero qualcosa e fossero civili non sarebbero lì), e rallegriamoci invece perché almeno per un po’ non sentiremo più le lamentazioni di albergatori e affittacamere che piangevano il morto dopo solo cinque giorni (5!) dallo scoppio dell’epidemia, sempre pronti a tendere la mano, l’unica cosa che sanno fare benissimo. Ora non hanno più motivi per protestare. Finalmente hanno capito che non c’è niente da fare, e che i loro alberghi resteranno vuoti. E per un bel pezzo.

Prepariamoci al peggio, piuttosto. Vale a dire a chiudere l’Italia intera. Sarà probabilmente necessario dichiarare zona rossa tutto il Belpaese. Isolarlo per un certo tempo dal resto del mondo. Per salvarlo. O almeno per salvare il salvabile. Del resto la Cina, per salvarsi, ha blindato 60 milioni di cinesi con misure molto più drastiche di quelle italiane, e qualche risultato positivo lo sta ottenendo nel contenimento del morbo. Noi dovremo blindare in città e paesi, montagne e campagne, 60 milioni di italiani. Ci infetteremo tra di noi, ma non moriremo tutti. Neanche nelle peggiori pestilenze della storia sono morti tutti. La maggioranza di noi si salverà. Moriranno prevalentemente anziani e malati, chissenefrega. Prendimi e dammiti cuccurucù.

Nel frattempo, per adeguarmi, e seguire le regole che ci vengono date dalle autorità sanitarie competenti in materia (ribellarsi è inutile, sciocco e dannoso), ho cambiato abitudini. Basta luoghi affollati, niente più aperitivi e cenette con gli amici. Baci e abbracci solo a distanza. Esco solo con la maschera del medico della peste. Fortuna che la testa è piena di progetti e la casa di ottimi libri e ottimi dischi. Bastano, eccome. A da passà a nuttata.

www.salute.gov.it

La maschera del medico della peste (fonte: Pinterest).

Panic room 3